I campioni d’Europa in carica del Portogallo sono stati inseriti in quello che senza dubbio è il girone più incerto e difficile del torneo, insieme a due nazionali di primissimo livello come Francia e Germania e la “Cenerentola” Ungheria. L’esordio proprio contro la nazionale magiara favorisce in qualche modo i lusitani, che in caso di successo avranno già un certo vantaggio da poter amministrare nei confronti di almeno una delle altre due avversarie.
Il ct: Fernando Santos
Dopo una carriera da allenatore in Portogallo e in Grecia, che l’ha visto vincere 1 campionato e 2 Coppe di Portogallo alla guida del Porto e una Coppa di Grecia con l’AEK Atene, Fernando Santos ha iniziato quella di commissario tecnico con la nazionale ellenica dal 2010 al 2014, anno in cui ha ricevuto la chiamata della federazione del suo paese natio.
Alla guida della nazionale Santos ha centrato la vittoria agli ultimi Europei, giocati in Francia nel 2016 e conquistati in finale contro i padroni di casa che questa volta ritrovano in girone.
In seguito ha portato i lusitani a conquistare il terzo posto alla Confederation Cup del 2017 (eliminati in semifinale dal Cile ai rigori e vittoriosi nella “finalina” contro il Messico) e soprattutto ad aggiudicarsi la prima edizione della Nations League europea, chiudendo al primo posto il girone con Italia e Polonia e superando Svizzera e Olanda nelle fasi finali giocate in casa.
Abbastanza deludenti invece le partecipazioni al Mondiale di Russia nel 2018, quando la sconfitta contro l’Uruguay costò l’eliminazione agli ottavi di finali, dopo aver superato il girone con due pareggi e una vittoria, e alla seconda edizione della Nations League, dove ha chiuso il girone alle spalle della Francia.
Propugnatore di un 4-3-3 molto adattabile, che esalta le doti tecniche e di palleggio dei suoi giocatori e favorisce il recupero palla e le verticalizzazioni improvvise, Fernando Santos è soprattutto un ottimo gestore dello spogliatoio, dote fondamentale in un contesto come quello portoghese dove ad una stella di primissima grandezza come Cristiano Ronaldo si affiancano altri grandissimi giocatori come Bruno Fernandes o Bernardo Silva.
In tutte le varianti di formazione e schieramento, il Portogallo ha sempre fatto vedere una grandissima sinergia nella fase di pressing e ripartenza dell’azione, riuscendo sempre a creare soluzioni offensive di diversa fattura e non facendo affidamento solo su Cristiano Ronaldo.
La stella: Cristiano Ronaldo
Cosa c’è ancora da dire su Cristiano Ronaldo? Nonostante l’inarrestabile ascesa di Bruno Fernandes, che con il Manchester United si è riscoperto come uno dei centrocampisti più decisivi del panorama europeo, CR7 resta il simbolo e il leader di questo Portogallo.
A 36 anni, dopo 5 Palloni d’Oro e dopo aver infranto più record di quanti se ne possono elencare, il campione di Funchal si presenta a questo Europeo dopo una stagione in chiaroscuro. Con la maglia della Juventus ha vissuto l’ennesima delusione in Champions League e ha mancato la vittoria del campionato, centrando la qualificazione alla massima competizione europea solo all’ultima giornata e per demerito degli avversari.
Di contro, con 29 reti si è laureato capocannoniere della Serie A, traguardo che gli era sfuggito nelle precedenti due stagioni in Italia, e ha vinto la Coppa Italia, trofeo che ancora gli mancava nella sterminata bacheca personale.
Il Cristiano Ronaldo visto nell’ultima stagione non è certo la macchina perfetta ammirata negli anni scorsi: per quanto a 36 anni vanti ancora un fisico perfetto, è a livello mentale che è sembrata mancare spesso quella “fame” che lo ha reso uno dei calciatori più forti della storia. Ma il campionato europeo, con le sue partite da dentro o fuori, è l’ambiente più adatto a risvegliare l’istinto cannibale di CR7, e le partite di indubbio fascino contro Francia e Germania possono essere la miccia giusta per far esplodere nuovamente il suo immenso talento.
