Una vita spesa a difesa di una porta. I guanti come unici amici e il coraggio come simbolo di un ruolo che non tramonta mai nel gioco del calcio. Ecco a voi la famiglia Schmeichel, da oltre 30 anni portieri professionisti.
Prima Peter e poi il figlio Kasper, il quale ha voluto seguire le orme del padre ed è arrivato a sua volta nel calcio dei grandi. Due epoche diverse, ma sempre lo stesso stile e soprattutto lo stesso obiettivo: parare tutto quello che si può parare.
E se la carriera di Peter è stata sicuramente più ricca di trofei di quella del figlio, entrambi hanno fatto parte dei due più grandi miracoli calcistici in età moderna. Peter Schmeichel campione d’Europa con la Danimarca ad Euro 1992 e Kasper titolare fra i pali del Leicester campione d’Inghilterra.
Insomma, quando si parla di miracoli in casa Schmeichel, non si esagera mai. E pensare che da bambini sembravano destinati a ben altro.
Peter Schmeichel
Peter Bolesław Schmeichel nasce in Danimarca nel 1963 da genitori polacchi. In un primo momento sembra attratto da altri sport, poi all’età di 12 anni si avvicina in maniera agonistica al gioco del calcio ed essendo il più grosso a livello fisico fra i suoi compagni, viene dirottato in porta. Dal quel momento, lui e i pali saranno una cosa sola. Cresce nel settore giovanile del Gladsaxe/Hero, ma soltanto nel 1981 firmerà il primo contratto da professionista. Il club Hvidovre lo acquista, ma lo lascia a maturare nella società di appartenenza per altri tre anni. Nel 1984 passerà al nuovo club, diventando subito il portiere titolare.
Le prestazione eccellenti, in un club-medio piccolo, attirano le attenzione del Brøndby, negli anni ottanta la più importante squadra del paese. Nelle fila gialloblu ci arriva nell’estate del 1987 e grazie alla nuova squadra debutta anche nelle coppe europee. Sarà una vetrina fondamentale per la carriera di Peter Schmeichel. Non solo, ma il cambio di casacca lo proietta nell’orbita della nazionale maggiore e sempre nel 1987 debutta, assicurandosi poi la convocazione per Euro ’88 dove giocherà da titolare due gare su tre, di cui una contro l’Italia.
Nel Brøndby si conferma anche portiere goleador dal dischetto, dopo averne segnati 6 in tre stagioni nel vecchio club. Con i gialloblu inanella 119 presenze e segna appunto altri 2 gol. Una rarità per quell’epoca. Il 1991 è l’anno della svolta per Peter Schmeichel. A 28 anni è nel pieno della sua maturità e tra i pali è considerato uno dei più forti al mondo. Talmente forte che un certo Sir Alex Ferguson lo vuole fortemente al Manchester United: un blindato del genere è indispensabile per costruire una squadra vincente.
Lo United e il miracolo danese
Nel 1991 dunque Peter Schmeichel approda nel campionato inglese. È l’ultima stagione della First Division, mentre dall’anno successivo nascerà la Premier League. Lo United è un cantiere a cielo aperto, anche se capace pochi mesi prima di vincere la Coppa delle Coppe contro il Barcellona. Ma per dominare il campionato inglese, mancano ancora dei tasselli e uno di questi è Peter. Il danese nonostante la benedizione della critica e soprattutto di Ferguson, viene accolto con diffidenza dai tifosi dei “Diavoli Rossi”
Conquisterà la loro fiducia nel giro di poche gare, con interventi ed uscite che non vedevano da tanto tempo ad Old Trafford. Il primo anno si chiude senza la vittoria del campionato, con il Leeds che domina grazie ad un certo Eric Cantonà: il francese tre mesi dopo sarà anche lui alla corte di Ferguson, risultando decisivo per la vittoria del campionato che lo United non portava a casa da ben 27 anni. La prima Premier League della storia, 1992-93, si colora di rosso.
Nell’estate del 1992 però Peter Schmeichel ha vissuto uno dei più grandi miracoli sportivi di sempre. La sua Danimarca manca la qualificazione ad Euro ’92, terminando seconda nel girone alle spalle della Jugoslavia. Ma a un mese dallo start della competizione continentale, la UEFA estromette la nazionale dei Balcani per la guerra appena esplosa in quel paese. Conseguente ripescaggio degli scandinavi, con il CT danese costretto a richiamare dalle vacanze i suoi giocatori.
Si gioca nella vicina Svezia e la Danimarca è considerata la cenerentola delle 8 finalisti. Schmeichel e compagni ribalteranno ogni pronostico, non solo superando il girone eliminatorio, ma eliminando l’Olanda ai rigori in semifinale e battendo la Germania, nuovamente unita, in finale. Contro gli orange Peter è decisivo sia nei 120 minuti, ma soprattutto dagli 11 metri, parando il penalty anche a Marco Van Basten. Contro i tedeschi il portierone danese chiude la saracinesca e i disperati tentativi dei campioni del mondo in carica, si infrangono sui suoi guanti. Almeno il 50% di quella incredibile vittoria, è merito di Schmeichel.
Il guardiano di Old Trafford
Dopo aver vinto la Premier League nel 1993, seguiranno altri 4 trionfi nel campionato inglese fino al 1999. Proprio l’ultima stagione di Peter Schmeichel allo United è considerata da tutti, la migliore del danese. In realtà parte male, a causa di un violento litigio con Ferguson. Lo scozzese mette fuori squadra il portiere, ma dopo poche gare lo reintegra a furor di popolo. Mossa azzeccata, visto che arriveranno la Premier League e la FA Cup. In Champions, il danese compie la parata più bella di sempre su Zamorano in un Manchester United – Inter, ma soprattutto risulta decisivo in finale.
