La Roma ha vinto tutte e tre le partite da quando in panchina è arrivato Daniele De Rossi, contro avversarie certo abbordabili ma un po’ tutti hanno visto un cambio di atteggiamento della squadra. In particolare si è segnalato Lorenzo Pellegrini, un giocatore che pare avere nel destino un rapporto difficile con la tifoseria romanista. Che è la sua tifoseria, della città in cui è nato e della squadra per cui ha sempre tifato. Ma forse, col nuovo tecnico, qualcosa può cambiare.
Lorenzo Pellegrini e la difficoltà di essere romano e romanista
In generale non provo particolare simpatia per le frasi del tipo “vincere uno scudetto a Roma (o a Napoli) vale X volte vincerlo altrove”, ma nascondono un fondo di verità. La verità non è però tanto legata a lobby di potere che portano i successi altrove, quanto a una certa difficoltà intrinseca dell’ambiente. Una difficoltà nel creare le premesse stesse per la vittoria, da intendere nella facilità con cui riesce a farsi del male da sola: esaltandosi eccessivamente nei momenti positivi e, per contro, seminando presto veleni a ogni segnale negativo.
Dunque, per massima sintesi, fare calcio a Roma non è semplice. Fare il calciatore della Roma lo è ancora meno. Fare il calciatore della Roma essendo di Roma è ancora più difficile. Esserne capitano è una complicazione in più. Esserne capitano dopo leggende viventi come Francesco Totti e Daniele De Rossi è quasi una “mission impossible”, che Lorenzo Pellegrini prova a portarsi sulle spalle da ormai diversi anni, con alterne fortune.
Che poi è davvero un paradosso, se ci si riflette. Quale sogno di bambino appassionato di calcio può essere più dolce, di quello di diventare capitano della squadra della propria città, che è anche squadra del cuore? Nessuno, ma il fardello che ciò comporta è una complicazione notevolissima. Pensando ad altri capitani giallorossi del passato, tralasciando il povero Ago Di Bartolomei che aveva altri tipi di tormenti interiori, non fu semplice nemmeno per un’altra istituzione della romanità come Giuseppe Giannini. Il “principe” passò molti momenti difficili, proprio per quel surplus di pressione che comportava l’essere capitano della Roma, da romano.
Anche Totti e De Rossi hanno avuto momenti difficili, più legati a questioni di vita privata che di campo. In tal senso, sia l’uno che l’altro sono stati più protetti e coccolati che criticati, e ci mancherebbe altro: talenti come quello del Pupone nascono una volta ogni mai, e anche “Capitan Futuro” è stato un calciatore moderno, eclettico, memorabile.
Le “colpe” di capitan Pellegrini
Lorenzo Pellegrini ha sempre avuto del talento, ma da quando è tornato alla Roma (dopo la parentesi del Sassuolo in cui è diventato “grande”) è stato spesso, spessissimo, criticato. La sua colpa è forse di non essere Totti, o non avere una personalità forte come quella di De Rossi, ma siamo davvero vicini all’autolesionismo collettivo.
Una pressione come questa può essere un deterrente per qualsiasi carriera. A ciò si aggiungano anche critiche varie ed eventuali, in buona parte inventate come quelle legate al mercato, a fantomatiche clausole rescissorie quando non ad una malcelata voglia di andare via. Si è arrivati anche all’assurdo, di crocifiggerlo per una foto pubblicata che lo ritraeva festeggiare il compleanno di Ciro Immobile, compagno di nazionale oltre che grande amico, ma essendo capitano della Lazio anche una foto diventa sconveniente, nel mondo viscerale della romanità. Che può amarti alla follia come forse nient’altro al mondo, ma anche farti impazzire con le sue idiozie.
Quanto vale LP7?
Parlando di campo, è vero che Lorenzo Pellegrini ha vissuto periodi difficili. Ma se né Eusebio Di Francesco che se lo era portato dal Sassuolo, né Paulo Fonseca, né José Mourinho e neppure adesso Daniele De Rossi se ne priverebbero mai, una ragione ci sarà. La ragione è che si tratta di un giocatore che può fare il trequartista, la mezzala e il mediano, che ha visione di gioco, tempi di inserimento, tiro, ma certo anche qualche pausa.
Il suo score alla Roma parla di 49 gol e 54 assist in 260 gare ufficiali con il club della sua città. Non solo, perché nel mezzo c’è anche il titolo di miglior giocatore della Conference League 2021/22, quella per cui molti romanisti hanno giustamente celebrato e tutt’ora celebrano il condottiero Mourinho, tenendo sempre a sottovalutare il contributo di quello con la maglia numero 7.
L’anello di Mou e l’aria irrespirabile
A proposito di Mourinho, gli ultimi tempi dello Special One erano stati difficili anche per LP7. Il “Messaggero” racconta che proprio nell’armadietto del capitano, il tecnico portoghese ha lasciato l’anello che la squadra gli aveva regalato dopo la conquista della Conference League, con tanto di biglietto “quando diventerete uomini me lo ridarete”. La motivazione sarebbe nella fronda che, secondo Mourinho, i calciatori avrebbero fatto per appoggiare la sua cacciata. Pellegrini ha detto di aver provato a chiamare l’ex tecnico per spiegargli che le cose non stavano assolutamente così, ma a questo punto poco importa.
In quel gesto eclatante c’è l’ennesima dimostrazione di come l’aria fosse diventata irrespirabile con Mourinho, per colpe che in larga parte sono probabilmente proprio sue. Quella Roma perennemente in crisi di nervi rifletteva il momento di un tecnico-personaggio che ormai attinge tanto (troppo) al cliché dell’uno contro tutti, dell’essere sempre in guerra contro qualcuno. Questo per un certo periodo ciò ha fatto da scudo alla squadra, ma poi ha smesso di esserlo e la squadra stessa era diventata lo scudo di Mourinho.
Cosa può portare De Rossi alla Roma e a LP7
Daniele De Rossi ha riportato serenità, e non è affatto cosa da poco. Ha riportato il calcio al centro di tutto, e non è poco nemmeno questo. I calciatori sentono un nuovo entusiasmo e questo, al di là delle tre vittorie consecutive per cui c’è sempre da considerare la caratura delle avversarie, è del tutto evidente.
La vera impresa di Daniele De Rossi, però, potrebbe essere quella di aiutare Lorenzo Pellegrini a tornare al centro del villaggio, ma soprattutto potrebbe servire per compattare l’ambiente e magari insegnare alla tifoseria romanista a mettere da parte ogni astio preconcetto nei confronti di un figlio e un fratello. Che non sarà mai Totti o De Rossi, ma chissenefrega.