Le grandi crisi, come quella che sta colpendo la Lazio in questo momento, non capitano mai per caso. Né arrivano all’improvviso. Al contrario, le difficoltà più serie portano dietro sé una lunga storia. Curiosamente, il termine ‘crisi’ in greco è etimologicamente legato al ‘giudicare’ (krino), come se appunto i momenti bui – in questo caso di una squadra di calcio – scaturissero non da fattori ‘esterni’ ma intimi alla crisi stessa. Ora per la Lazio è il momento dei giudizi, ma intanto lo spogliatoio ha già fatto la sua scelta.
Dopo la vittoria contro il Bayern Monaco, Immobile ai microfoni di Sky aveva parlato chiaramente: “speriamo che ora arrivi anche qualche rinnovo”. Un messaggio poco apprezzato dai tifosi (e giustamente) e indirizzato a Lotito, di fatto l’unico volto che conti in società – anche perché a livello numerico, questa è la situazione in casa Lazio da anni. Il quale dal canto suo è più volte ‘sceso in campo’ per spronare la squadra. Una squadra il cui rendimento almeno in campionato è il peggiore da sei anni a questa parte. E però, oltre a Lotito, la squadra i suoi messaggi li sta mandando, in campo e per davvero, anche all’allenatore Maurizio Sarri.
Nervosismo e pesantezza tattica
Il tecnico toscano, assente per squalifica contro l’Udinese, è stato più volte contestato dai giocatori. È capitato con Luis Alberto e Milinkovic al primo anno, poi Acerbi, ora anche con Immobile che uscendo dal campo sul punteggio di 1-2 per l’Udinese ha borbottato a Martusciello: “perché mi togli? Stiamo perdendo, non capisco”. Immobile dimentica che già ad inizio anno contro il Genoa, sempre su situazione di svantaggio, Sarri aveva inserito Castellanos insieme a lui nel finale, per poi pentirsi della scelta nelle dichiarazioni post-partita: “è un esperimento fallito”.
Ma è chiaro anche dall’atteggiamento spento e distaccato dei suoi ragazzi, dichiarazioni e audio rubati a parte, che la squadra ha abbandonato (anche a livello inconscio) il tecnico toscano, o quantomeno lo ha fatto quella parte di squadra incarnata nei famosi ‘senatori’: Immobile, Luis Alberto – che dopo il rinnovo ha smesso di giocare o quasi –, Marusic, Zaccagni stesso. Tutti giocatori che a Sarri devono tantissimo, ma che ora nutrono dei dubbi – anche legittimi – sul modo di giocare dell’allenatore, che al terzo anno sembra ormai più un’utopia irrealizzabile che un modo efficace per giungere al risultato.
Fine dei giochi
La Lazio mentalmente è arrivata. Una qualsiasi altra squadra, dopo aver pareggiato (a 2’ dal gol subito peraltro) in modo anche fortunoso, avrebbe ripreso ad attaccare per vincere la partita. La Lazio invece dopo l’1-1 ha nuovamente subito un’imbucata a difesa schierata, con appena due giocatori dell’Udinese in area contro otto biancocelesti, tutti schiacciati verso Provedel (malino ieri sera): 1-2, e partita compromessa.
Certo, questo non giustifica il nulla – o quasi – che la Lazio produrrà a livello offensivo dal minuto 51 al 97°. Ma anche in questo vuoto cosmico di gioco, grinta e occasioni create, c’è come una rivelazione: o questa squadra è da retrocessione (ne dubitiamo), o qualcosa si è rotto con l’allenatore. La palla passa alla società, che difficilmente si prenderà una simile responsabilità (anche economica). Nelle ultime ore si vocifera di un Sarri dimissionario. Questo scenario, onestamente, non ci sorprenderebbe affatto. Di tanti difetti che ha l’allenatore toscano, c’è una qualità che li supera tutti: l’onestà intellettuale.