C’è un prima e un dopo nel Milan con la maglia numero 9.
Un prima fatto di campioni, gol, giocate eclatanti, record e molto altro ancora. Il dopo invece assume i contorni della notte, dove il buio domina e i lampi di luce sono davvero pochi per lasciare il segno nel club rossonero. Oggi vi parleremo della maledizione della maglia numero 9 al Milan: un tabù che dura dall’estate del 2012.
Nove lunghissimi anni in cui 10 attaccanti ci hanno provato a prendersi quella maglia, ma nessuno di essi ha potuto portare a compimento la fine della maledizione. Da Pato a Mandžukić, passando per Torres, Higuain e Piatek. Roba da perderci il sonno e adesso, nessuno sembra voler più quella maglia che per anni ha scritto pagine incredibili nella storia del Milan.
Quando la 9 era sinonimo di grandezza
La maglia numero 9 del Milan, fin dal 1899 è stata sinonimo di grande attaccante. Soprattutto nell’era Berlusconiana, con Marco Van Basten su tutti. Il cigno olandese, al netto degli infortuni, divenne il simbolo per eccellenza con la nove del Milan: in Italia, in Europa e nel Mondo.
Nei lunghi e frequenti periodi di infortunio dell’attaccante olandese, la 9 è stata contesa da un manipoli di bomber che a modo loro hanno lasciato il segno. Pietro Paolo Virdis decisivo nella vittoria dello scudetto 1987-88 e autore di una pesante doppietta in Napoli – Milan 2-3 che valse il sorpasso della truppa di Sacchi su quella di Bianchi.
Daniele Massaro, l’uomo della provvidenza che con Capello conobbe una seconda giovinezza, fino a diventare l’uomo della Champions nella notte di Atene in cui il Diavolo strapazzò il Barcellona.
E che dire di Marco Simone? Partiva sempre in seconda fila ad inizio stagione, per poi firmare gol di importanza capitale, come quello segnato in Coppa Campioni al Malines nei supplementari che fece dire a Bruno Pizzul in diretta: “Marco Simone segna il Gol della vita”.
Non sono poi mancati numeri 9 che all’occorrenza si sono fatti trovare pronti pur giocando poco. Il compianto Stefano Borgonovo regalò la seconda finale di fila al Milan di Sacchi con quel magnifico pallonetto a Monaco di Baviera. Anche Aldo Serena a fine carriera e Massimo Agostini alias il Condor hanno vestito la maglia numero 9 e qualche soddisfazione se la sono tolta.
Stessa cosa per Papin che però nelle gerarchie di Capello non avevo sempre un posto fisso nell’attacco del Milan. A metà anni novanta, con l’introduzione delle maglie personalizzate, la maglia numero 9 divenne il simbolo di George Weah: primo giocatore africano a vincere il pallone d’oro, vinse due scudetti con il Milan a suon di gol.
Infine nel 2001, il giocatore perfetto con la maglia numero 9, vale a dire Filippo Inzaghi. Per 11 anni ha riscritto le gerarchie e i record in casa Milan, duellando con Raul per il primato di gol Europei e trascinando due volte il Milan alla vittoria in Champions League. In tutto 300 presenze con la maglia rossonera e 126 reti. Dal suo addio e timbrato con la rete al Novara, la maledizione si è abbattuta sul numero 9.
Pato e Matri
In principio fu Pato. Nella stagione 2012-2013 il “papero” brasiliano cerca la definitiva consacrazione con il Milan. Arrivato 18enne cinque anni prima, la sua storia al Milan si è consumata fra alti e bassi. Giocatore dalle doti straordinarie, ma con muscoli di burro. L’avvio in quella stagione è pessimo, il proseguo è ancor più abulico e così a gennaio il Milan lo vende definitivamente in Brasile. Il Milan partito con Pazzini, aggiunge anche Mario Balotelli in attacco e guidato da Allegri in panchina centra la rimonta per la zona Champions.
