Nonostante i picchi della rivalità tra Inter e Juventus si siano certamente registrati negli anni ’60 e negli anni ’90, nel corso degli anni ’80 le due squadre continuarono ad essere protagoniste di scontri accesissimi, anche se raramente si fronteggiarono per gli stressi obiettivi.
La Juve di Trapattoni dominatrice
Durante gli anni ‘70 il dominio della Juventus fu netto, ma proprio con l’ingresso nel nuovo decennio l’Inter di Eugenio Bersellini tornò a vincere lo scudetto, tra l’altro infliggendo un clamoroso 4-0 ai bianconeri a San Siro, con Spillo Altobelli eroe di giornata grazie ad una tripletta, inframezzata dal gol di Carlo Muraro.
Per la prima metà degli anni ‘80, con Giovanni Trapattoni alla guida, la Juventus tornò ad essere la squadra dominatrice del campionato, arrivando a conquistare anche la Coppa dei Campioni nella tragica finale dell’Heysel.
L’Inter, che passò dalle mani di Bersellini a quelle di Marchesi e quindi di Radice, stazionava sempre qualche posto indietro in classifica, piazzandosi alle spalle dei bianconeri anche quando questi mancarono la vittoria dello scudetto nel 1983 in favore della Roma.
Il 1° maggio 1983 la partita tra Juve e Inter di scena a Torino si conclude con un pareggio per 3-3, ma in seguito viene assegnata la vittoria a tavolino per 0-2 ai nerazzurri, vittime di una sassaiola contro il pullman nel tragitto verso lo stadio, che comportò anche il ferimento di Gianpiero Marini. Fu il primo caso in cui una società venne punita per responsabilità oggettiva nei confronti di episodi avvenuti all’esterno dello stadio, fatto che ovviamente provocò grandi polemiche, dato che consegnò di fatto lo scudetto alla Roma.
Nella stagione successiva la Juve del Trap si impone a Torino per 2-0, ma è la partita di ritorno che può decidere il campionato: i bianconeri erano tallonati da una Roma carichissima per i successi in Coppa dei Campioni, e uno stop a Milano li avrebbe fatti riavvicinare alla vetta. Ma la Juve di Platini, Boniek e Pablito Rossi gioca una delle sue migliori partite, portandosi sul 2-0 già al 37° grazie a Cabrini e al 20° gol di Le Roi Platini, capocannoniere del campionato. L’Inter accorcia le distanze con il solito Spillo Altobelli su rigore, ma la partita si chiuse sull’1-2 dando ai bianconeri i punti fondamentali per la vittoria dello scudetto.
Nel 1984-1985, stagione in cui il campionato fu conquistato dallo straordinario Verona di Osvaldo Bagnoli, i nerazzurri, allenati da Ilario Castagner, si trovano a novembre appaiati proprio ai bianconeri a 4 punti dagli scaligeri.
Nel Derby d’Italia che va in scena a San Siro la squadra di Castagner seppellisce nuovamente i bianconeri sotto 4 gol, siglati da Rummenigge (doppietta, i primi gol in campionato in nerazzurro), Ferri (primo gol in carriera) e Collovati.
Al ritorno i bianconeri di Trapattoni, ormai staccati in campionato e più concentrati sulla Coppa dei Campioni, ribaltarono il vantaggio di Altobelli grazie alle reti di Marco Tardelli, Zibì Boniek e Massimo Briaschi.
La rivalità anche sul calciomercato, con la riapertura delle frontiere
Gli anni ‘80 hanno segnato la riapertura delle frontiere per la Serie A, con le squadre che poterono tesserare nuovamente giocatori stranieri. La Juventus mise subito sotto contratto l’irlandese Liam Brady, mentre l’Inter accolse l’austriaco Prohaska.
I grandi colpi però arrivarono più avanti: nel 1982 la Juventus ingaggiò Michel Platini, talento purissimo che l’Inter aveva già opzionato quattro anni prima ma che dovette lasciare andare a causa della ritardata riapertura delle frontiere, e il polacco Zibì Boniek.
I nerazzurri risposero dapprima con con Hansi Muller e Juary, per poi integrare due grandi colpi come lo stesso Brady, nel frattempo passato dalla Sampdoria, e il pallone d’oro Karl-Heinze Rummenigge.
Muller e Rummenigge iniziarono un trend di giocatori tedeschi che caratterizzò la squadra nerazzurra che chiuse il decennio con un terzetto completamente teutonico tra le sue file: Lothar Mattheus, Andreas Brehme e Jurgen Klinsmann.
Nella Juventus invece oltre a Platini i nomi stranieri degni di nota furono quelli del danese Michael Laudrup e del portoghese Rui Barros.
Il passaggio di Trapattoni all’Inter e la fine del dominio bianconero
Nella seconda metà degli anni ‘80 l’Inter, passata dalla proprietà di Ivanoe Fraizzoli a quella di Ernesto Pellegrini, che dopo una stagione anonima segnata dall’avvicendarsi di Ilario Castagner e Mario Corso in panchina, decide di ingaggiare nientemeno che Giovanni Trapattoni, il fautore dei successi juventini dell’ultimo decennio.
Le luci dei riflettori sul campionato però vengono rubate da altre squadre, il Napoli di Maradona e il Milan di Sacchi.
La Juventus fu affidata prima a Rino Marchesi, che arrivò 2° nell’ultima stagione di Platini e quindi 6° nell’anno in cui il gallese Ian Rush tentò con scarso successo di far dimenticare Le Roi.
I confronti si fanno più equilibrati, con l’Inter in grado di imporsi per due volte consecutive a San Siro grazie ai gol di Aldo Serena (reduce da una parentesi juventina) e la Juve che coglie una vittoria su rigore grazie a Cabrini nel 1988.
Nella stagione 1988-1989 quella che diventerà nota come l’Inter dei record impatta sia all’andata che al ritorno per 1-1 con i bianconeri, affidati al duo Zoff-Scirea, con il solito Aldo Serena a segnare per i nerazzurri.
Il decennio si chiude con l’Inter a trazione teutonica, con i tedeschi Matthaus e Klinsmann a firmare la vittoria di San Siro del settembre 1989, pochi giorni dopo la tragica scomparsa dell’allenatore in seconda bianconero Gaetano Scirea, mentre a Torino nel gennaio 1990 è la Juve a strappare i tre punti grazie al gol di Nicolò Napoli.