La nostra Nazionale di calcio vive – e si alimenta di – uno strano paradosso: se infatti l’Europeo vinto nel 2021 (Euro 2020) è stato appena il secondo successo della nazionale maggiore (l’altro è datato 1968) nella competizione continentale, la nazionale ‘minore’ U21 – gli azzurrini – ha trionfato ben cinque volte nello stesso torneo (nato con questa formula nel 1978), al netto di sette finali disputate.
Il numero, già impressionante, è ulteriormente glorificato considerando l’arco di tempo di quei successi: appena 12 anni, dal 1992 al 2004. A quest’anno risale anche l’ultimo successo degli azzurrini nella competizione, il che la dice lunga – a contrario – sulla fase ‘contemporanea’ del nostro calcio. Riuscite a ricordarvi i protagonisti di quel trionfo?
La squadra
Partiamo dall’allenatore, intanto: il campione del mondo nel 1982 Claudio Gentile. “Dopo la sconfitta contro la Bielorussia [nella prima giornata, ndr] mi sono detto: ‘O arriviamo fino in fondo o ce ne torniamo subito a casa’. Non molti credevano in noi dopo la prima uscita, ma questa squadra non si arrende mai e lo ha dimostrato. Abbiamo tenuto duro e ne è valsa la pena”, dirà a titolo ormai acquisito.
La ‘sua’ nazionale era composta di giocatori già forti e protagonisti coi rispettivi club, ma anche di talenti che all’epoca facevano presagire un futuro più roseo di quel che sarà. Tra questi ultimi, è bene fare qualche nome di rilievo: Amelia, tra i pali. Moretti e Zaccardo, dietro. Brighi a centrocampo, con la 10. E poi Sculli, autore di una doppietta alla seconda giornata contro Serbia e Montenegro, ma anche D’Agostino, il mancino con la 21 che stregò mezza Europa – compreso il Real Madrid, quando vestirà la maglia dell’Udinese.
Ma la forza di quell’Italia era il gruppo, come giustamente affermato da Gentile. Se guardiamo ad altre selezioni U21 (quella del 1994, ad esempio), ci viene la pelle d’oca.
Questa nazionale, di giocatori forti forti ne aveva forse tre: Barzagli, De Rossi e Gilardino. Per il resto, tutti buoni o addirittura ottimi giocatori, ma ancora ‘da fare’. Molto, come detto, dipese dallo spirito. Un fattore evidentemente non di secondo piano, soprattutto in ottica nazionale – c’era ancora quel fascino proprio della maglia azzurra, non solo viatico e privilegiata vetrina, ma punto di arrivo per la carriera di un calciatore nato in questo paese.
Il cammino
Non si spiegherebbe altrimenti quel cammino, davvero epico. Alla sconfitta con la Bielorussia (in gol Alexander Hleb, poi leggenda dell’Arsenal e centrocampista di qualità nel miglior Barcellona della storia) seguirono le vittorie contro Serbia (doppietta Sculli, come detto) e Croazia (De Rossi al 21’) nel girone, e quelle contro Portogallo (3-1, con doppietta di Gilardino e gol di Pinzi) in semifinale e Serbia e Montenegro in finale (3-0 senza storia).
La finale si disputò a Bochum, nel Ruhrstadion: una profezia benaugurante rispetto a quanto capiterà appena due anni dopo, con l’Italia di Lippi sul tetto del mondo. Davanti a un pubblico di tutto rispetto (20.000) per la maggior parte riempito da una fiumana azzurra (almeno metà stadio appare di questo colore, anche dalle immagini dell’epoca), l’Italia domina dal 1’ al 90’ minuto di gioco. Il gol dell’1-0 lo sigla Daniele De Rossi (al 32’) con uno stacco imperioso da corner – di Donadel. Dopo due minuti, Nikola Mijalovic commette un fallo da ammonizione sulla bella discesa laterale di Mesto, beccandosi il rosso per somma di cartellini. Gli azzurrini però non riescono ad approfittarne: Gilardino si divora un gol su bell’assist di De Rossi, e si va così a riposo sull’1-0.
Nella ripresa l’Italia di Gentile gestisce aspettando il momento giusto per chiuderla, e quel momento capita sul piede destro di Bovo, dopo una respinta tutt’altro che perfetta del portiere serbo-montenegrino Milojevic.
Siamo all’83’. Due minuti dopo il subentrato Del Nero disegna un assist al bacio per Gilardino, che scarta il portiere e fa 3-0, siglando il suo quarto gol nella competizione. Un fallaccio di Branislav Ivanovic su Del Nero, poi, farà chiudere addirittura in 9 uomini la formazione allenata dallo spagnolo Cantalejo. L’anno dopo, quella formazione – divisa in Serbia e Montenegro – non esisterà più.
Gilardino vincerà il premio di miglior giocatore del torneo UEFA, e Daniele Bonera alzerà al cielo il quinto titolo degli Azzurri agli Europei U21. Da quel giorno, 8 giugno 2004, stiamo ancora aspettando il sequel.