Il Genoa, il club calcistico più antico d’Italia, è in una situazione di classifica a dir poco problematica, non facilitata dal fatto che si è da poco insediata una nuova proprietà straniera. Una delle prime mosse dei nuovi proprietari è stata quella di ingaggiare il tedesco Johannes Spors come direttore sportivo, nella speranza di ripetere in una certa misura anche a Genova i progressi fatti dalle squadre del gruppo Red Bull.
Il nome di Spors non è molto famoso al grande pubblico (39 anni, arriva a Genoa dopo un’esperienza come direttore tecnico al Vitesse), ma nell’ambiente è noto per essere uno degli uomini simbolo del “modello Red Bull”, essendo stato per tre anni responsabile scouting del RB Lipsia agli ordini di Ralf Rangnick, nel periodo in cui la squadra tedesca è passata dalla seconda divisione alla Champions League.
In cosa consiste questo fantomatico “modello Red Bull” nel calcio? Per capirlo dobbiamo ripercorrere un po’ la storia di come questo gruppo famoso per i suoi successi nell’automobilismo e negli sport estremi si sia imposto nel calcio nel corso degli ultimi 15 anni.
Red Bull Salisburgo: la nascita del progetto
Nel 2005 Dietrich Mateschitz, produttore della Red Bull, decide di rilevare il titolo sportivo dell’Austria Salisburgo, il club della sua città che versava in una grave crisi economica. Ma a differenza dei soliti milionari mecenati che decidono di gettare soldi nel calcio, Mateschitz mette in piedi un vero e proprio piano industriale.
La disponibilità economica è ingente, ma per avere un ritorno dall’investimento la Red Bull non si limita a sponsorizzare l’Austria Salisburgo, ma letteralmente lo fagocita: viene cambiato il nome del club, i tradizionali colori di Salisburgo, bianco e lilla, vengono accantonati in favore dei tipici bianco e rosso del logo aziendale (i due tori rampanti)che viene impresso in maniera evidente sulla maglia.
Ovviamente questo stravolgimento non viene visto di buon occhio dai tifosi, ma la proprietà è adamantina nelle sue scelte: viene pubblicamente dichiarato che l’Austria Salisburgo appartiene al passato, e adesso i tifosi hanno a che fare con una nuova società, senza alcuna storia o tradizione. Se vogliono, possono seguirla, altrimenti l’apprezzeranno con il tempo.
Nei primi cinque anni di vista si vincono tre campionati, investendo su vecchie glorie che potessero però fare ancora la differenza nel campionato austriaco: Alexander Zickler e Thomas Linke dal Bayern di Monaco, Vratislav Lokvenc dal Bochum, Alexander Manninger dal Bologna o Marcus Schopp dal Brescia. Anche per quanto riguarda gli allenatori si punta sull’esperienza: Giovanni Trapattoni (con Lothar Matthaus come suo assistente), Co Adriaanse o Huub Stevens.
Lo scouting: la vera chiave di volta del modello Red Bull
Nel frattempo però i soldi venivano investiti per creare il reparto scouting più efficiente al mondo: un osservatore del Red Bull Salisburgo guarda mediamente due partite per ogni giorno lavorativo, circa 240 in un anno. Visiona nove calciatori al giorno, aggiungendone due a settimana alla lista di quelli tenuti sotto concreta osservazione.
Si tratta di un sistema inizialmente pensato per monitorare tutti i migliori talenti d’Austria, ma ben presto applicato prima su scala europea e quindi su scala mondiale.
Con l’espandersi della presenza Red Bull nel mondo, come vedremo, a Salisburgo si è creato un database di quasi mezzo milione di ragazzini (sono pochissimi i profili con più di 23 anni) provenienti da tutto il mondo, selezionati secondo alcuni requisiti di base: determinazione nello stile di gioco, abilità nelle transizioni veloci e mentalità positiva.
