Le maglie da calcio sono simboli dei ricordi. Di dov’eravamo, cos’eravamo, quando eravamo così felici nel vedere i soliti colori scorrere lungo i televisori o allo stadio, coi cuori impazziti per i giocatori idolatrati.
Nel tempo, certo, sono cambiate. Un po’ come tutto, un po’ come tutti. Ma il bianco e il nero della Juventus ha accompagnato generazioni senza mai perdersi, mano nella mano. Lo stesso si può dire del nerazzurro dell’Inter, del rossonero del Milan, dell’azzurro del Napoli. E così via, via verso una storia di vittorie, sconfitte, depressioni ed esaltazioni. Via verso la solita magia del calcio: ogni anno è una traiettoria imprevedibile, che muore esattamente nel momento in cui rinasce. Dando nuove speranze lì dove sembravano essersi smarrite.
Ecco, la Juve degli anni Ottanta era un po’ così: altissimi, bassi, giocatori formidabili e altri di passaggio. All’inizio di quella decade, però, chi vestiva il bianco e il nero si preparava ad avere i gradi di leggenda.
È stato così per i vari Causio, Tardelli, Cabrini. Per Gaetano Scirea e Dino Zoff, in particolare. E poi per Paolo Rossi, aspettato e coccolato, decisivo per il Mondiale del 1982. Infine, per Michel Platini. Ma dove nacque l’epopea (forse) più bella della storia juventina? Nel 1979. Giovanni Trapattoni in panchina, Giampiero Boniperti in ufficio. Al Comunale si era vista una squadra tutta italiana, capitanata da Beppe Furino.
La maglia della Juventus 1979-1980
In tanti hanno nel proprio cuore quella maglia semplice eppure meravigliosa, unica nel suo genere. Il fornitore ufficiale di quella stagione fu Kappa, che disegnò quattro divise per l’occorrenza, due per i giocatori e due per il portiere.
Una semplice casacca bianconera, con colletto aperto e il simbolo della Coppa Italia appena vinto, ad altezza cuore. Sullo stemma del trionfo, la stella del decimo scudetto. Per la prima maglia, scelti pantaloncini e calzettoni bianchi. La seconda divisa da gioco era invece blu, con le maniche e il colletto bianchi e neri. Per il portiere, divisa grigia e pantaloncini neri se la squadra giocava in casa; in trasferta, maglia verde prato e pantaloncini neri.
In quella stagione, la Juventus arrivò seconda in campionato e si qualificò in Coppa Uefa. Semifinalista in Coppa Italia e Coppe delle Coppe. Quest’ultima, svanita a causa di Liam Brady, all’epoca all’Arsenal.
La maglia della Juventus 1980-1981
A proposito di Brady: nel 1980-81, c’è la riapertura delle frontiere, ossia la possibilità per i club italiani, dopo 14 anni, di poter tesserare nuovamente calciatori stranieri, uno per squadra. I bianconeri puntarono proprio sull’irlandese, che indossò fieramente la maglia numero 10. Vincendo il campionato da capocannoniere, arrivando però in semifinale di Coppa Italia e uscendo addirittura ai sedicesimi di finale in Coppa Uefa (contro i polacchi del Widzew Lodz).
E le maglie? Non cambiarono poi di molto: non c’era più la coccarda tricolore, la differenza si fece notare soprattutto nel colletto e nella scollatura a “V” della casacca, con bordo nero più largo. Una particolarità era la stella: si alternarono due tipi di “simboli”, una stella più piatta e successivamente una stella più voluminosa.
Ancora gestita dalla Kappa, fu innovativa la scelta della seconda maglia: ancora blu, anche se più leggero. Venne utilizzata in poche partite, tutte in trasferta.
La maglia della Juventus 1981-1982
Oh, ecco intanto gli sponsor. La Juventus firma un accordo con Ariston e il logo si piazza proprio al centro della casacca. Il 20 agosto, nell’amichevole con l’Arsenal, i bianconeri si ritrovano esattamente come si erano lasciati. Con scritta bianca su sfondo nero, con tanto di scudetto cucito sul petto e sovrastato dalla stella. Il motivo? Forse un errore: lo scudetto veniva posto a sinistra della stella e non sotto, ma la scelta durò poco, pochissimo tempo. Alla prima di campionato è già tutto normale.
La seconda maglia è ancora blu e praticamente uguale a quella della stagione precedente. Cambiano i bordi e le maniche: sono bianconeri. E’ la maglia dell’esordio di Paolo Rossi alla Juventus, il 2 maggio 1982, poco prima del Mundial. E giusto in tempo per uno storico scudetto, firmato Brady a Catanzaro.
La maglia della Juventus 1982-1983
La maglia de Le Roi Platini, per sempre. Soprattutto, quelle delle due stelle, incastrate nello scudetto, a giganteggiare sulla stessa casacca. Trapattoni cambia tutto, prendendo Platini e Boniek; ma le maglie non si toccano. Sono, infatti, leggermente più piccole e ancora con lo sponsor Ariston, ricamato nella trama della maglia. La seconda maglia resta blu, con colletto e maniche bianconere. La particolarità riguarda infatti solo le stelle, più piccole e “inscatolate” nel logo dello scudetto.
