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Era da 47 anni che il Torino non si trovava in testa alla classifica del campionato di Serie A. La vera notizia dalla quinta giornata non può che essere questa qui. E da qui partiamo, volentieri e volenterosi come il Toro di Paolo Vanoli, una squadra a immagine e somiglianza del suo allenatore: tenace, cattiva, dinamica, veloce, creativa.

Che sa utilizzare tutti i suoi interpreti a disposizione: da Sanabria a Zapata, passando per Ché Adams entrato sul finale, tutti e tre marcatori nel 2-3 col quale i granata hanno espugnato il Bentegodi di Verona. Una partita che, come altre di questa giornata, è stata decisa anche dall’ingenuità: quella di Dawidowicz, nel caso specifico, che ha sgomitato insensatamente su Sanabria prendendosi il meritato cartellino rosso e rovinando la partita ai suoi.

Nello stesso segno, dell’ingenuità appunto, si era svolta anche Lecce v Parma, una partita che al 92’ su contropiede dei giallorossi padroni di casa era ferma – e avviata – sul 2-0. Al 96’, quattro minuti dopo, sarà 2-2. Nel mezzo, un’espulsione per parte. Quella di Cancellieri, da ultimo uomo, seguiva di qualche minuto quella di Guilbert, mandato sotto la doccia per un fallo di reazione proprio su Cancellieri.

E così, per due enormi ingenuità – rigori generosi e non dati permettendo – la Lazio di Baroni, forse la miglior versione vista quest’anno, si faceva rimontare nella partita del mezzodì da una Fiorentina tenace e determinata, ma senz’altro molto fortunata. Il palo di Guendouzi da corner sull’1-1 e l’enorme doppia ingenuità da penalty proprio del francese e di Nuno Tavares all’89’, per step-on-foot, avrebbero regalato al Televideo un risultato bugiardo sotto il profilo del gioco e delle occasioni create da entrambe le squadre, ferma restando la buona prova nella ripresa della squadra di Palladino, che va così a due punti dai biancocelesti e torna a respirare aria d’Europa.

Un’aria, questa, che deve aver fatto male all’Inter. La squadra di Inzaghi aveva acquisito determinate certezze pareggiando con merito all’Etihad sul campo di una delle squadre migliori del mondo e forse di ogni tempo: il City di Pep Guardiola. Cosa è accaduto, poco più di 72h dopo? Che l’Inter è entrata in campo molle, come se quella voce ‘record’ l’avesse intimorita anziché motivata ulteriormente, per una partita che le motivazioni se le porta dietro a prescindere.

Il Milan ha vinto e con merito, nonostante nel mezzo tra i due bei gol di Pulisic e Gabbia l’Inter abbia mostrato tutta la sua qualità, col gol di Dimarco ma anche con una serie di circostanze molto pericolose, dove Maignan e l’imprecisione degli attaccanti nerazzurri hanno fermato Inzaghi dal settimo derby vinto in fila, e consegnato a Fonseca e ai suoi tanto materiale motivazionale da portarsi in campionato e in Europa come benzina aggiuntiva.

Quella che due squadre in difficoltà come Bologna e Roma si porteranno senz’altro dietro dopo le belle vittorie domenicali. Quella dei felsinei, dopo l’esordio in Champions, sul difficile campo del Monza (1-2) grazie a un golazo di Castro, che sta pian piano facendo scomparire ogni dubbio su chi sia il titolare tra lui e Dallinga. E quella dei giallorossi, scombussolati dal doppio addio De Rossi-Souloukou, 3-0 all’Udinese all’esordio per Ivan il terribile Juric. A proposito di ingenuità cancellata e disciplina imposta.