Ogni qualvolta che un allenatore avanza delle richieste, è facile individuare il profilo adatto nell’immenso “catalogo” Red Bull.
Le 10 migliori plusvalenze del Red Bull Salisburgo
Questo metodo ha portato il club a realizzare in pochi anni plusvalenze da record. Elenchiamo la top ten dei colpi di mercato del Salisburgo:
10. Munas Dabbur: comprato a 5 milioni dal Grasshoppers nel 2016, ceduto per 17 al Siviglia nel 2019;
9. Dayot Upamecano: comprato a 2,2 milioni dal Valenciennes nel 2015, ceduto per 18,5 al Bayern Monaco nel 2021;
8. Duje Caleta-Car: comprato a 50 mila euro dal Sibenik nel 2013, ceduto per 19 milioni al Marsiglia nel 2018;
7. Amadou Haidara: comprato a 800 mila euro dal Bamako nel 2016, ceduto per 19 milioni al Lipsia nel 2019;
6. Erling Haaland: comprato a 8 milioni dal Molde nel 2019, ceduto a 20 al Borussia Dortmund nel 2020;
5. Dominik Szoboszlai: comprato a 500 mila euro dal Videoton nel 2017, ceduto a 22 milioni al Lipsia nel 2021;
4. Sadio Mané: comprato a 4 milioni dal Metz nel 2012, ceduto a 23 al Southampton nel 2014;
3. Enock Mwepu: ingaggiato a parametro zero dal Kafue Celtic nel 2017, ceduto a 23 milioni al Brighton nel 2021;
2. Naby Keita: comprato per 1,5 milioni dall’Istres nel 2014, ceduto per 29,75 milioni al Lipsia nel 2016;
1. Patson Daka: comprato per 250 mila euro dal Kafue Celtic nel 2017, ceduto per 30 milioni al Leicester nel 2021.
Solo con questi giocatori il Salisburgo ha realizzato una plusvalenza netta di quasi 200 milioni di euro.
Il tutto non perdendo mai di vista il lato sportivo, dal momento che il Red Bull Salisburgo ha preso a dominare incontrastato il campionato austriaco e con il tempo a ben figurare anche sul palcoscenico europeo.
Dal 2010 in poi a Salisburgo giocano quasi esclusivamente giocatori cresciuti attraverso il processo di reclutamento Red Bull e i risultati sportivi sono addirittura migliorati con il tempo.
New York Red Bulls: il calcio come strumento di marketing
Dopo aver rilevato l’Austria Salisburgo, la Red Bull intuisce le potenzialità della crescente passione per il soccer negli Stati Uniti e pensa che possa essere un ottimo veicolo per promuovere il proprio marchio in Nord America.
Con un’operazione simile a quella compiuta a Salisburgo, l’azienda rileva una squadra militante nella MLS, il massimo campionato calcistico statunitense, e come fatto in Austria la stravolge da cima a fondo. Laddove un tempo esistevano i New Jersey Metro Stars, dal 2006 ci sono i New York Red Bulls: nuova dirigenza, rosa rivoluzionata, nuovo stemma con i due tori, nuovi colori sociali (ovviamente bianco e rosso).
Anche qui proteste da parte dei tifosi locali, ma con il nuovo stadio da 70 milioni di euro completato nel 2010 e con il taglio radicale al prezzo dei biglietti, il pubblico risponde in massa al richiamo della nuova squadra, e nonostante il calo dei prezzi le casse societarie si arricchiscono.
Negli Stati Uniti però il discorso di scouting viene messe in secondo piano rispetto a quello commerciale: l’obiettivo è portare negli States giocatori validi da un punto di vista tecnico ma anche pubblicitario. Ecco quindi Thierry Henry per l’Europa, Rafa Marquez per il Messico, Angel per la Colombia, Tim Cahill per l’Australia.
