Paolo Di Canio ha rappresentato a lungo l’immagine del giocatore italiano che si è integrato alla perfezione nel calcio inglese.
Dopo Zola e Vialli, possiamo affermare che “Cavallo Pazzo” è stato di gran lunga il giocatore made in Italy più conosciuto e apprezzato oltre manica. Ma anche quello più divisivo: per il suo atteggiamento in campo, per il suo carisma e anche per le sue mai nascoste idee politiche che non sempre fanno breccia nel cuore di tutti.
Dalla Lazio alla Juventus, per poi approdare al Milan di Capello e infine la prima tappa di un viaggio lungo 8 anni in terra britannica: Glasgow, sponda Celtic. Una sola stagione per accendere i cuori degli scozzesi e decollare alla volta del calcio inglese: Sheffield Wednesday, West Ham e Charlton, prima di tornare alla Lazio nell’estate del 2004.
8 anni vissuti in prima linea e con due episodi spartiacque: la spinta al direttore di gara che costerà la bellezza di 11 turni di squalifica e il gesto di Fair Play del 2000 che riabiliterà la figura di Paolo Di Canio a quelle latitudini. Il tutto condito da prestazioni esaltanti, giocate sopraffine e gol leggendari.
Questa è la storia di un italiano nella terra di chi ha inventato il calcio: Paolo Di Canio.
1996: l’anno dell’esodo italiano
Corre l’anno 1996 e pochi mesi prima la “Sentenza Bosman” ha gettato le basi per cambiare il calcio. La Juventus fresca di titolo continentale contro l’Ajax cede i suoi attaccanti: Vialli e Ravanelli. Il primo approda al Chelsea e il secondo si accasa al “Boro”. Sono loro ad aprire nell’estate del 1996 l’esodo azzurro verso la terra britannica.
Qualche settimana dopo spetta a Paolo Di Canio: due stagioni al Milan con cui ha totalizzato 37 presenze e 6 reti. Vince l’ultimo scudetto dell’era Capello e poi saluta San Siro. Destinazione Celtic Park a Glasgow. E’ il primo giocatore italiano a varcare il confine scozzese e a giocare in quel campionato. Ha ancora una chioma immensa di capelli e i tifosi degli “Hoops” lo accolgono come un Re.
Paolino ripaga le attese con 12 reti in 26 gare. Il Celtic a livello di trofei vive una stagione pessima, con l’altra sponda della città, i Rangers che fanno man bassa di titoli. Nonostante le mancate vittorie, le prestazioni di Paolo Di Canio attirano le attenzioni di tanti club di Premier League in terra inglese. Si apre un’asta per Di Canio e alla fine è lo Sheffield Wednesday ad assicurarsi il giocatore italiano.
Uno dei club più antichi al mondo e più in voga in quegli anni nella neonata Premier League. In fondo Sheffield non è proprio una chicca di città esteticamente parlando, ma lì è nato il calcio e lì si respira football 365 giorni l’anno e 24 ore al giorno. Il luogo perfetto per mettersi in mostra e questo lo sa bene Paolo Di Canio.
La spinta, la squalifica e una nomea particolare
Paolo di Canio è un giocatore dotato di un dribbling fantastico e supportato da una tecnica fuori dal comune. Tutte cose che fanno impazzire il pubblico britannico ancorato da oltre un secolo al gioco fisico e maschio di quelle latitudini. L’avvio di “Cavallo Pazzo” con la maglia degli “Owls” è di quelli importanti e nella prima stagione con 35 presenze trova la via del gol 12 volte.
Una prima stagione che dimostra come possa giocare in Premier League, nonostante le mille difficoltà incontrate da tanti altri.
Le cattive notizie però sono dietro l’angolo per Paolo Di Canio che si macchia di un gesto poco edificante, nella stagione 1998-1999. Nelle prime giornate Paolo si trova nell’occhio del ciclone per alcuni atteggiamenti poco graditi dal pubblico inglese e l’apice viene raggiunto il 26 settembre 1998. Si gioca Sheffield W. vs Arsenal per la settima giornata e nonostante tutto Di Canio ha segnato 3 gol nelle prime sei gare.
Quel giorno la tensione è palpabile, considerando che l’Arsenal è uno squadrone ed è l’unica antagonista dello United. In campo non volano certo baci e abbracci, così al tramonto della prima frazione Paolo di Canio e Martin Keown vengono alle mani. L’arbitro Paul Alcock caccia entrambi, ma il “nostro” Paolino non la prende bene: prima insulta il direttore di gara e poi lo spinge. Una spinta leggera, pur restando un gesto grave e assolutamente da condannare.
Il signor Alcock fa poco per rimanere in piedi, tra il grottesco e il comico, arretra prima, barcolla poi e infine cade. Una scena degna del miglior “Benny Hill Show”. Apriti cielo su Paolo Di Canio, le cui scuse successive all’arbitro e alla FA non bastano per evitare una squalifica pesantissima di 11 giornate.