La sorpresa: Diogo Jota
Il Portogallo, come da tradizione affianca a veterani esperti giovani emergenti, spesso nello stesso reparto: Pepe e Ruben Dias, Cristiano Ronaldo e Joao Felix, Bernardo Silva e Pedro Gonçalves. Ma se c’è un giocatore che può rappresentare una vera e propria sorpresa a questi Europei è Diogo Jota.
Cresciuto nel Pacos Ferreira, con la cui maglia ha esordito in Primeira Liga a 18 anni (l’allenatore era Paulo Fonseca), Diogo Jota sembrava uno di quei talentini portoghesi gestiti da Jorge Mendes e fatti girare di squadra in squadra più per incamerare le commissioni che per l’effettivo valore: Atletico Madrid, Porto e Wolverhampton, il piccolo angolo di Portogallo ricreato da Mendes in Inghilterra.
A fine settembre però, un po’ a sorpresa, il portoghese è stato acquistato dal Liverpool, squadra che schierava quello che era ritenuto un tridente praticamente perfetto: Momo Salah, Sadio Mané e Roberto Firmino.
In poche settimane Jota si guadagna il posto fisso nelle rotazioni di Jurgen Klopp, scavalcando tutte le altre riserve offensive dei Reds (Minamino, Origi e Shaqiri) e torna a frequentare la Seleçao dopo due apparizioni anonime nel 2019. Tra ottobre e novembre avviene l’esplosione definitiva: schierato per le prime volte da titolare, mette a segno 6 gol in 4 partite nell’arco di 12 giorni, tra cui una tripletta a Bergamo contro l’Atalanta in Champions League e con la maglia del Portogallo gioca da titolare contro la Svezia mettendo a segno una doppietta.
Nonostante una contusione al ginocchio lo tenga lontano dal campo da metà dicembre ai primi di marzo, Diogo Jota chiude la sua prima stagione nelle fila dei Reds con 13 gol in 30 apparizioni, costringendo alla panchina di volta in volta uno dei protagonisti del “tridente perfetto” di Klopp, il quale però non rinuncia mai, quando possibile, al portoghese.
E non tanto per l’ottimo apporto in fase realizzativa, quanto per la continua e instancabile pressione che è in grado di portare sugli avversari in qualsiasi fase di gioco. Nonostante nasca come esterno sinistro d’attacco, posizione preferita da Cristiano Ronaldo, è in grado di adattarsi in qualsiasi posizione nell’arco offensivo.
La sua duttilità unita al grandissimo lavoro in fase di pressing lo rendono probabilmente il miglior partner possibile per CR7, ma allo stesso tempo la sua reattività e la capacità di infilarsi tra le linee difensive lo possono rendere quel finalizzatore d’area che tante volte è mancato ai lusitani.
Il Portogallo a Euro 2020
Quando ti presenti ad una competizioni contando Cristiano Ronaldo tra le tue fila, non puoi non puntare alla vittoria. Verosimilmente sarà molto difficile per i lusitani ripetere l’exploit di Francia 2016, ma sicuramente la squadra ha le carte in regola per arrivare molto in avanti nella competizione, a patto di superare il girone di ferro con Francia e Germania.
Al di là delle prestazioni di CR7 comunque giocatori come Bruno Fernandes, Bernardo Silva, João Felix e Diogo Jota sono comunque in grado di risolvere partite contro qualsiasi avversario, mentre nelle retrovia l’esperienza di veterani come Pepe, José Fonte, Rui Patrício e João Moutinho offre quella compattezza e attenzione che possono fare la differenza quando la tensione della partita secca può farsi sentire.