Si scrive Maurizio Mosca e si legge vulcanico giornalista con la passione per le opinioni.
Difficile sintetizzare un personaggio del genere in poche parole.
Giornalista, scrittore, opinionista, urlatore, casinista qualche volta, ma tutto legato da un filo conduttore che lo ha sempre portato ad amare il calcio sotto ogni punto di vista. Un personaggio così però o lo si ama, oppure non lo si ama. Divide, spacca, mette tutti e tutto contro, certe volte solo per il gusto di innescare la polemica.
Ecco, la polemica farà parte della sua vita, soprattutto nella parte finale della carriera. Quando il calcio cambia e in qualche modo cambia anche il giornalismo italiano verso questo nuovo eldorado dei mass media. Maurizio Mosca probabilmente lo ha recepito per primo questo cambiamento, con l’avvento delle TV che avrebbero superato la carta stampata nel racconto del gioco del pallone, in un paese come quello italiano, in cui il calcio è ragione di vita.
La carriera di Maurizio Mosca però, si divide tra un prima e dopo Zico. Prima del brasiliano una carriera spesa soprattutto alla Gazzetta dello Sport, dove il suo nome diventa familiare per i lettori. E poi dopo il fattaccio dell’intervista inventata, c’è la seconda vita di Mosca che nelle TV diventa l’uomo delle polemiche, delle sentenze, delle bombe di mercato, delle discussioni infinite e dei pronostici con il pendolino.
Ma chi è stato davvero Maurizio Mosca? Cerchiamo di capirlo
20 anni per la “Rosea”
Maurizio Mosca inizia fin da giovane a scrivere. Prima per “Milano Notte” e poi per la “Gazzetta dello Sport” nei primi anni ’60. Il calcio lo appassiona, lo stimola, lo fa sentire vivo, assieme alla Boxe.
Il pugilato è l’altro grande amore mai nascosto. Ma per Maurizio il gioco del calcio avrà sempre un posto speciale. Sulle pagine rosa della Gazzetta racconta e lascia opinioni che fin da subito dividono, ma rimane un giornalista molto apprezzato.
Non c’è quindi da stupirsi se la sua penna diventi una delle più importanti del giornale milanese, fino a diventare caporedattore della Gazzetta, assieme a dei “mostri sacri” del giornalismo italiano: da Gino Palumbo a Gianni De Felice, passando a Enzo Biagi, fino a raggiungere Candido Cannavò che qualche anno sarà il direttore della Gazzetta dello Sport.
Una carriera giovane e spumeggiante quella del buon Maurizio, ma lo spartiacque della sua carriera è davvero dietro l’angolo e si materializza nel 1983 con la sagoma di Zico.
Il “caso Zico” e l’allontanamento dalla Gazzetta
La Serie A degli anni ’80 è un mix di stelle e fuoriclasse senza precedenti. La vittoria del Mondiale del 1982 regala la spinta a tutto il movimento e non vi è un giocatore straniero affermato che non desideri giocare nel Bel Paese. Anche un brasiliano atipico come Zico non rimane immune al fascino del calcio italiano e nel 1983 veste i colori dell’Udinese, quando anche in Provincia si poteva sognare come a Milano, Torino o Roma.
Il nazionale brasiliano però non è uno che si concede ai microfoni e ai taccuini della stampa. Nonostante questa sorta di avversione, Maurizio Mosca in qualità di inviato della Gazzetta riesce ad ottenere un appuntamento con Zico per l’intervista.
E qui ci sono due versioni: Zico afferma di aver atteso un’ora in un Bar di Udine, assieme al giovanissimo compagno Massimo Mauro, l’arrivo di Mosca e dopo 60 minuti ha tolto le tende. Maurizio invece ha sempre affermato di aver fatto, non uno, ma ben due viaggi a vuoto verso Udine, con il brasiliano che ha sempre dato buca senza avvertire.
Sta di fatto che Mosca fa uscire un’intervista sulla Gazzetta che titola: “Platini non ti temo” e per voce dello stesso Zico.
Si scoprirà essere un’intervista mai fatta al campione dell’Udinese, ma solo in un secondo momento. Galeotto fu “Il Processo del Lunedì” condotto da Biscardi e con Mosca come opinionista. Qualche settimana dopo la pseudo intervista, ecco Zico in trasmissione e alla domanda dell’Aldone “nazionale”, da dove nasce l’amicizia con Mosca, Zico fredda tutti: “Non conosco questo signore e non ho mai rilasciato alcuna intervista al signor Mosca”.
