Al minuto 97 di Tottenham-Chelsea (1-4), Jackson segna la sua tripletta personale e fa calare il sipario sul Tottenham Hotspur Stadium. Che però, in quel preciso istante, inizia a cantare con più forza di prima il celebre Oh when the Spurs. Postecoglou, quasi atterrito, accenna un applauso. Il pubblico ricambia, elogiando una squadra che è riuscita, a distanza di quattro anni, ad uscire finalmente dall’incubo del divorzio da Pochettino. Il destino ha voluto che fosse proprio l’allenatore argentino il primo in questa stagione a battere Postecoglou e il Tottenham. Ma questa è una storia di campo, come ce ne sono tante.
Prima viene il mito, l’epica e la narrazione che da qualche mese in Inghilterra si sta costruendo intorno all’allenatore greco-australiano. Chi è Ange Postecoglou? Innanzitutto uno che ha imparato non dal calcio ma da chi gliene ha trasmesso i valori fondamentali, il padre, come si sta al mondo, anche nel mondo del calcio: «Quando mi chiedono a quale filosofia di calcio mi ispiri, le persone rimangono molto deluse dalla mia risposta. Non mi ha ispirato il Barcellona, né il Liverpool, non mi ispiro né a Cruyff né a Guardiola. La risposta sta invece in tre piccole parole greche: ‘Κάτω η μπάλα’, ‘metti giù il pallone’. Erano il mantra di mio papà». Pesiamole come fa lui, però, queste parole. Il calcio di Postecoglou non è ‘semplice’, per citare qualcuno a noi noto, ma estremamente raffinato.
Di una raffinatezza tipica di chi sa costruire con pazienza, di chi è artigiano del proprio destino e quindi anche, di riflesso, del proprio modo di intendere il pallone, se fa l’allenatore come nel caso di Postecoglou. Dal punto di vista tattico, Postecoglou predilige l’atteggiamento offensivo – e a volte quasi follemente coraggioso, come abbiamo visto contro il Chelsea nell’ultima uscita, con la squadra che pure in 9 uomini difendeva con la linea a metà campo – a quello di attesa, e un dato su tutti lo dimostra.
Lo scorso anno, il field tilt del Tottenham era – sotto Antonio Conte – al 42.9% (16esimo in Premier), quest’anno 60.6% (5°). Per chi fosse poco avvezzo al vocabolario tattico, il field tilt è il dato relativo al possesso palla nell’ultimo terzo di campo, la zona d’attacco dove si creano i pericoli maggiori nei confronti dell’avversario. Ma questo non spiega ancora la ‘rivoluzione Postecoglou’. Nonostante la sconfitta contro il Chelsea, il Tottenham – che ha vinto 8 partite e ne ha pareggiate 2, perdendo la prima di stagione appunto contro i Blues – è secondo a -1 dal City con 26 punti. Indubbiamente in questi dati c’è la bontà del lavoro di campo dell’allenatore australiano, ma si cela quel non-detto estraibile dalle sue dichiarazioni e da chi lo conosce da vicino.
In un articolo intitolato ‘How Ange Postecoglou helped Spurs finally get over Mauricio Pochettino’, Charlie Eccleshare ha scritto che «la Cultura è stata la parola chiave nella ricerca del dopo-Conte nella dirigenza del Tottenham», e Postecoglou è l’uomo che meglio di ogni altro ha risposto alle esigenze di Levy e compagni per il destino degli Spurs. L’ex Celtic non è di certo un instant-manager come Conte – o Mourinho prima di lui –, ma la volontà del Tottenham era esattamente questa: ricostruire dalle macerie lasciate dopo l’addio di Pochettino, sapendo di poter contare su una struttura forte e uno stadio ideale per sognare in grande. Nonostante abbia qualche anno più dell’argentino, «sono molte le somiglianze tra Postecoglou e Poch. La positività, il calcio offensivo e il momento personale dell’allenatore, in rampa di lancio».
D’altra parte è lo stesso Postecoglou ad essersi presentato in questo modo nella primissima conferenza stampa d’insediamento come nuovo allenatore degli Spurs: “Se vuoi cambiare, tu devi cambiare. Non puoi continuare a fare tutto allo stesso modo e aspettarti un esito differente. Sembra ovvio, ma serve la volontà per farlo. Il mio metodo parte dall’educazione che ho ricevuto: non sono così arrogante da credere che il mio ingresso nel club possa cambiare le cose, di colpo”.
D’accordo, ma nello specifico, cosa ha fatto Postecoglou per cambiare la mentalità di un gruppo e una società da sempre affetta (parole di Conte) dal mani-avantismo che all’autocritica predilige – anche implicitamente – ogni sorta di scusanti? “Ciò che provo a fare, dal primo giorno in cui vedo i miei ragazzi arrivare al campo, è mostrargli un ambiente differente da quello che conoscevano, dandogli l’opportunità di acclimatarsi, ognuno coi propri tempi”. Detto fuor di retorica: Postecoglou è sempre vicino ai suoi giocatori, dedica ad ognuno di loro lunghe sedute dialettiche prima che tattiche, ed è sempre attento al clima positivo all’interno dello staff e di chi lavora al centro d’allenamento.
Per le partite casalinghe, ad esempio, Ange ha cancellato la vecchia usanza di dormire nel centro sportivo la notte prima del match: ora i giocatori e lo staff dormono a casa loro, con le proprie famiglie e arrivano al centro d’allenamento da soli, per poi partire insieme alla volta del campo. Per quale motivo? La parola è sempre quella: responsabilizzazione. “Non vado mai nello spogliatoio. Non ci entro. Deve essere gestito dai ragazzi e dagli uomini dello staff. Quindi dalle persone, non dai calciatori e dai professionisti”. Postecoglou insomma sa come trattare coi suoi: che siano giocatori o staff poco importa. Tutti parlano benissimo di lui, descrivendolo a metà tra un papà buono, che sa ascoltare e dare consigli saggi, e uno severo, più che severo autorevole. Non autoritario, autorevole.
Ma Postecoglou è anche quello che piange applaudendo i suoi tifosi dopo aver perso 1-4 in casa: “Mi voglio godere questi momenti, perché amo ciò che il calcio fa alle persone, soprattutto in questi momenti. Quando vinci una partita, rendi felice migliaia di persone per un weekend intero”. Essere riuscito in ciò anche dopo una partita persa, dice tutto del lavoro di Postecoglou fin qui al Tottenham. Fin qui, fino a quando, cioè, questa squadra saprà tornare alla vittoria. La strada tracciata è indubbiamente quella giusta.