Negli ultimi anni uno degli aspetti su cui gli allenatori insistono maggiormente in allenamento sono i calci piazzati. Le situazioni di palla inattiva infatti sono quelle in cui i valori in campo si assottigliano maggiormente, e anche le squadre meno forti possono prendersi un vantaggio nel caso in cui riescono a mettere in atto gli schemi provati in allenamento.
Si può dire che mediamente una squadra mette a segno circa 15 reti a stagione grazie ai calci piazzati, arrivando anche al 30% dei gol segnati.
In un calcio sempre più fisico e giocato a ritmi veloci, la possibilità di far ripartire l’azione da fermi in zona offensiva offre la possibilità di sfruttare posizionamenti e blocchi e, quanto meno in quella specifica azione, ridurre al minimo il gap tecnico e atletico tra i giocatori.
L’allenamento sulle palle inattive
Sta prendendo sempre più piede nelle squadre di vertice la figura del preparatore specifico per i calci piazzati.
Uno dei primi ad inserire questa figura nel suo staff è stato Jurgen Klopp al Liverpool, che ultimamente ha voluto addirittura anche il danese Thomas Gronnemark come allenatore specifico per le rimesse laterali.
In Italia emerge la figura di Gianni Vio, ex bancario e allenatore dei dilettanti del Quinto di Treviso che, specializzatosi sugli studi dei calci piazzati, ha lavorato con Walter Zenga, Vincenzo Montella e Leonardo Semplici fino ad arrivare alla Nazionale di Roberto Mancini. Vio ha sviluppato un’infinità di schemi su calci piazzati (oltre 4400) da cui attingere in base alle caratteristiche dei propri giocatori e degli avversari.
L’allenamento sulle palle inattive è maggiormente efficace più è il tempo che si passa a provare e riprovare gli schemi, acquisendo quegli automatismi nei movimenti che li rendono anche meno leggibili dagli avversari.
I calci d’angolo
Il caso più classico di palla inattiva nel corso di una partita è il corner, ovvero il calcio d’angolo.
Tutti gli schieramenti tattici in fase difensiva proteggono ovviamente la zona centrale del campo, cercando di impedire la conclusione verso la porta e portando gli avversari verso le zone più esterne del campo.
Spesso quindi le squadre meno forti, alle quali può andar bene anche un pareggio, si arroccano in difesa, e per le squadre più forti diventa essenziale saper sfruttare al meglio i corner per sbloccare il risultato.
Ovviamente non bastano solo gli schemi per rendere fruttuoso un calcio d’angolo: innanzitutto ci deve essere la qualità tecnica di colui che batte il corner, in maniera da direzionare con precisione e potenza la palla nella zona desiderata dell’area di rigore. Un cross morbido può essere più semplice da direzionare in porta ma anche più facilmente intercettabile da un difensore.
Inoltre il piede con cui si batte è un particolare importante: un mancino che batte dall’angolo destro (e viceversa un destrorso dal lato sinistro) donerà una traiettoria maggiormente pericolosa, dal momento che la palla può prendere una parabola che passa maggiormente vicino alla porta. Al contrario, una traiettoria ad uscire con l’altro piede può magari pescare più facilmente giocatori smarcati che giochino nuovamente la palla nel mezzo.
La struttura fisica dei giocatori che ricevono palla in area è importante ma non fondamentale: fondamentale invece è il tempismo con cui si stacca e la capacità di sottrarsi alla marcatura degli avversari.
A questo scopo molte squadre adottano il cosiddetto “trenino”, ovvero dispongono tre o quattro giocatori in fila ordinata in mezzo all’area, molto vicini gli uni agli altri in maniera che i marcatori avversari abbiano difficoltà a trovare posizione.
Al momento della battuta ognuno di questi attacca, in maniera sincronizzata e coordinata con gli altri, uno spazio preciso. In questa maniera si possono formare improvvisamente dei blocchi che lasciano liberi i giocatori (normalmente quelli che partono dal mezzo del “trenino”) liberi da marcature.
