Venti anni dopo, sarà ancora il derby di Milano a decidere la finalista di Champions League.
Per la terza volta nella loro storia, Milan e Inter si scontrano in Coppa dei Campioni: dalla semifinale del 2003 al quarto di finale del 2005, ha sempre sorriso il Diavolo.
Il Milan dei meravigliosi 20 anni fa iniziò il ciclo con Ancelotti in panchina, mentre due decenni dopo ecco i ragazzi di Pioli: meno roboanti nel gioco e nei nomi, ma capaci lo scorso anno di vincere uno Scudetto da sfavoriti.
Sfavoriti come lo sono stati in Champions, tra ottavi e quarti di finale: eppure i rossoneri hanno eliminato in serie Tottenham e Napoli. Con Istanbul sullo sfondo.
Una città e uno stadio, l’Ataturk, che provocano brutti ricordi nei pensieri dei milanisti: una notte turca, di cose turche. Eppure il Milan è lì, ad un passo dall’atto finale, con il secondo euroderby di fila che accende l’attesa.
Quali cose accumunano il Diavolo del 2003, con quello odierno? Poche cose all’apparenza, eppure qualcosa che lega quella squadra a quella di oggi l’abbiamo.
Vediamo nel dettaglio.
Il Milan dei meravigliosi
Il 2003 anno di grazia per il Milan: dopo 9 anni i meneghini tornano ad alzare la Champions League. Dal clamoroso 4-0 al Barcellona ad Atene, al trionfo ai rigori nel Teatro dei Sogni contro la Juventus.
A quella Coppa, i rossoneri aggiungeranno 72 ore dopo anche la Coccarda della Coppa Italia. Un bis di trionfi nel finale di una stagione che sembrava aver preso un’altra piega.
Ovviamente quel Milan è superiore in tutto e per tutto all’odierna formazione rossonera. Basti pensare ai vari Maldini, Costacurta, Nesta, Serginho, Seedorf, Gattuso, Pirlo, Ambrosini, Rui Costa, Rivaldo, Inzaghi e Sheva. Solo per citarne alcuni.
Eppure anche la squadra di Carlo Ancelotti non era la favorita in Champions: davanti ai meneghini venivano citati i vari Real Madrid, Barcellona, la stessa Juventus e lo United. E con la stagione odierna ci sono delle similitudini.
Diavolo incostante in campionato, con i bianconeri che prendono ben presto il largo, ma al tempo stesso rullo compressore in Champions League: due primi posti, nei due gironi di qualificazione. Poi Ajax eliminata all’ultimo tuffo nei quarti di finale e il derby della Madonnina che per sei giorni paralizzò Milano.
Un doppio pareggio che premia la banda di Ancelotti grazie alla rete in trasferta. Volo a Manchester e finale vinta contro la Juventus.
Giovani e forti: quel Milan lì stava gettando le basi per un ciclo di 5 anni che è valso il titolo di “Milan dei Meravigliosi“. Per merito dell’AD Adriano Galliani, che dopo il Milan degli Immortali di Sacchi e il Milan degli Invincibili di Capello, si rese conto per primo che la rosa a disposizione di Carletto era una fuori serie pronta a lasciare un segno indelebile nella storia: due Champions League, due Supercoppe europee, un Mondiale per Club, uno Scudetto, una Coppa Italia e una supercoppa Italiana.
Il Milan dei giovani
Sono passati 20 anni e tutto è cambiato alla velocità della Luce. Quello era il Milan di Berlusconi, oggi è il Milan di Cardinale: terza proprietà in sei anni.
Il Milan che non aveva problemi a spendere e spandere per assicurarsi i migliori giocatori del mondo: Galliani e Braida chiedevano e il presidente sborsava senza batter ciglio.
Poi sono arrivati i Petroldollari e contro quelli puoi fare poco, come ammise lo stesso cavaliere qualche anno fa. In quel preciso momento, con quella frase, il numero 1 del Diavolo fa capire a tutti che la sua epopea sta volgendo al termine.
