Roy Hodgson è stato il primo allenatore voluto da Massimo Moratti sulla panchina dell’Inter. Quando nel febbraio 1995 Massimo Moratti diventa proprietario e presidente dell’Inter, la squadra è in mano ad Ottavio Bianchi, che chiude la stagione al 6° posto e la qualificazione in Coppa UEFA.
Con la volontà di far tornare l’Inter ai fasti della presidenza del padre Angelo, Moratti decide di dare all’allenatore una squadra di prima grandezza. Tenta, senza successo, di acquistare alcuni dei più grandi campioni in circolazione come Cantona, Baggio e Stoichkov, ma nonostante la perdita di Dennis Bergkamp, che a Milano non era riuscito a brillare come farà poi all’Arsenal, porta a San Siro giocatori del calibro di Paul Ince, Roberto Carlos, Maurizio Ganz, Javier Zanetti e altri ancora, investendo nella sua prima estate da presidente quasi 60 miliardi di lire.
Forse un investimento anche esagerato, dal momento che Ottavio Bianchi fatica a prendere le redini di uno spogliatoio diventato improvvisamente ingestibile e ad inizio stagione, oltre ad una clamorosa eliminazione in Coppa UEFA contro il Lugano, ottiene nelle prime quattro solo una vittoria contro il Vicenza e un pareggio con il Piacenza, uscendo sconfitto dalle trasferte di Parma e Napoli.
La scelta di Roy Hodgson, un profilo Internazionale
Prima della fine di settembre Moratti capisce che ha bisogno di un altro tipo di allenatore per gestire, e decide di affidarsi ad un profilo di spessore internazionale: Roy Hodgson, all’epoca commissario tecnico della Svizzera, che ha guidato ai Mondiali di USA ‘94 e con cui ha appena raggiunto la qualificazione a Euro ‘96.
Nonostante fin dal primo colloquio tra Hodgson e il fidato Giacinto Facchetti le parti si fossero trovate sulla stessa lunghezza d’onda, dal punto di vista burocratico non è semplice formalizzare l’ingaggio del tecnico, ancora sotto contratto con la Federazione elvetica, una volta scaduti i termini di tesseramento italiani.
Nel frattempo la squadra viene affidata nuovamente a Luisito Suarez, già traghettatore della squadra dopo il naufragio di Corrado Orrico, e solo il 19 novembre Roy Hodgson può assumerne la guida, ufficialmente come Direttore Tecnico mentre Giovanni Ardemagni assumeva la carica di allenatore in sua vece.
Oltre ad Hodgson, arrivano anche altri rinforzi come Marco Branca, il brasiliano Caio e il terzino sinistro Alessandro Pistone.
Per Hodgson non è facile immergersi all’improvviso nella realtà italiana. Nonostante il supporto costante di Moratti e Facchetti, anche solo la lingua era diventata uno scoglio non indifferente.
E se nei rapporti con la stampa questo ha portato più che altro a dei mitici siparietti comici con “Mr. John Flanagan”, l’improbabile professore di inglese interpretato da Giacomo Poretti del trio Aldo, Giovanni e Giacomo a “Mai Dire Goal”, con i giocatori la difficoltà comunicativa era ben più pesante.
Inizialmente Paul Ince e Massimo Paganin erano i giocatori deputati a tradurre le parole del mister dall’inglese all’italiano, ma nel passaggio si perdeva quello che Hodgson voleva effettivamente comunicare.
Capendo le difficoltà, Facchetti lo spinse ad esprimersi in italiano: anche se con errori di forma, sicuramente la sostanza sarebbe arrivata meglio ai giocatori dalla sua viva voce piuttosto che attraverso gli intermediari.
Una prima stagione incerta, una seconda iniziata bene
Quando Hodgson rilleva la squadra da Suarez è all’11° posto, e nel corso della stagione passa dalla marcatura a uomo a quella a zona, impostando un 4-4-2 tipicamente inglese dove però la stella brasiliana Roberto Carlos, ritenuto troppo carente in fase difensiva, non trova spazio come terzino sinistro, scavalcato nelle gerarchie da Alessandro Pistone.
Non adattandosi a giocare a centrocampo, il brasiliano chiederà quindi la cessione, trasferendosi al Real Madrid e diventando uno dei più forti terzini sinistri della storia.
Al termine di un’annata di alti e bassi, l’Inter chiude in crescendo con un 7° posto finale, che in virtù della vittoria della Champions League da parte della Juventus e dell’accesso alla Coppa delle Coppe della Fiorentina vincitrice della Coppa Italia (eliminando proprio l’Inter in semifinale), i nerazzurri si qualificano per la Coppa UEFA.
Ansioso di vedere la squadra compiere il salto di qualità, Moratti investe ancora fior di quattrini: arrivano Youri Djorkaeff, Ivan Zamorano, Fabio Galante, lo svizzero Ciriaco Sforza (chiesto espressamente da Hodgson), Jocelyn Angloma, Aaron Winter e soprattuto Nwakwo Kanu, attaccante nigeriano stella della squadra che ha vinto la medaglia d’oro alle Olimpiadi di Atlanta.
