Negli ultimi quindici anni, la Lazio è – dati alla mano – la seconda squadra in Italia per trofei vinti dopo la Juventus: non ha vinto, come i bianconeri, lo Scudetto, ma ha comunque messo in bacheca tre Coppe Italia, nelle stagioni 2008-2009, 2012-2013 e 2018-2019 e tre Supercoppe italiane nel 2009, nel 2017 e nel 2019. Ottimi risultati sono arrivati anche in Primavera, dove la Lazio ha vinto il Campionato (con Inzaghi allenatore) nel 2012-13, due Coppe Italia Primavera nel 2013-14 e nel 2014-15 e una Supercoppa Primavera nel 2014.
Per un club che storicamente non è un colosso, almeno a livello di risultati, la carrellata di successi vieppiù esposta non è cosa da poco. Eppure, il rapporto di Claudio Lotito, il patron del club dal 2004, con i tifosi, si è andato deteriorando anno dopo anno e, nonostante ciò che si vocifera in questi giorni, con una Lazio in grande spolvero, la protesta non va confusa affatto coi risultati.
Basti pensare alla confessione dell’autista di Lotito, risalente a qualche anno fa ma sempre valida sotto il profilo esplicativo: «Tu lo vedi [Lotito] così, spavaldo. E puoi farti anche un’impressione sbagliata. Ma il presidente è un uomo generoso che subisce da anni un’aggressione vile. Lui si difende. Se la Lazio fosse Alitalia adesso Lotito sarebbe un eroe nazionale. Abbiamo vinto la Coppa Italia (2013, ndr), abbiamo battuto la Roma. Mica una partita qualsiasi. Eppure, mentre si festeggiava la vittoria, allo stadio, ci hanno buttato le monetine addosso».
Un episodio profetico. La Lazio che riinizia la stagione dopo quel trionfo, infatti, appare stanca e a fine ciclo. Petkovic vorrebbe andare via, ha dato già molto, ma Lotito lo obbliga a rimanere alla Lazio contratto alla mano. Lui andrà via dopo un inizio di stagione disastroso, un grande classico in casa Lazio: dopo un anno a buoni – e persino ottimi, si pensi al secondo posto con Sarri nel 2023, o al quarto posto con Inzaghi nel 2020 – livelli, segue sempre una stagione maledetta, diciamo maledetta. La realtà è che il patron, timoroso di fare il salto – non tanto mentale, ma economico, quindi anche mentale –, si adagia sui buoni risultati ottenuti: una strategia che costringe il tifoso della Lazio a un’aspettativa bassissima sulle ambizioni societarie, sempre di là da compiersi realmente.
Nessun tifoso contesta a Lotito di non poterci provare, perché il tifoso conosce le disponibilità societarie e la filosofia (del risparmio, che però fa essere la Lazio uno dei club più in salute del campionato italiano) di Lotito: ciò che il tifoso contesta è di non volerci provare, magari affidandosi a un fondo esterno, a un’entrata ulteriore che con una piccola percentuale potrebbe aiutare molto il patron amatriciano – si pensi al caso Percassi, per intenderci.
Ma la ragione del conflitto non è solo questa.
Lotito ha anche un modo di fare che lo distanzia anni luce da quello dell’essere laziale, dalla lazialità che fa dell’educazione e del rispetto, dell’eleganza dialettica, i suoi baluardi fondativi – non a caso, forse, Lotito si richiama spesso a questi valori, proprio perché li insegue senza conoscerli davvero.
Le affermazioni negli anni si sprecano, una vale sulle altre, a mo’ di esemplificazione: “I tifosi della Lazio me facessero ‘n malloppo de bo***ini”. Così rispose, per inciso, ai giornalisti che gli chiedevano il perché della grandiosa contestazione datata febbraio 2014, a dieci anni dalla rilevazione societaria e dieci anni prima, curiosamente, dell’altra mastodontica contestazione, a giugno di quest’anno, per le strade di Roma (partecipata da almeno 10.000 tifosi, che hanno chiesto a gran voce la cessione della società).
Oltre a questo, che è il sentore della gente comune, del tifoso in senso lato, va poi ricordata la battaglia di Lotito al tifo organizzato, certo composto da personaggi non sempre ortodossi ma anche di semplici ultras vecchio stampo, non per questo criminali.
Nel 2015 Lotito ha vinto la causa contro gli Irriducibili, accusati di estorsione: negli arresti sono finiti i nomi di Toffolo, Alviti, Arcivieri e Piscitelli, quel Diabolik di cui Lotito, anche a cinque anni dalla scomparsa, ricorderà ironicamente il primo incontro ravvicinato: «Io sono stato il primo ad assumere una posizione molto chiara nei confronti degli Ultras, ho fatto una scelta di campo: fra consenso e legalità ho scelto la legalità, con le conseguenze che ne sono derivate per la sicurezza personale e della mia famiglia. Ancora oggi vivo sotto scorta», ha detto all’inizio dell’intervista.
«Sono scampato a bombe e ogni tentativo di intimidazione, ho dovuto rafforzare la mia sicurezza perché ho arginato il business delle curve. Mi ricordo ancora quando incontrai quattro tifosi della Lazio a piazza Cavour, davanti al cinema Adriano. Si presentarono quattro persone e uno di questi, pace all’anima sua, era Diabolik. Piscitelli si presentò e mi disse “presidè, buonasera, io sono Diabolik”. Lo guardai e gli risposi “buonasera, ispettore Ginko”. Diabolik mi chiese se stavo scherzando. No, gli risposi. E dissi “io sto dalla parte delle guardie”».
Il Lotito-pensiero rimane solido, nonostante la contestazione – alla quale risponde, quando allo stadio si levano cori contro di lui, con un movimento ondulatorio e provocatorio delle mani, a mo’ di direttore d’orchestra. Lotito da anni promette ai tifosi la costruzione dello stadio, meglio la ristrutturazione dello stadio Flaminio, casa dei tifosi laziali. Ma per ora, nulla di fatto.
La società rimane gestita da pochi eletti, e non vuole ampliarsi. La stessa scelta di Baroni, che oggi viene esaltata, è stata giustamente criticata dai tifosi in estate, i quali hanno visto nella triade panchinara Sarri-Tudor-Baroni, appunto, un palese ridimensionamento (per non parlare dei dolorosi addii dei simboli biancocelesti negli ultimi anni). A tale proposito, cosa dire ancora del trattamento riservato a giocatori come Lulic, Ledesma, Zarate, Di Canio, e via discorrendo, autentiche leggende della Lazio, mai salutate a dovere, mai chiamate a ricoprire incarichi importanti (è capitato con Peruzzi, è durato molto poco) in società nonostante il loro attaccamento alla maglia?
Insomma, le ragioni per contestare Lotito ci sono tutte, ma il patron per ora può ancora aggrapparsi ai buoni risultati della Lazio, squadra stabilmente in Europa e che quest’anno sembra aver a disposizione anche una rosa più profonda degli scorsi anni (anche se al ribasso). Il futuro dirà di più sull’esito di questa dialettica, ma i tifosi della Lazio la loro scelta l’hanno già fatta, e da tempo.