20 anni dopo i meneghini hanno rimesso in sesto un bilancio che aveva le sembianze di Profondo Rosso: curate le perdite, estinti i debiti, Maldini, Massara e per qualche tempo Boban sotto lo sguardo di Gazidis hanno restaurato le casse del club.
Da una parte nuovi sponsor e nuovo appeal: dall’altra una nuova idea di calcio. Basta grandi nomi, ma giovani interessanti che un giorno potranno essere campioni.
Un percorso annunciato come non facile e lungo, ma che in realtà ha trovato subito lo squillo nella stagione precedente conclusa con il 19° Scudetto dei rossoneri, a distanza di 11 anni dall’ultima volta.
E nella stagione in corso, il Diavolo sta facendo una sorta di Level Up: fuori dai giochi per il bis tricolore, grazie anche ad un Napoli straripante, i meneghini hanno ribadito di avere un feeling speciale con la Champions League.
Partiti in sordina nel girone, dagli ottavi di finale in poi hanno cambiato pelle. Un fortino inespugnabile quello rossonero che ha saputo sovvertire il pronostico contro Tottenham prima e Napoli poi. Adesso l’EuroDerby con l’Inter.
Stefano Pioli al timone deve affrontare le paure e le incertezze di una sfida che in questa stagione ha regalato luci e ombre: dalla vittoria per 3-2 a Settembre in campionato, al ko per 1-0 senza appello nella sfida di ritorno. Nel mezzo il pesante 3-0 subito in finale di Supercoppa Italiana.
E poi, c’è Istanbul. Crocevia fra Asia e Europa, con le sembianze di un incubo da cancellare 18 anni dopo quella finale contro il Liverpool. La rivincita con i Reds è arrivata nel 2007 ad Atene, ma per chiudere i conti con il passato il destino sta dando un’occasione clamorosa a Giroud e soci.
20 anni dopo, le similitudini
Il Milan 2003 è nettamente più forte del Milan attuale. Non importa sottolineare oltre modo.
Ma ci sono delle similitudini tra i ragazzi di Ancelotti e quelli di Pioli.
Oggi come allora, i rossoneri non sono considerati favoriti. 20 anni fa tutti indicavano il Diavolo come una bella squadra per il futuro, ma non ancora pronta a vincere nel presente. Il campo smentì quelle tesi.
Idem per il Milan di Pioli: troppo acerbo da vincere uno Scudetto contro ogni pronostico. Troppo debole da mettere fuori causa Tottenham e Napoli nella discesa verso Istanbul.
Il Milan del 2003 era considerato troppo giovane per lasciare il segno, ma i vari Gattuso, Pirlo, Ambrosini e Abbiati in realtà avevano già imparato a vincere con l’Under 21.
Nel Milan di oggi il blocco italiano è meno nutrito di 20 anni fa e di trofei vinti, Scudetto a parte, non c’è traccia: ma come allora, la fame e la sete di vittorie possono essere l’ago della bilancia che può premiare il Milan.
Non dimentichiamoci della presenza di Ibra: ormai lontano dal campo, ma anima e psicologo di questi giovani alle dipendenze di Pioli. La mentalità e il Milanismo arrivano dallo Svedese nello spogliatoio e da Paolo Maldini dalla scrivania: uno che ha vinto 5 Champions League in 8 finali giocate.
Infine, non per ultimo, attenti ad Olivier Giroud: il francese in carriera sa come vincere da sfavorito. Ligue 1 con il Montpellier e soprattutto una Champions League con il Chelsea quando in pochi credevano nell’impresa dei Blues.
Il Milan c’è a modo suo in questa corsa verso la Coppa più ambita. Non sarà la squadra più forte, non avrà i crismi del Milan berlusconiano, ma ha voglia di riportare il Diavolo dove compete.
Il campo e il tempo ci diranno dove potrà arrivare la formazione di Stefano Pioli.