Lo sport è sottoposto da sempre ad un insieme di regole alle quali si accetta di sottostare quando si sceglie di praticarlo in ogni sua forma.
Tali regole hanno tutta una serie di limiti che sfociano praticamente sempre in un campo difficilmente delineabile, quello che fa parte alla soggettività dell’interpretabile, quel campo in cui finisce il netto e chiaro e ciò che si può o non si può fare, e inizia quella in cui l’occhio umano può e deve essere giudicato tramite la bravura di chi, quelle regole, le deve fare rispettare, intepretandole.
Quella sottile linea invisibile
Dall’enunciato dell’incipit che vi abbiamo appena fornito, non si sfugge.
Il ruolo di giudice che viene praticato da chi sceglie di diventare arbitro di ogni disciplina sportiva, non è mai mestiere facile, è davvero complicato trovare uno sport in cui almeno una regola non venga assoggettata ad un parametro a cui manca l’oggettività delle decisioni e il calcio è uno di quegli sport in cui questo limite ha delle sfumature di grigio piuttosto numerose.
La storia di questo sport ci insegna, tramite episodi più o meno clamorosi, più o meno famosi, che è impresa assai ardua provare a mettere d’accordo tutte le componenti interessate.
Ci sono centinaia di episodi clamorosi della storia del calcio che hanno richiesto un ausilio ben più efficace di quello non sempre perfetto di un arbitraggio umano.
Tornano alla mente il famoso gol di Turone in un Juve-Roma di ormai 40 anni fa, l’uscita di Harald Schumacher su Patrick Battiston ai mondiali del 1982, il gol fantasma del Liverpool nella semifinale di Champions League del 2005 tra i Reds e il Chelsea, il fallo di mano di Henry contro l’Irlanda di Trapattoni alle qualificazioni per il mondiale 2010.
E via via fino a quelli più clamorosi e discussi, come il fallo di Iuliano su Ronaldo, o la mano di Diego Armando Maradona contro l’Inghilterra ai mondiali del 1986.
Gli esempi del passato per un futuro migliore
Tutti questi episodi, uniti ad altre migliaia di storie controverse, ci hanno portato fino ai giorni nostri, agli ultimi anni della storia del calcio, quando la fisicità degli atleti, la velocità dei loro gesti, l’estremismo tattico legato alla regole del fuorigioco e mille altri cavilli regolamentari, hanno reso necessario l’ausilio di una componente che prima o poi avrebbe comunque dato una mano ai giudici di gara in uno sport dove il Dio denaro ha una delle sue componenti più importanti.
Cominciamo subito a sgombrare il campo da quella parte di ragionamento che porta a pensare che i problemi possano essere risolti nella loro totalità.
“Ausilio” non significa soluzione totale, l’ausilio, dalla stessa etimologia del termine, significa aiuto e un aiuto non è mai la panacea dei mali.
La moviola
L’Italia ha sempre rappresentato quel posto in cui i veleni e i torti arbitrali, presunti o certificati dalle verità storiche, hanno originato diatribe feroci a lunghissima scadenza e per questo motivo il nostro Paese è sempre stato all’avanguardia nella ricerca di un sistema che potesse ridurre al minimo gli errori arbitrali.
La moviola, termine in più di un’occasione utilizzato a sproposito, fu ideata nel 1917 dall’ingegnere olandese Iwan Serrurier e nessuno, a quell’epoca, avrebbe mai pensato ad un utilizzo differente rispetto al quale tutti oggi la conoscono.
Era un sistema elettromeccanico ideato per proiettare immagini cinematografiche, per lo più rallentate.
Originati da quel sistema, i passi da gigante arrivarono soprattutto per coadiuvare le trasmissioni delle partite di calcio, da qui il famoso “rallenty”, termine che sempre più spesso imparammo ad ascoltare dalle voci di Nando Martellini prima e Bruno Pizzul poi.
Carlo Sassi ed Heron Vitaletti
L’interessante utilizzo del rallenty che permetteva una visione delle immagini appena viste dallo spettatore a velocità normale, in modalità, appunto, rallentata, fece ragionare due menti eccelse come quelle di Carlo Sassi ed Heron Vitaletti, in maniera visionaria.