Normalmente, quando si affrontano difese schierate a uomo, chi batte cerca di piazzare la palla in una determinata zona di campo sapendo che i suoi compagni cercheranno di guadagnare quella posizione. Al contrario, quando si affrontano squadre che difendono a zona, si sfruttano maggiormente i blocchi e il tiratore cercherà con precisione quel giocatore che è previsto che si liberi dalla marcatura.
I calci di punizione
Sui calci di punizione si apre un ventaglio enorme di differenti soluzioni, sia offensive che difensive. Quando un fallo viene compiuto in zona offensiva, la squadra che lo subisce ha la possibilità di battere un calcio di punizione che, a seconda della zona di campo e dell’abilità del tiratore, può tradursi in un tiro diretto in porta o in un cross per un compagno meglio posizionato.
La prima variabile consiste nel posizionamento della barriera e degli altri giocatori prima della battuta. Il portiere cercherà sempre di posizionare alcuni giocatore in maniera da chiudere l’angolo di tiro verso la porta
Le ultime modifiche regolamentari impongono agli avversari di mantenersi a distanza anche dai giocatori posizionati in barriera: fino alla scorsa stagione era comune vedere mischiarsi i giocatori delle due squadre in barriera: gli attaccanti avevano il duplice scopo di ostruire al massimo la visuale del portiere, in maniera che non potesse vedere la traiettoria del tiro fino all’ultimo momento, e di prendere spazio rispetto agli avversari in maniera che togliendosi all’ultimo momento causassero dei “buchi” in barriera. Oggi non si vedono più queste mischie ma non è raro vedere i giocatori disporsi su più “linee di barriera” per ottenere lo stesso scopo.
Un altro elemento che si è diffuso di recente è il cosiddetto “coccodrillo”, ovvero un giocatore sdraiato per terra dietro la barriera in maniera perpendicolare alla traiettoria di tiro. Il suo scopo è quello di bloccare o quantomeno smorzare un’eventuale conclusione rasoterra, lasciando liberi gli uomini in barriera di saltare il più possibile al momento della conclusione per cercare di intercettare l’eventuale parabola a scavalcare.
A differenza dei calci d’angolo, in un calcio di punizione bisogna tenere conto anche del fuorigioco. Con le modifiche alla regola apportate negli ultimi decenni e l’introduzione del concetto di fuorigioco attivo o passivo, la difesa sui calci piazzati è diventata molto più complicata.
Per quanto la linea difensiva può sforzarsi di mantenersi alta per lasciare un avversario in fuorigioco, se la palla arriva ad un giocatore che si inserisce dalle retrovie può essere rigiocata indietro, e il giocatore che prima era in fuorigioco ritorna in gioco. Ne consegue che le squadre prima della battuta di un calcio di punizione spendono molto tempo per considerare tutti i posizionamenti e gli eventuali blocchi da mettere in atto, sempre tenendo conto poi delle esigenze del portiere per quanto riguarda la barriera.
Le rimesse laterali
Spesso sottovalutate, anche le rimesse laterali sono palle inattive che, se ben sfruttate, possono creare situazioni di gioco particolarmente interessanti. Bisogna ricordarsi infatti che sulle rimesse laterali non esiste il fuorigioco, per cui spesso può essere una ghiotta occasione per guadagnare la profondità offensiva.
Come citato prima nel caso del Liverpool di Klopp, alcune squadre sostengono allenamenti specifici anche per questo tipo di palla inattiva, spesso utilizzando come modelli schemi e movimenti mutuati dal basket, come nel caso del pick and roll, fondamentale della pallacanestro che, con i dovuti accorgimenti, può essere utilizzato anche nel calcio.
Si tratta infatti di portare un blocco su un marcatore avversario in maniera che il giocatore che riceve il pallone sia poi libero di accentrarsi verso il centro del campo e quindi puntare l’area di rigore.
Inoltre, ci sono numerosi giocatori che si allenano specificatamente nella gittata della palla con le mani, in maniera di sfruttare le rimesse laterali in zona d’attacco alla stregua di un corner.