In quella stagione, la Roma vincerà il tricolore, scucendolo dal bianconero. Ma la Juve si consolerà con una Coppa Italia, prima di perdere una finale incredibile di Coppa Campioni contro l’Amburgo…
La maglia della Juventus 1983-1984
Ed ecco che infatti torna, la coccarda della Coppa Italia. In una squadra cambiata e rinnovata, i bianconeri si ritrovano sempre con due stelle, che cambiano però nel tempo: dapprima sono cucite sul petto, sopra la coccarda; dalla decima giornata, contro la Roma campione d’Italia, vengono ridimensionate e incastrate in una scatolina al di sopra della stessa coccarda.
Il logo Ariston si allarga e si allargano anche i numeri sulle spalle dei giocatori: scritta bianca su sfondo nero, ma molto più grande. Il motivo? Proprio Platini aveva chiesto questa modifica: indossava sempre la maglia fuori dai pantaloncini, così da slanciarlo.
Cambio drastico anche nella seconda maglia: via il blu, ecco il giallo (ma con bordi blu), In quella stagione, tornerà lo scudetto e arriverà anche la Coppa delle Coppe. In testa, ovviamente, la rivincita attesa in Coppa dei Campioni.
La maglia della Juventus 1984-1985
A primo impatto? Lo scudetto. Enorme. Sulla maglia ancora bianconera e stavolta tornata “minimal”. Il campionato è un vanto ed è come quello del 1983, cioè inscatolato in un tutt’uno con le due stelle, cucite sul petto, più piccole e sottili. Durante la stagione non ci sono variazioni, a parte lo sponsor Ariston, che varia di grandezza a seconda di come viene cucito.
Come seconda maglia, la Juve non cambia nulla: ancora giallo con colorazioni varie blu. In quella stagione arrivò la tragica vittoria in Coppa dei Campioni, con il ricordo ancora vivo dell’Heysel, oltre a una Supercoppa Europea vinta ancora contro il Liverpool.
La maglia della Juventus 1985-1986
Cambia tutto, non il Trap. Via i loghi tricolori: la Juve non aveva vinto nulla in Italia, conservava allora solo la scatolina con le due stelle, indizi degli oltre venti titoli italiani conquistati. Cambia però lo sponsor: ricamato e più largo.
Nulla di diverso nella seconda maglia, ancora gialla con colorazioni blu. Sarà un anno importante, a dispetto dei pochi cambiamenti: la Juventus batterà la Roma nella volata finale scudetto. Conquistando il titolo numero 22.
La maglia della Juventus 1986-1987
È l’ultima di Michel Platini. Ed è l’anno della vittoria del Napoli. Lo scudetto torna sulla casacca bianconera, ancora con le due stelle inscatolate, ma con una figura più stretta e più elegante. Cambiano ancora le dimensioni dello sponsor Ariston, stavolta raddoppiate. Resta lo sponsor Kappa, che crea due tipi di maglie bianconere: una con la striscia bianca centrale e l’altra con la striscia nera centrale, da utilizzare prevalentemente per le sfide europee. A volte, la Juve le ha utilizzate anche per i match di campionato.
La seconda maglia resta gialla ed è uguale a quella dell’anno precedente. Sarà seconda in campionato, nulla da fare contro il Napoli di Maradona; in Champions, eliminazione con tanto di proteste al Bernabeu: vinse il Real Madrid.
La maglia della Juventus 1987-1988
Iniziano gli anni più duri. E ricomincia, il 1987, nuovamente con Rino Marchesi in panchina. La Juventus non ha loghi sulla maglia ed è un mesto risveglio, quello senza Platini (ma con Ian Rush). È il novantesimo anno della Signora, così per le maglie si decide di fare qualcosa di innovativo: maglia rosa con colletto bianco, pantaloncini e calzettoni neri. Era la stessa indossata nelle prime uscite del club. E i bianconeri la utilizzato contro l’Avellino, proprio in occasione dell’anniversario.
La prima maglia resta invariata rispetto all’anno precedente, non cambia nulla in termini di stile e di colori; ancora una volta, la seconda divisa è gialla, con colorazioni blu. In quella stagione, i bianconeri arrivano addirittura sesti in classifica: Marchesi saluterà, proprio come Rush.
La maglia della Juventus 1988-1989
È il ritorno della Juve, stavolta con Dino Zoff in panchina e Gaetano Scirea come suo vice.
È l’anno dell’arrivo di Zavarov, che non manterrà le promesse, ma anche quello di Rui Barros, fondamentale. Ed è l’ultimo guizzo bianconeri degli anni Ottanta. Cioè? L’ultima maglia in cotone, dal 1989-1990 saranno infatti in sintetico, più lucide e… ancora più bianconere. La prima maglia non cambierà poi così tanto dalla stagione precedente, ancora le due stelle “inscatolate” e ancora la scritta Ariston cucita e sempre più grande.
Già nell’estate del 1988, il club prova a inserire le divise in sintetico, che vengono però mal tollerate dai calciatori, almeno inizialmente. Ancora una volta, divisa da trasferta in giallo con colorazioni blu. Zoff porterà questa squadra (e queste maglie) al quarto posto.