Con il tempo però anche negli Stati Uniti è stato messo in piedi un sistema di scouting, reclutamento e attenzione alla crescita dei giovani talenti che sta dando frutti sorprendenti: Brenden Aaronson, Tyler Adams e per ultimo il giovanissimo Caden Clark sono tutti giovani che dall’Academy dei New York Red Bulls hanno trovato la via per i campionati europei.
Red Bull Ghana, Red Bull Brasil e Red Bull Bragantino: scouting in ogni parte del mondo
Nel 2007 la Red Bull decide di impegnarsi in prima persona nello sviluppo dei giovani calciatori in giro per il mondo, cercando di rilevare anche una squadra in Brasile, fucina di talento per eccellenza.
La resistenza al processo di “assimilazione” Red Bull però è molto più grande in un paese dalla grandissima tradizione calcistica come il Brasile. Un primo tentativo di rilevare la Juventude non va a buon fine per l’impossibilità di cambiare colori e denominazione societaria.
Si decide quindi di fondare una squadra nuova di zecca a Campinas, alle porte di San Paolo. A fine 2007 nasce quindi il Red Bull Brasil, che nel giro di tre anni arriva in serie A-2, per poi conquistare la serie A-1 nel 2014.
Nel 2019 il Red Bull Brasil diventa una semplice società satellite del Bragantino, club che stringe un accordo con la Red Bull per la gestione delle attività calcistiche, ottenendo così una squadra, che cambia nome in Red Bull Bragantino, competitiva nel massimo campionato brasiliano, con in programma la costruzione di un nuovo stadio e in grado di ottenere buoni risultati anche nelle coppe continentali.
Non cambia però la filosofia alla base della gestione del club: scovare giovani talenti, e abituarli ad un regime di allenamento e un tipo di calcio più simile a quello europeo in maniera che possano essere considerati nelle rose di Salisburgo o Lipsia.
Nel 2008 la Red Bull aveva deciso di ripetere l’investimento anche in Africa e decise di varare il progetto Red Bull Ghana, rilevando la Soccer School of Lavanttal, una scuola calcio controllata dal proprietario del Wolfsberger, altra squadra austriaca.
Il progetto si rivela alquanto fallimentare: sono pochi i giovani ghanesi che prendono la via dell’Europa, e la gestione della struttura si rivela difficoltosa a causa dei contrasti tra i membri del management europei e quelli locali.
Gli investimenti su stadio e strutture sono imponenti, ma sono una sorta di cattedrale nel deserto, costruzioni all’avanguardia dove non arrivavano strade asfaltate o acqua potabile.
Il progetto viene abbandonato nel 2014, quando viene ceduto al Gomoa Fetteh, squadra satellite del Feyenoord, che lo trasforma nella West Africa Football Academy.
Il Lipsia: il culmine sportivo della Red Bull
Per imporre veramente il suo marchio nel calcio che conta la Red Bull aveva bisogno di essere presente in uno dei maggiori campionati europei, con la prospettiva di giocare la Champions League.
Nel 2009 ha quindi rilevato la licenza sportiva del SSV Markranstadt, club di quinta divisione di una cittadina vicino a Lipsia, La scelta venne fatta sulla base delle potenzialità del territorio, una zona urbana in netta espansione, delle infrastrutture, con uno stadio costruito per i mondiali del 2006 e della scarsa presenza di altre squadre di alto livello nella stessa zona, assicurando quindi in prospettiva un grande bacino di utenza.
In precedenza c’erano stati tentativi simili con la Dinamo Dresda e con il Sachsen, ma le resistenze delle tifoserie fecero abbandonare i progetti. Anche a Lipsia ci furono numerose proteste, sfociate anche nel vandalismo, ma alla fine la trattativa si chiuse.
Per le regole tedesche però non è possibile inserire il marchio commerciale nel nome (tranne che nel caso di finanziamenti a lunghissimo termine come il Bayer Leverkusen), per cui la squadra venne ribattezzata RasenBallsport Leipzig, letteralmente “sport della palla sul prato di Lipsia“, per poter sfruttare le iniziali RB. Maglia e stemma però sono quelli della Red Bull, uguali in tutto il mondo.