Il gesto fa il giro del mondo e tutti puntano il dito contro il nuovo bad boy del calcio inglese. Tutti attaccano Di Canio: stampa, federazione, tifosi avversari e dello Sheffield, oltre alla rabbia della stessa dirigenza degli Owls. Insomma, sembra l’inizio della fine per Paolo Di Canio, con diversi esponenti politici che chiedono l’espulsione a vita dal calcio inglese. Ma il destino sta per dare una seconda occasione a “Cavallo Pazzo”.
Da Sheffield a Londra per la redenzione
Al termine della lunga squalifica, le strade dello Sheffield e di Paolo Di Canio si dividono. La società non è più intenzionata a proseguire con il numero 7 italiano e gran parte della tifoseria ha voltato le spalle all’azzurro, colpevole tra l’altro di essere troppo spudoratamente di estrema destra.
Nel dicembre del 1998 si consuma così il divorzio e complice la finestra di mercato aperta, arriva il West Ham a prendersi Di Canio. Il suo arrivo infiamma e divide la tifoseria Hammers: chi lo adora come giocatore e chi lo reputa una mela marcia per i suoi comportamenti, per il suo carattere e per le sue idee politiche.
L’avventura di Paolo Di Canio inizia a fari spenta in quel di Londra. L’italiano è consapevole di averla fatta grossa pochi mesi prima e dunque cerca di mantenere un profilo basso per far spegnere le voci su di lui. I primi sei mesi sulla riva del Tamigi scorrono via abbastanza tranquilli e nonostante qualche infortunio di troppo, racimola 13 presenze con 5 gol.
E’ dalla stagione seguente che “cavallo pazzo” torna sui livelli che tutti conoscono. 30 presenze e 16 reti in Premier League, per farlo entrare nel cuore degli hammers. Merito anche di Harry Redknapp, tecnico del West Ham che crede in lui. E sarà proprio Di Canio decisivo nella vittoria della Coppa Intertoto nella finale contro il Metz. Unico titolo europeo del club.
E nella stagione 1999-2000 arriva il gol più bello della carriera di Paolo Di Canio: contro il Wimbledon segna con una “bicicletta volante” un pazzesco gol al volo. Una rete che verrà votata nel 2016 dai tifosi del West Ham, nel momento in cui verrà demolito “Upton Park”, come il più bel gol nella storia dello storico stadio degli hammers.
Il gesto che lo riabilita agli occhi degli inglesi
La stagione 2000-2001 parte nel miglior modo possibile per Paolo di Canio che ormai ha conquistato la fiducia dei suoi tifosi. Gol, assist, giocate impressionanti e un carisma che trascina la squadra a giocarsela contro tutti, nonostante una rosa nettamente inferiore ad almeno una decina di squadre. Una sorta di seconda vita quella di Paolino a Londra.
Serve qualcosa però per mettere a tacere l’opinione pubblica che ancora non ha perdonato l’episodio della spinta. E il giorno della redenzione totale si materializza il 18 dicembre 2000. Il West Ham è in casa dell’Everton, quando il portiere dei padroni di casa, Paul Gerrard, si avventura in un’uscita al limite dell’area ma le sue ginocchia cedono e cade su sé stesso, mentre la palla schizza verso il settore di destra dove Trevor Sinclair mette al centro un cross per Di Canio: Paolo potrebbe colpire a botta sicura, ma preferisce bloccare la palla con le mani e indica il portiere a terra.
Lo stadio impiega qualche secondo a capire quello che sta succedendo sul terreno e poi esplode in una standing ovation per Paolo Di Canio. 27 mesi dopo il brutto gesto con l’arbitro, “Cavallo Pazzo” ha trovato il modo per farsi perdonare. Il video del suo gesto fa nuovamente il giro del mondo, ma questa volta sono solo parole dolci per il giocatore italiano.
Un gesto che vale il premio della FIFA, il FIFA Fair Play Award, unito a lettera ufficiale di encomio firmata da Joseph Blatter. E’ la chiusura di un cerchio che riabilita in tutto e per tutto Paolo Di Canio.
Il canto del cigno al Charlton
Paolo Di Canio resterà fino al giugno del 2003 nelle file del West Ham: 118 presenze e 46 reti in quattro stagioni con gli hammers. Nonostante la retrocessione del 2003, la società lo libera anche per togliersi un ingaggio pesante in un momento cui il bilancio del Club fa acqua da tutte le parti. Paolo resta nel cuore dei tifosi che qualche anno dopo lo inseriscono nella formazione tipo, fra i giocatori che hanno indossato la maglia dei londinesi nel primo decennio del nuovo secolo.
Nell’estate del 2003 Di Canio cambia casacca, ma non città. A qualche miglia di distanza il neo promosso Charlton decide di fare allin sul 35enne italiano e l’azzurro risponde presente. 4 reti nell’unica stagione giocata al “The Valley” in 31 gare. Poi il richiamo del cuore: alla Lazio in piena crisi economica Paolo di Canio non può dire di no. Al cuore non si comanda dirà lo stesso Di Canio che dopo 8 anni di esilio torna in Italia, ma lasciando un ricordo unico nel suo genere: prima in Scozia e poi in Inghilterra.