La stagione seguente la maglia numero 9 va ad Alessandro Matri. Nato e cresciuto nel settore giovanile rossonero, Matri aveva girovagato soprattutto in provincia, dando anche un dispiacere grosso allo stesso Milan con la rete del definitivo 1-1 in Milan – Juventus passata alla storia per il gol non convalidato a Muntari. Durerà sei mesi il suo ritorno alla base, prima di essere nuovamente ceduto, guarda caso dopo l’esonero di Allegri che lo aveva allenato ai tempi del Cagliari.
Torres e poi Destro
La stagione 2014-15 sembra iniziare sotto altri auspici per il Milan. Pur con un netto ridimensionamento del budget da parte di Berlusconi che ormai sembra aver messo in vendita il Club, il fido Galliani prova il colpo da “Condor” e porta a Milanello Fernando Torres. L’ex bomber di Atletico Madrid, Liverpool e Chelsea, cerca l’ultimo acuto di una carriera straordinaria ma su cui pesano diversi infortuni. E infatti mette assieme appena 10 presenze con una rete, prima di essere rispedito in Spagna a gennaio.
Sempre nello stesso mese Galliani prova a mettere la toppa al buco: si assicura uno degli attaccanti italiani più giovani e ambiti della Serie A. Mattia Destro dalla Roma passa al Milan, con Galliani immortalato dalla stampa mentre suona al campanello di casa dell’attaccante. Un episodio bizzarro e che genera molto ilarità nei confronti del “geometra” rossonero.
Destro arriva a Milano e incurante della maledizione che ormai serpeggia sulla maglia numero 9, decide di prenderla dallo stesso Torres appena ceduto. 15 presenze e solo 3 gol.
Luiz Adriano e Lapadula
Il campionato 2015-2016 vede un Milan sempre più spento nel mercato, ma Galliani prova ancora una volta a pescare un brasiliano che gioca in Ucraina. Ecco Luiz Adriano che dallo Shakthar approda sulla sponda rossonera, dopo aver fatto le fortune di Lucescu con 77 gol in 162 partite. Ma il sudamericano non impatterà mai a modo nella storia rossonera e con appena 4 gol in 33 gare con la numero 9 sulle spalle.
L’estate del 2016 è l’ultima con Berlusconi al comando e Galliani a dirigere il mercato rossonero: nell’aprile successivo il Milan passa in mani cinesi. È il giovane Milan di Montella e così ecco il bomber dell’ultimo campionato di Serie B, Gianluca Lapadula che ha fatto le fortune del Pescara nel campionato cadetto con 30 reti. Metà italiano e metà peruviano (attualmente gioca per il Perù), sceglie senza paura la maglia numero 9. Quel Milan lì alzerà l’unico trofeo vinto negli ultimi 10 anni, soffiando ai rigori la Supercoppa alla Juventus.
Su Lapadula bisogna dire che il popolo rossonero, rispetto agli ultimi numeri 9, lo ha apprezzato e amato. Per la garra messa in campo e per alcune reti di grande importanza in quel momento. La sua avventura però si chiuderà dopo appena una stagione, con 8 reti a fronte di 27 presenze. Diciamo il miglior numero 9, dopo anni difficili.
Il caso André Silva
La stagione 2016-17 vede non solo una nuova presidenza al timone del Milan, ma anche una nuova dirigenza, con l’accoppiata Fassone – Mirabelli che costruisce la truppa di Montella.
Per l’attacco i rossoneri fanno allin sulla giovanissima punta del Porto André Silva. Il lusitano è reduce da 17 gol con maglia biancoblu e con i suoi 21 anni il Milan decide di portarlo sulla sponda del Naviglio. Lui ovviamente sceglie la numero 9 come maglia e il bottino sarà a dir poco nefasto. 24 presenze, 2 reti e parecchi insulti di San Siro.