Nonostante i successi, il club si è creato così una brutta fama in tutta la Germania, venendo visto come il simbolo del calcio moderno in cui commercializzazione e soldi hanno più importanza di storia, tradizione, sentimenti.
In sette anni il club ha scalato le categorie del calcio tedesco, esordendo nel 2016 in Bundesliga, proclamando la vittoria del Meisterschale nell’arco di 8 anni. In quella stessa stagione, già ad aprile la squadra ha ottenuto la qualificazione matematica alla Champions League.
L’uomo chiave del successo del Lipsia è l’attuale manager del Manchester United, a lungo inseguito anche dal Milan: Ralf Rangnick.
Nel 2012 assume contemporaneamente il ruolo di direttore sportivo di Lipsia e Salisburgo, concentrandosi solo sul club tedesco a partire dal 2015, di cui saltuariamente assume anche il ruolo di allenatore con ottimi risultati (promozione dalla Zweite Bundesliga nel 2016 e terzo posto e finale di Coppa di Germania nel 2018).
Il suo merito principale è stato quello di creare un legame strettissimo tra allenatore e direttore sportivo (avendo ricoperto addirittura entrambi i ruoli), formando decine e decine di osservatori che setacciano tutti i giocatori dell’immenso database Red Bull scovando sempre i profili che soddisfano al meglio le richieste dell’allenatore della squadra.
Il Liefering, la squadra B del Salisburgo palestra dei talenti
Un altro elemento chiave della crescita del modello Red Bull, ma che è quello forse meno conosciuto, è il Liefering.
Per far crescere al meglio i suoi giovani, la Red Bull avrebbe voluto iscrivere la sua squadra riserve alla Serie B o al Serie C austriaca, cosa però proibita dalla federcalcio d’oltralpe.
Nel 2012 la Red Bull ha quindi acquisito un piccolo club austriaco, l’Anif, di una cittadina vicino a Salisburgo, spostando la sede in città e cambiando la denominazione in quella del quartiere, Liefering.
La federazione ha concesso l’operazione, escludendo però il Liefering dalla Coppa d’Austria per evitare che potesse scontrarsi con il Salisburgo.
L’obiettivo è quello di dare la possibilità ai tanti giovani talenti delle giovanili di mettersi alla prova contro giocatori professionisti. In questa maniera i giovani possono accumulare esperienza ad un livello maggiore ed essere più pronti ad esordire in prima squadra.
La differenza sostanziale con il progetto delle squadre Under-23 italiane (a cui ha aderito solo la Juventus finora) e che, nonostante ci sia un continuo ricambio di giocatori dalle giovanili al Liefering fino alla prima squadra del Red Bull Salisburgo, le due squadre rimangono entità economiche separate.
In Italia invece il bilancio della Juventus Under-23, che disputa il campionato di Serie C, ricade su quello della prima squadra. Un’eventuale retrocessione della squadra riserve sarebbe quindi un colpo notevole per le finanze bianconere, ed ecco perché nella squadra vengono inseriti anche elementi di esperienza e si finisca anche per guardare più al risultato che alla crescita dei giocatori.
La rosa del Liefering invece è composta esclusivamente da giocatori che vanno dai 17 ai 19 anni, che possono così mettersi in luce da giovanissimi e guadagnarsi presto la promozione in prima squadra.
Karim Adeyemi, Benjamin Sesko e Junior Adamu, tutti sotto i 20 anni, quest’anno giocano e segnano regolarmente per la prima squadra (Adeyemi 14 gol in campionato e 4 in Champions League) quando l’anno scorso giocavano con il Liefering.
E anche i vari Daka, Szoboszlai, Mwepu e via dicendo sono passati per il Liefering, diventando giocatori utili per la prima squadra prima ancora che succose plusvalenze.