Purtroppo dopo le visite mediche effettuate dall’Inter scoprono un’anomalia cardiaca per il giovane nigeriano, che lo costringe ad un’operazione che lo terrà fuori squadra per tutta la stagione. Dato che l’Ajax non aveva informato la società delle condizioni del giocatore, i nerazzurri avrebbero potuto risolvere il contratto gratuitamente, ma Moratti si occupò personalmente della vicenda, pagando di tasca propria l’intervento chirurgico per la sostituzione di una valvola aortica.
Anche senza il nigeriano però l’Inter parte forte in campionato, contendendosi la vetta della classifica settimana dopo settimana con la Juventus. All’inizio del girone di ritorno però lo spogliatoio inizia a sfilacciarsi, e dopo una sconfitta con il Parma e un pareggio con la Juve la testa della classifica si allontana.
In campo europeo però le cose vanno bene: in Coppa UEFA nerazzurri eliminano in sequenza Guincamp, Grazer, Boavista, Anderlecht e Monaco, arrivando a giocarsi la finale (per l’ultima volta giocata con partite di andata e ritorno) contro lo Schalke 04.
Il tracollo della finale di Coppa UEFA
I nerazzurri hanno il vantaggio di giocare l’andata in Germania, perdendo di misura a Gelsenkirken per un gol del belga Marc Wilmots ma con la prospettiva di poter ribaltare il risultato tra le mura amiche.
A Milano la gara viene effettivamente pareggiata da un gol di Ivan Zamorano a 5 minuti dalla fine, ma nei supplementari viene espulso Salvatore Fresi e la squadra finisce preda del nervosismo e delle tensioni interne. Addirittura Javier Zanetti, giocatore normalmente irreprensibile, sbotta in malo modo contro l’allenatore quando viene sostituito all’ultimo minuto di gioco, appena prima dei calci di rigore, per fare entrare il rigorista Nicola Berti.
Ironia della sorte, Berti non ebbe nemmeno l’occasione di calciare, dal momento che gli errori dal dischetto di Zamorano e Winter regalarono la vittoria ai tedeschi prima ancora della fine della serie di tiri.
Il pubblico di San Siro reagisce con sdegno alla sconfitta, individuando nel tecnico inglese il principale artefice della disfatta. Il gioco a zona senza l’utilizzo di un libero, l’insistenza su Ciriaco Sforza nonostante lo scarso impatto dello svizzero e il chiaro distacco tra il mister e lo spogliatoio sono gli argomenti che portano alla contestazione.
Roy Hodgson capisce che la frattura è ormai insanabile e presenta le dimissioni. Moratti prende atto del fallimento dell’esperienza del tecnico inglese e affida la squadra per le ultime due giornate al “Giaguaro” Castellini, con l’obiettivo di centrare il secondo posto che garantirebbe l’accesso alla Champions League. Purtroppo nemmeno questa scossa porta i risultati sperati, e l’Inter chiude al terzo posto.
La seconda, infausta parentesi nerazzurra
Nella stagione successiva la squadra, con un Ronaldo in più, sarebbe stata affidata a Gigi Simoni, diventando una delle squadre più amate dal popolo interista.
Anche Simoni avrebber però in seguito pagato le turbolenze nello spogliatoio e l’insoddisfazione dei tifosi con un intempestivo esonero nel 1999. Gli successe dapprima Mircea Lucescu, quindi ancora Castellini, ma dopo una sconfitta contro l’Udinese Moratti decise di richiamare Roy Hodgson, il quarto allenatore stagionale, in attesa dell’arrivo di Marcello Lippi nella stagione successiva.
Hodgson ha a disposizione quattro partite di campionato: si presenta immediatamente con un’esaltante vittoria per 5-4 in casa della Roma di Zeman, ma poi perde malamente contro Parma e Venezia. All’ultima giornata arriva un successo contro il Bologna, che fa chiudere il campionato all’8° posto, ma per i nerazzurri c’è ancora la possibilità dell’accesso alla Coppa UEFA, fusasi con la Coppa delle Coppe, in quanto semifinalista di Coppa Italia, proprio come il Bologna.
Il doppio spareggio contro i rossoblù però si risolve in due sconfitte per 2-1, che condannano i nerazzurri ad un annata senza coppe europee e che chiude in maniera ingloriosa anche la seconda parentesi di Mr. Roy Hodgson sulla panchina nerazzurra.
Nonostante la mancanza di soddisfazioni sportive, il tecnico inglese non ha mai mancato di ricordare con piacere il tempo passato sulla panchina nerazzurra, a suo dire un periodo in cui ha imparato moltissimo e che l’ha arricchito della conoscenza di persone come Giacinto Facchetti e Massimo Moratti, che ricorda con estremo piacere anche dopo anni.