Venerdì Juventus e Napoli si affrontano per la quindicesima giornata di Serie A. Si tratta di un match iconico, che negli anni ’80 e nell’ultimo decennio è stato anche crocevia decisivo di diversi scudetti. Tanti gli incroci di mercato tra le due società, ma quello di cui parliamo oggi è un incrocio rimasto solo sulla carta: Allegri ingaggiato dal Napoli.
Juve vs Napoli, incroci al veleno
Il primo trasferimento a far discutere sull’asse Torino-Napoli fu quello di Omar Sivori, che dopo 8 anni, 3 scudetti, 215 partite e 135 gol con la Juve decise di trasferirsi al Napoli, dove poi chiuse la carriera. Negli anni ’80 il “transfuga” fu Massimo Mauro, che riuscì a essere partecipe prima della Juve di Platini e poi del Napoli di Maradona. Molto traffico negli anni ’90, prima con Paolo Di Canio, rimasto a Napoli un solo anno dopo i 4 alla Juve, poi con Ciro Ferrara e Fabio Pecchia. Ciro, scugnizzo dell’ultimo Napoli di Maradona, diventerà colonna della Juve schiacciasassi di Marcello Lippi. Anche Pecchia fece lo stesso percorso, ma senza la fortuna di Ferrara. Negli anni 2000 abbiamo avuto i passaggi di Nicola Amoruso, Marcelo Zalayeta e Fabio Quagliarella, tutti attaccanti a preludio dell’affare che ha fatto discutere più di tutti: quello di Gonzalo Higuain. Per “El Pipita” la Juve pagò una maxi-clausola di rescissione da 90 milioni di euro, per quello che rimane il “tradimento” per antonomasia. Tradimento tra virgolette, s’intende, perché il tipo di amore viscerale dei tifosi partenopei non contempla le normali dinamiche del calcio professionistico.
Allegri e l’arrivo a Napoli saltato per il… Verona
Veniamo ora all’incrocio che sarebbe stato di gran lunga il più clamoroso, ma che – purtroppo o per fortuna, in base ai gusti – è rimasto solo un’idea non concretizzata. Siamo al 23 maggio 2021, alla vigilia dell’ultima giornata di Serie A la situazione di classifica recita: Inter 88 punti e già campione d’Italia, Atalanta 78, MIlan e Napoli 76, Juventus 75. Le polemiche sono già furiose, perché la settimana precedente la Juve aveva vinto 3-2 sull’Inter grazie a un generoso rigore concesso nei minuti finali. Senza quello, i bianconeri guidati da Andrea Pirlo sarebbero già fuori dalla qualificazione in Champions League. Ad ogni modo, il destino del Napoli di Gattuso è tutto nelle sue mani: vincendo in casa con il Verona, già salvo e senza obiettivi particolari, la Champions sarebbe assicurata e vanificherebbe qualsiasi risultato della Juve a Bologna.
Le cose però vanno diversamente: i partenopei non vanno oltre l’1-1 con gli scaligeri, la Juve vince a Bologna ed è lei ad andare in Champions League. Verona è dunque “fatal” non solo per il Milan, ma anche per il Napoli. E i retroscena che vengono fuori fanno immaginare cosa sarebbe potuto accadere.
Aurelio De Laurentiis non aveva fatto mistero di voler cambiare guida tecnica, dunque Gennaro Gattuso sapeva di dover comunque lasciare il Napoli anche centrando la qualificazione in Champions. A quanto sembra, le intenzioni di Aurelio De Laurentiis erano quelle di affidarsi, in caso di qualificazione in Champions League, a Massimiliano Allegri.
La rivelazione è stata fatta da Nikola Maksimovic a tuttomercatoweb nella scorsa primavera. Secondo il difensore, l’accordo con Allegri era praticamente cosa fatta a condizione di un Napoli in Champions, e si dice certo che l’allenatore livornese avesse chiesto il rinnovo del difensore ex Torino, in scadenza. Maksimovic ricorda inoltre il clima da smobilitazione, che coinvolgeva non soltanto mister Gattuso, ma anche diversi elementi della rosa che sapevano già di non far più parte del progetto. Il tecnico calabrese avrebbe provato con tutto se stesso a motivare il gruppo, anche perché quello di andare in Champions League e lasciare fuori la Juventus è un extra-stimolo mai banale, per l’ambiente napoletano. Ma i giocatori entrano in campo contratti, con la paura di vincere. Vanno anche in vantaggio con Rrahmani, ma vengono ripresi poco dopo da un gol di Faraoni, che significa addio alla Champions. E, probabilmente, addio ad Allegri.
Le sliding doors del calcio: cosa sarebbe potuto succedere, cosa è successo
La vita e lo sport sono pieni di “what if”, ma questo di Max Allegri al Napoli è uno di quelli che ispirano più curiosità. Come dirompenza dell’impatto, sarebbe stato paragonabile all’arrivo di Antonio Conte sulla panchina dell’Inter. Ma c’è di più: se quello di Conte era un avvenimento che rompeva gli schemi di un odio sportivo, qui avremmo avuto qualcosa di ancora più complesso e intrigante. Allegri non incarnava infatti solo la juventinità, vista dai napoletani (e dagli interisti) come impurità, come una sorta di male assoluto, ma anche un’idea di calcio improntata a un ostentato pragmatismo. In un’ambiente che aveva ancora negli occhi il godimento estetico del ciclo sarrista, e che aveva pure dovuto sopportare il “tradimento” dell’ex venerato comandante, l’arrivo di Allegri avrebbe significato dover accogliere non un semplice nemico, ma un due volte nemico: in quanto espressione di Juve e di “palazzo“, e in quanto interprete di un calcio esteticamente all’opposto rispetto a gusti e abitudini recenti del club.
Chissà cosa sarebbe successo, a Napoli, senza quel gol di Faraoni. Chissà se Allegri sarebbe riuscito a convertire l’ambiente partenopeo alla religione del “corto muso“. Chissà se anche un senso di rivalsa nei confronti della Juve che lo aveva scaricato da ultra-vincente, lo avrebbe indotto a dare il 110% per la causa.
Quello che sappiamo, invece, è che il gol di Faraoni ha avuto come effetto la tabula rasa in casa Napoli, l’arrivo di Luciano Spalletti e il suo saggio seminare nel primo anno, per raccogliere i rigogliosi frutti nel secondo (e poi sbattere la porta prima del terzo). Sotto le ceneri di un inimmaginabile fallimento, si preparava a nascere una sorta di miracolo sportivo.