Definire “amichevole” la partita giocata tra l’Italia e l’Inghilterra in quel novembre del 1934 è un vero e proprio eufemismo.
Se è vero infatti che nessuna coppa era in palio, nessun punto sarebbe stato assegnato e nessun premio era previsto per i vincitori, la posta in gioco era forse più alta di qualunque altra cosa.
La gloria. L’onore. La supremazia calcistica sull’intero mondo del pallone. E non solo.
Questa partita s’ha da fare
Da una parte l’Italia di Vittorio Pozzo, reduce dalla vittoria al mondiale del 1934 dove proprio a Roma aveva alzato la Coppa Rimet ai danni della Cecoslovacchia. Sono gli anni in cui gli azzurri stanno dominando la scena mondiale del calcio giocato, tanto da bissare poi la vittoria anche nel mondiale successivo in Francia del 1938.
Dall’altra gli inglesi, ostinatamente convinti di essere i migliori in assoluto con il pallone tra i piedi, tanto da non partecipare nemmeno alle competizioni per una presunta superiorità incontestabile. Superiori e convinti di esserlo, ma non così stupidi da non prendersi tutti i vantaggi possibili quando proposero la sfida con quella che era di certo la “seconda” nazionale migliore al mondo, l’Italia.
Ecco allora che scelsero quello che poteva essere per loro il periodo migliore (un novembre londinese rigido e umido come non mai, con un campo al limite della praticabilità) e la location di Highbury che era il fortino dell’Arsenal, che non a caso vedeva ben sette elementi dei Gunners nella nazionale.
Una scelta che mise subito in chiaro quanto sarebbe stato ancora più difficile per l’Italia uscire indenne dalla trappola inglese, vogliosi come non mai di stabilire una volta di più quanto la loro superiorità fosse palese. Pozzo lo sapeva e sarebbe stato tentato di declinare quell’invito, ma le pressioni dello stesso Governo italiano (e di un Mussolini alla ricerca di visibilità per un’impresa che andava anche al di là del puro elemento sportivo) lo convinsero (o costrinsero) ad accettare la sfida.
La tempesta inglese
Tutte le preoccupazioni della vigilia, furono non solo confermate, ma esasperata dopo l’inizio della partita. Se nessuno fino a quel momento era mai riuscito nemmeno a pareggiare sui campi londinesi, c’era più di un motivo del resto.
Una fitta nebbia avvolgeva lo stadio di Highbury e il terreno era effettivamente quel bagno di fango che si temeva. Ma a fare paura fu soprattutto la foga con cui gli inglesi cominciarono quella partita, come una tempesta che si abbatteva sugli azzurri incapaci di reagire.
Nemmeno il tempo di mettersi in moto che gli inglesi sono già davanti all’area italiana e il portiere Ceresoli è costretto subito a concedere un calcio di rigore agli avversari. Per fortuna è lo stesso Ceresoli a sventare la minaccia, ma è il primo terribile segnale di un inizio in grande difficoltà per gli azzurri.
A pagarne lo scotto fu soprattutto Luis Monti, l’italo-argentino della Juventus che da mediamo era anche l’ultima diga del centrocampo, l’uomo capace solitamente di arginare e dare una mano alla difesa. Peccato che proprio nei primissimi istanti di gioco, un pestone dell’attaccante Drake gli distrugge letteralmente l’alluce di un piede. Monti stoicamente prova a restare in campo (anche perché il regolamento di allora non concedeva ancora la possibilità di un cambio), ma proprio per la sua impossibilità di intervenire ha lasciato via libera allo stesso Drake che porta in vantaggio l’Inghilterra dopo solo qualche minuto.
L’Italia è costretta a giocare in dieci e solo alla fine si scoprirà poi che Monti aveva effettivamente il dito rotto mentre provava a restare in campo durante il primo tempo di gioco. La tempesta inglese però era solo al principio, e approfittando del loro gioco arrembante, veloce e fisico, in meno di un quarto d’ora fissarono il risultato sul 3-0.
Le profezie dei tabloid inglesi che volevano i Tre Leoni vittoriosi anche per dieci a zero (!!!) si stavano tristemente avverando.
La battaglia di Highbury
Ma se la partita è finita poi alle cronache come “la battaglia di Highbury”, un motivo ci deve essere. E i meriti sono tutti della squadra azzurra.
“Quando il gioco si fa duro…” diceva quel vecchio detto. E l’Italia lo fa suo in tutti i modi possibili, tanto da cominciare a dare pan per focaccia al maschio gioco dei padroni di casa. Pian piano riprendono possesso del gioco anche con l’uomo in meno, e la lotta tattica tra le due scuole di calcio migliori al mondo, diventa vera e propria battaglia all’ultimo respiro sul campo.
La pioggia diventa battente, così come le azioni offensive degli azzurri. Ferraris e Serantoni si presero il dominio del centrocampo, mentre Meazza salì in cattedra con i suoi colpi di classe cristallina. Due reti in un paio di minuti rimisero in corsa l’Italia che ora comandava la partita malgrado l’uomo in meno, il terreno pesante, il pubblico sugli spalti e tutte le avversità del momento.
Il pareggio sembra nell’aria, con Guaita e Ferrari che sfiorano il gol. Fino all’incredibile traversa dello stesso Meazza che infrange i sogni azzurri proprio nel finale.
Una “vittoriosa sconfitta”
La partita termina così 3-2 per gli inglesi, che possono così vantarsi ancora una volta di aver battuto i Campioni del Mondo ed essere, ancora per un po’, i migliori in assoluto.
Ma paradossalmente questa sconfitta è gloriosa anche per i colori azzurri. Sono gli stessi inglesi i primi a rendere onore agli avversari, con il pubblico di Higbury che applaude lungamente entrambe le squadre per lo spettacolo offerto in una delle partite più combattute della storia del calcio.
La gloria continuerà poi anche al ritorno in patria, tanto che anche i titoli dei giornali dell’epoca parlano di una “Vittoriosa Sconfitta” (così titolava Il Littoriale…) e vennero etichettati come “I Leoni di Higbury” (dal telecronista Nicolò Carosio). Certo ci fu sicuramente della retorica utile anche dal punto di vista politico in quel periodo, ma resta indubbio che dal punto di vista sportivo, l’impresa dell’Italia a Londra fu davvero quasi una vittoria.
Il tabellino della partita
Londra, 14 Novembre 1934 (ore 14:30)
Inghilterra-Italia 3-2
Reti: 3’ e 10’ Brook, 12’ Drake, 58’ e 62’ Meazza
Inghilterra: Moss, Male, Hapgood, Britton, Barker, Copping, Matthews, Bowden, Drake, Bastin, Brook. Ct: Cooch.
Italia: Ceresoli, Monzeglio, Allemandi, Ferraris IV, L. Monti, Bertolini, Guaita, Serantoni, Meazza, Giovanni Ferrari, Orsi. Ct: V. Pozzo.