A Barcellona contro il Bayern Monaco il diavoli rossi sono sotto 1-0 e in almeno tre circostanze Peter tiene a galla i suoi. Scocca il novantesimo minuto, corner per lo United e anche il gigante danese corre nell’area bavarese per il disperato assalto. Mischia, calcia dal limite Peter e Teddy Sheringham corregge in rete. 1-1, apoteosi rossa sugli spalti e due minuti dopo, il Manchester la ribalta vincendo 2-1. Le telecamere, nell’esultanza generale, pescano il portiere danese che in beata solitudine festeggia a suon di ruote e capriole, come il miglior ginnasta di sempre.
E’ la ciliegina sulla torta di 8 stagioni irripetibili per lui e anche per il Club. Dopo aver messo assieme 292 presenze e conquistato ben 15 trofei, di cui 2 internazionali, lascia lo United. A 36 anni vuol godersi la “pensione” in Portogallo e veste la maglia dello Sporting Lisbona. In terra lusitana vince subito il campionato e nel 2001, dopo 50 presenze torna in Premier League. Il richiamo è troppo forte e lui si sente competitivo, nonostante i 38 anni. L’Aston Villa si assicura le sue prestazioni e con 29 presenze lascia nuovamente il segno: diventa il primo portiere in Premier a segnare. Lo farà contro l’Everton.
Nel 2002 torna a Manchester, ma questa volta sulla sponda blu della città. Il Manchester City, appena tornato dal Championship, lo ha convinto e lui tradisce i colori della sponda rossa, subendo una contestazione assai pesante quando arriva a giocare ad Old Trafford il derby da ex. Una sola stagione al vecchio “Main Road” e aiuta gli “Sky Blues” a raggiungere il nono posto. A 40 anni dice basta con il calcio giocato, mentre con la nazionale aveva detto addio nel 2001. In tutto 129 partite a difesa della porta danese e con una rete all’attivo.
Kasper portiere volante…
Kasper Schmeichel nasce nel 1986 nella capitale danese e ovviamente fin a piccolo segue il padre negli spostamenti. Cresce a Manchester, ma più che il calcio, da buon scandinavo è attratto dalla pallamano. Gioca portiere ovviamente e sembra anche destinato ad una buona carriera. Il 1999 è l’anno della svolta. La famiglia Schmeichel si trasferisce in Portogallo, con Peter in forza allo Sporting. In terra lusitana la pallamano ha poco seguito e così alla soglia dei 14 anni, il giovane Kasper passa al calcio. Anche qui a difesa dei pali, come marchio di famiglia.
Lo tessera l’Estoril Praia, società satellite dello Sporting a livello giovanile. Basta una sola stagione per capire che il giovane Schmeichel ha le carte in regola per poter sfondare nel mondo del calcio. Nel 2002, con il passaggio del padre al Manchester City, anche Kasper entra negli Sky Blues e ovviamente completa la trafila nelle giovanili. A 20 anni lo mandano a farsi le ossa in League Two e dopo un’ottima annata torna alla base. Alla guida del City è arrivato Sven-Göran Eriksson che lo fa debuttare e per 7 gare gioca in Premier, incassando 5 reti. Per sua sfortuna lo svedese resta poco alla guida del club e per Kasper inizia una lunga fase di prestiti che si conclude con la cessione al Notts County nel 2009.
Dal 2011 con il Leicester
Nel 2010 lo acquista il Leeds, mentre nel 2011 approda al Leicester voluto fortemente ancora da Eriksson. Qui Kasper trova la sua dimensione, vince il Championship nel 2013-2014 e l’anno seguente è protagonista di una clamorosa salvezza con le “Foxes”. Ma il vero miracolo sportivo arriva 12 mesi dopo. Nell’estate del 2015 sulla panchina del Leicester c’è Claudio Ranieri, il quale blinda Schmeichel e lo fa crescere ulteriormente con i preparatori italiani.
Dal danese fra i pali, decolla il sogno del Leicester che si laurea a sorpresa campione d’Inghilterra. Kasper è più volte decisivo nel corso della stagione e su tutti spicca il miracolo contro il Norwich nel match interno. Parata decisiva al minuto 89 e sul ribaltamento di fronte la squadra di Ranieri segna il gol vittoria. Una rete pesante sulla strada che porta al titolo. Le imprese sportive sono davvero impressionanti in casa Schmeichel. Kasper rimane una leggenda delle “Foxes” e con 480 è il terzo per numero di presenze nella storia del club.
Para rigori al Mondiale 2018
Kasper Schmeichel ovviamente fa parte anche della nazionale danese. Ha fatto tutta la trafila nelle nazionali giovanili, dall’Under 18 all’Under 21. La prima convocazione con la squadra maggiore però, arriverà solo nel 2013 a 27 anni. Nel frattempo, la nazionale inglese aveva provato a convincerlo a cambiare casacca, grazie anche al passaporto britannico, ma Kasper ha sempre rifiutato. Nel 2013 la sua prima apparizione quindi, mentre la maglia da titolare arriva nel 2015.
Nel 2018 è uno dei protagonisti della qualificazione della formazione danese al mondiale russo. Aiuta i suoi compagni a passare il girone e negli ottavi di finale si guadagna la palma di migliore in campo, nonostante la sconfitta contro la Croazia. Al 116′ para il rigore a Modric allungando il match, proprio alla lotteria dagli 11 metri. Ne disinnesca due nell’infinita serie di penalty e soltanto ad oltranza la Danimarca alzerà bandiera bianca.
Attualmente conta 93 presenze con la maglia della sua nazionale: impossibile raggiungere il primatista assoluto, suo padre Peter, a quota 129.