Nella stagione seguente il Milan lo cede in prestito al Siviglia, ma 9 reti in 27 match non bastano per avere la riconferma. Torna al Milan e trova tutto cambiato: il fondo Elliot si è ripreso il club dalle mani del presidente cinese, con Maldini, Leonardo (poi Boban) e Massara al posto di Mirabelli e Fassone. Il lusitano capisce che non c’è posto per lui al Milan e dopo la prima di campionato, viene spedito a Francoforte in Bundesliga, mentre compie il viaggio inverso Ante Rebic.
In terra tedesca il portoghese dimostra di ritrovare la vena realizzativa mostrata ad Oporto. Nella prima stagione aiuta il club nella bagarre per la salvezza e nella seconda accarezza a lungo il sogno della Champions: guarda caso svanito con l’infortunio dello stesso Silva. Per lui 40 reti in 57 gare. La 9 a Francoforte porta bene.
Dal pipita al pistolero, fino a Marione
Il 2018-2019 è il campionato di debutto per Paolo Maldini come dirigente del Milan. Un matrimonio quasi naturale. L’ex capitano, assieme a Leonardo, fa allin in attacco su Gonzalo Higuain in uscita da una Juve che si è assicurata Cristiano Ronaldo.
L’argentino è un campione assoluto e che infiamma il popolo rossonero. Sceglie la 9 e con lui sembra che la maledizione possa svanire. Segna 6 reti in campionato e tre in Europa League, ma allo scoccare del capodanno succede qualcosa di imprevedibile.
Un paio di prestazione sottotono hanno portato il DG Leonardo ad una critica aspra in conferenza stampa. Il pipita mostra chiaramente di non gradire quelle parole e stimolato anche dai continui inviti di Sarri al Chelsea, l’ex Napoli e Juventus a Gennaio saluta il Milan con destinazione Londra. Il diavolo incassa il colpo, ma non sta certo a guardare e così si assicura il bomber del Genoa Krzysztof Piątek, il quale è andato a segno 13 volte in 19 gare.
I primi 6 mesi sono da favola per il polacco al Milan, con Gattuso che gongola e con la maglia numero 19, a testimonianza che con altri numeri si può fare bene. L’ex Genoa segna 10 volte in 15 gare e solo per un punto il Milan manca la qualificazione alla Champions League. Il peggio però è dietro l’angolo, con la maledizione che colpisce inaspettatamente, visto che il Piatek sceglie la 9. La truppa rossonera cambia allenatore e con Giampaolo in panchina il giocatore appare smarrito e spuntato. Appena tre reti e a Gennaio, Paolo Maldini fa saltare il banco: il polacco va a Berlino e al Milan torna Ibra.
Il campione svedese saluta gli USA e giunto al Milan si prende la 11 onde evitare ogni problema. Segna a raffica, fa segnare anche i compagni e la squadra passata nelle mani di Pioli vola nel post lockdown con una rimonta che getta basi solide sulla stagione seguente.
L’ultimo campionato si apre con nessun giocatore del Milan che si prende la maglia numero 9: nemmeno il primavera Colombo si lascia attrarre da quella maglia. Fino a Gennaio, quando un diavolo falcidiato dagli infortuni si affida all’eterno Mario Mandžukić.
Il croato prende la 9 e su di lui si abbatte la sventura dopo appena due settimane. Infortuni a raffica, con lo stesso giocatore che al termine della stagione prega il Milan di riprendersi gli stipendi di marzo, aprile e maggio: un autentico signore. Sta di fatto che mette assieme appena 10 presenze che tradotti in minuti fanno poco più di 200. Con zero reti.
Non sappiamo chi arriverà alla corte di Pioli come vice Ibra. Ma chiunque sia, la speranza dell’ambiente è che non scelga la 9. Vero che prima o poi la maledizione deve finire, ma al Milan sanno quanto possa essere sfortunata quella maglia.