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Hanno fatto il giro del web le dichiarazioni di Dusan Vlahovic rese a DAZN la settimana scorsa, tutte atte a mettere sul tappeto intenzioni propositive prima e bellicose poi, in merito a quello che sarà il futuro della punta serba in una squadra come la Juventus.

Non è mancato qualche riferimento al suo vecchio allenatore Massimiliano Allegri, al quale, secondo il pensiero del numero 9 bianconero, è stata offerta negli anni della sua gestione, tutta la disponibilità di cui fosse capace, ma con Thiago Motta le cose sembrano avere preso una piega diversa.

Il serbo riparte da Genova?

E’ sempre difficile non farsi trasportare dal momento, soprattutto in uno sport come il calcio, dove ogni scorcio di stagione, o se preferite, di carriera, vive spesso di circoscritte esplosioni e fasi di completo down, che si alternano a seconda di eventi più o meno accidentali, che ne determinano la somma algebrica che, alla resa dei conti, non mente mai.

L’emblema di questo tipo di situazione è rappresentato alla perfezione da Dusan Vlahovic, caratteristica che lo ha accompagnato fin dai tempi del Partizan, prima che la sua esplosione definitiva lo mettesse in luce alla Fiorentina stagione 2020/2021, quando chiuse il suo campionato con la bellezza di 37 presenze e 21 reti.

Il valore del cartellino del serbo ha acquisito una quotazione stellare proprio dopo quella stagione, ma dopo il suo approdo alla corte bianconera, Vlahovic non ha più avuto quella continuità di rendimento, anche se vi è un dato confortante per lui e per i tifosi juventini che fa capo al miglioramento dei suoi numeri fin dalla prima stagione con la maglia della Juve.

Dusan Vlahovic con Allegri

Vlahovic comincia la sua avventura in bianconero con il botto, visto che il passaggio dalla Fiorentina alla Juve, porta in dote con sé i galloni dell’acquisto più costoso a titolo definitivo di una sessione invernale di calcio mercato, per una cifra pari a 70 milioni di Euro più bonus da 10 milioni.

Le buone notizie alle quali abbiamo accennato, fanno riferimento al numero delle reti in crescendo nelle ultime stagioni marchiate bianconero per quanto riguarda il campionato: 7 nello scorcio iniziale del 2022, 10 nella stagione seguente e 16 in quella passata.

Lo schieramento di Allegri nella parte finale della sua seconda avventura in bianconero, prevedeva un 3-5-2 con Chiesa e Vlahovic terminali offensivi e una difesa a tre che si proponeva di partire con una costruzione dal basso molto spiccia che non badava a fronzoli e non prevedeva uno spartito di libero arbitrio da parte dei suoi interpreti, con uno sviluppo che andava a toccare gli esterni, spesso Alex Sandro e un adattato Rabiot, che si aggiungevano ai tre centrali Cambiaso, Miretti e Locatelli.

Una parte dell’intervista a DAZN ha riguardato proprio questo punto e non sono stati pochi a interpretare le parole di Vlahovic come una sorta di sassolino levato dalle proprie scarpe nei confronti dell’allenatore livornese, visto che il serbo ha parlato di “massima predisposizione al sacrificio“, facente riferimento all’eccessivo dispendio di energie durante il match per via della partecipazione alla manovra in fase di possesso palla e primo difensore juventino con compiti di pressing avanzato insieme a Chiesa.

In fase offensiva la linea d’attacco dei giocatori bianconeri con Allegri, si è spesso trasformata con un quartetto di giocatori ad occupare tutto il campo, le due ali e i due attaccanti e in più di un’occasione è stato rimproverato ad Allegri un’eccessiva stagnazione degli interpreti, che ha lasciato poco spazio alla creatività degli attaccanti, situazione frequente che è sembrata il vero e proprio problema della manovra offensiva juventina e, con ogni probabilità, cruccio maggiore celato dietro le parole di Vlahovic.

Dusan Vlahovic con Motta

I mugugni della tifoseria bianconera, soprattutto di quella parte nostalgica che avrebbe preferito continuare a vedere Allegri sulla panchina, ha trovato terreno fertile in ordine alle prestazioni fino a ieri deludenti, almeno sotto il profilo numerico, della punta serba.

Due reti in una sola partita, quella della seconda giornata in casa del Verona, quando la Juve fu capace di segnare 3 reti con la doppietta del proprio attaccante di maggior livello.

Una partita molto simile sotto ogni aspetto, anche quello del punteggio, è stata giocata nel pomeriggio di sabato scorso, quando Vlahovic ha realizzato la sua seconda doppietta in campionato nello 0-3 rifilato al Genoa di Gilardino, con un gol su azione e uno su di rigore, esattamente come successe a Verona.

La differenza sta in un Vlahovic che a Genova è stato a tratti dominante, sfiorando anche la tripletta nel finale di partita con un colpo di testa finito di poco fuori dallo specchio della porta.

Tralasciando un attimo gli straordinari numeri difensivi della squadra bianconera che non ha ancora subito nemmeno una rete dopo sei giornate di campionato, la mano di Thiago Motta comincia a farsi vedere anche in ottica offensiva.

La differenza più marcata rispetto alla Juve di Allegri va ricercata nel fatto che la verticalità dei filtranti verso il pacchetto offensivo, non è più utilizzata da Motta come passaggio intermedio dell’azione per creare spazio sugli esterni, ma mira a sorprendere la difesa avversaria in nome di una finalizzazione che non ammette perdite di tempi di gioco, ma con l’effettivo scopo finale di smarcare il terminale offensivo di fronte al portiere.

Questo è possibile però solo grazie allo strapotere fisico della punta serba, parsa molto più a suo agio in un contesto di questo tipo, rispetto a quello di manovratore sulla trequarti, ruolo a cui Allegri teneva tantissimo, ma allontanava sensibilmente Vlahovic dalla sua zona in cui può essere letale.

Lo stesso serbo ha parlato di palloni persi sulla ricezione in parti del campo non propriamente battute da chi dovrebbe essere il terminale offensivo principale della squadra, e di lavoro atto a risolvere questo problema.

Un Vlahovic dunque più “punta”, con un carico di responsabilità inferiore se parliamo di pressing alto e un raggio di azione più adatto alle sue caratteristiche.

Un ruolo che Thiago Motta gli ha cucito addosso nonostante a Bologna Zirkzee avesse compiti molto simili al Vlahovic di Allegri, ma con una struttura di base ovviamente diversa da quella che i giocatori attuali della Juve possono offrire. e, soprattutto, per caratteristiche fisiche e tecniche decisamente diverse tra i due attaccanti.

Motta sta piano piano trovando le chiavi offensive, dopo aver trovato praticamente subito la quadra in difesa.

Se la Juve dovesse cominciare a segnare con la continuità che può garantire Vlahovic, c’è da fare i conti coi bianconeri da qui alla fine del campionato.