È l’inizio della fine per Maurizio Mosca, almeno come giornalista della Gazzetta. Scoppia un caso che ha le sembianze di un terremoto, con Mosca sospeso dal giornale e poi licenziato.
Ma qui, chi attende la fine della sua carriera, sbaglia di grosso. Qui inizia il 2.0 della vita giornalistica di Mosca, che si dimostra un abile conoscitore non solo delle vicende del pallone, ma anche dei meccanismi comunicativi che girano attorno al calcio, anticipando prima di tutti l’importanza del mezzo televisivo e di un certo tipo di calcio parlato che avrebbe dominato poi i palinsesti delle tv private negli anni a seguire.
Mosca, l’istrione della Tv calcistica
Dopo il fattaccio con Zico, Maurizio Mosca viene scaricato e ripudiato da gran parte dei colleghi della carta stampata. Un sacrilegio imperdonabile il suo, a detta di molti e che invece lo proietta verso il futuro.
Come abbiamo anticipato in precedenza, Maurizio fu tra i primi a cogliere l’importanza della televisione e il proliferare di emittenti private, con la Fininvest in testa, apre un nuovo mondo da conquistare per il giornalismo. Anche per quello sportivo, con il gioco del calcio che ha un meraviglioso trampolino davanti a se.
Mosca sfrutta quel trampolino nel migliore dei modi e la sua nuova carriera diventa davanti alle telecamere. L’uomo dei due mondi del giornalismo, ma con una nuova verve. Un istrione che adesso parla e spazia su tutto il panorama calcistico. La polemica diventa il suo punto forte: dal Processo del Lunedì dove in certi casi oscura Biscardi, a volto di “Guida al Campionato” assieme a Sandro Piccinini, passando per la toga del “l’Appello del Martedì”, fino ad arrivare a “ControCampo”.
Dove si parla di calcio c’è Maurizio Mosca. E dove c’è Maurizio Mosca la discussione divampa. Dalla moviola agli allenatori che non convincono, dai flop calcistici alle liti con altri colleghi.
Mosca è uno tsunami per la TV del pallone. E non solo sulle reti del “biscione”, ma anche in Rai, a TeleMontecarlo e Tele+, senza dimenticare l’immenso acquario delle TV locali Lombarde, dove il nostro eroe detta legge.
Famosi i suoi pronostici con il pendolino ricchi di colpi di scena, specie sui match clou, passando per le bombe di mercato: alcune volte con un fondo di verità e altre solo per alzare lo share e far discutere gli sportivi.
Fra una “Piazza Aspromonte” e un nome e cognome da mandare alla polizia (Colombo e Marisa i suoi angeli custodi), Mosca diventa anche la forma più popolare del calcio in TV, con liti infinite che si rinnovano di settimana in settimana.
Dalla pallavolo che lo annoia perché sempre uguale (pur avendoci giocato da ragazzo in spiaggia, ndr), passando per gli ultimi 5 minuti delle gare di Basket, perché il prima non conta e soprattutto non fa discutere. Ancora una volta la polemica come attrazione quasi ossessiva del Maurizio Mosca 2.0.
Senza dimenticare ovviamente il leggendario siparietto al Processo del lunedì, assieme al regista Pasquale Squitieri e ad un furbesco Vittorio Sgarbi, aizzatore della polemica, con un sornione Biscardi che finge di placare gli animi.
Ma nonostante fosse diventato anche il bersaglio di quei “ragazzacci” della “Gialappa’s” nel leggendario programma “Mai Dire GOL”, tutti lo volevano in Televisione come opinionista. Biscardi e Piccinini su tutti.
Dietro quella maschera costruita sapientemente da lunatico istrione del calcio in Tv, Maurizio Mosca era sempre il competente giornalista che aveva mosso i suoi primi passi alla Gazzetta, con analisi comunque profonde e di spessore, salvo poi trasformarsi nell’uomo del pallone nelle case degli italiani. Con i suoi personaggi, con il suo stile, con le sue trovate, con i suoi modi spesso buffi, ma che piacevano a chi guardava da casa.
Un giornalista atipico insomma, come non se ne vedono più. Perché Maurizio era ed è ancora unico nel suo modo di essere. Lo dimostra che a 11 anni dalla sua scomparsa siamo ancora qui a palare di lui e a chiederci se anche lassù, il mai dimenticato Maurizio Mosca, riesca a far polemica fra gli angeli.