I due decisero di provare a dare in pasto ai telespettatori un nuovo modo di guardare il calcio, oltre a quello che cominciava a prendere piede alla Rai, le immagini dei gol.
Il tutto ha una data di partenza, il 22 ottobre del 1967, quando un gol di Rivera pareggiò quello di Benitez in un derby milanese.
Sassi in particolare si accorse che il tiro di Rivera, una saetta che sbattè sulla traversa prima di tornare sul manto erboso di San Siro, al momento del rimbalzo del pallone sollevò una piccola nuvoletta di gesso, segno inconfondibile che il gol fosse da annullare, seppur l’arbitro di quella partita, D’Agostini, decise per l’assegnazione della rete ai rossoneri.
Il debutto
Quell’episodio fu l’inizio di un percorso di un paio d’anni in cui quel tipo di riscontro fu utilizzato in maniera più o meno frequente, fino al debutto ufficiale della moviola, nel maggio del 1969, un angolo tutto dedicato agli episodi più eclatanti di ogni partita.
Sassi racconta ancora oggi che ogni domenica era una corsa contro il tempo, visto che le immagini arrivavano da tutte le sedi a ridosso della Domenica Sportiva ma il sistema piacque e il duo cominciò ad essere piuttosto famoso tra chi aspettava di capire se i gol fossero davvero gol, se il rigore dovesse essere assegnato, se un fallo fosse o meno da espulsione.
Ovviamente le critiche furono feroci, soprattutto quando tutte le squadre e i loro tifosi cominciarono a chiedere una sorta di parità di trattamento che, a tempi così ristretti, era impossibile da praticare.
Arrivavano segnalazioni da altre partite delle quali Sassi e Vitaletti non potevano occuparsi, intenti, come erano, a segnalare solo quelle più vistose, quelle più clamorose.
La tecnologia avanzata e il VAR
Con l’accumulo degli episodi e un numero di competizioni e partite sempre maggiore, la moviola non bastava più, era necessario intervenire in qualche modo.
Sotto questo punto di vista, lo sport professionistico statunitense ed altre discipline sportive, fecero da precursori.
Le teste pensanti del basket NBA e del football americano, misero a punto dei sistemi tecnologici per aiutare gli arbitri direttamente in campo, tanto che parecchie decisioni cambiarono in modo diametralmente opposto dopo uno sguardo alle immagini.
La cosa non passò inosservata in Europa e per il calcio, tanto che si cominciò a pensare ad un sistema che, grazie alle innumerevoli telecamere piazzate in ogni dove sul terreno di gioco, potesse dirimere gli episodi più intricati.
La FIGC fu una delle prime federazioni calcistiche a spingere con una certa veemenza verso il Video Assistant Referee, e non più tardi del 6 marzo del 2016, l’International Football Association Board, un organo indipendente che si occupa della disciplina delle decisioni facenti capo alle regole del gioco, lo fece esordire durante una partita del campionato USL PRO tra New York Red Bulls II-Orlando City B.
Il successivo primo settembre del 2016 fece l’esordio anche in Europa, durante una partita amichevole tra Francia e Italia.
I passi successivi
Lo scetticismo nei confronti del VAR, soprattutto da parte delle categorie arbitrali e dei nostalgici che preferivano lasciare alla discrezionalità dei giudici di gara qualsiasi decisione regolamentare, ostacolò non poco i primi passi del sistema.
L’introduzione in partite ufficiali FIFA arrivò nella Coppa del Mondo per club 2016, ma solo un anno dopo, il presidente Gianni Infantino la ufficializzò per il Campionato del Mondo del 2018.
Si può pensare ciò che si vuole di uno strumento così controverso e dell’utilizzo che se ne può fare, di certo, in un calcio in cui le decisioni e i gesti atletici dei giocatori sempre più “quickly” la fanno da padrone, non si può prescindere dal fatto che un ausilio tecnologico non possa che migliorare la situazione se usato con un unico fine come questo.