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La nazionale italiana che partecipa a Euro 2024 presenta un chiaro blocco di giocatori che provengono dall’Inter campione d’Italia.

Contro l’Albania Bastoni, Dimarco, Barella e Frattesi sono scesi in campo titolari, e nella ripresa anche Darmian è subentrato portando a cinque il totale dei giocatori azzurri che ad aprile hanno festeggiato lo scudetto in nerazzurro, e solo la pubalgia ha impedito che il contingente fosse completato da Acerbi.

Andando a ripercorrere le storie della Nazionale, troviamo spesso un blocco di giocatori che ha finito per connotare in qualche modo le gesta azzurre di quel periodo. Andiamo a rievocare quelli più famosi.

I grandi blocchi del passato e il record del Grande Torino: 10 azzurri su 11

Il blocco più consistente che abbia giocato in azzurro è rappresentato dai giocatori del Grande Torino, la squadra che dominò il calcio italiano nel dopoguerra. Dopo che per anni il commissario tecnico Vittorio Pozzo, che da anni faceva affidamento sul gruppo di giocatori torinesi, l’11 marzo 1947 arrivò a schierare in azzurro l’intera formazione granata contro l’Ungheria, con la sola eccezione del portiere Bacigalupo, sostituto per l’occasione dallo juventino Sentimenti IV.

I dieci giocatori di movimento erano Ballarin, Maroso, Grezar, Rigamenti, Castigliano, Menti, Loik, Gabetto, Mazzola, Ferraris II, e l’Italia in quell’occasione vinse 3-2 contro gli ungheresi, contraddistinti da un blocco simile di giocatori dell’Ujpest.

Quello dei “blocchi” appartenenti ad una sola squadra è stata una particolarità ricorrente negli anni passati della nazionale italiana: dal blocco Pro Vercelli (9 giocatori su 11) del 1913 a quello della Juventus nel 1933 (sempre 9 su 11), fino a quello “disgraziato” della Fiorentina del 1957 (9 giocatori in campo nella sconfitta per 6-1 contro la Jugoslavia).

Anni ’70/’80: il blocco juventino regala all’Italia il terzo mondiale

L’ultima occasione in cui un blocco così numeroso scese in campo con la Nazionale fu nel Mondiale di Argentina 1978, dove 9 giocatori su 11 militavano nella Juventus: Zoff, Cuccureddu, Cabrini, Benetti, Gentile, Scirea, Causio,Tardelli e Bettega. Uniche eccezioni il torinista Zaccarelli e il vicentino Paolo Rossi, cresciuto peraltro nel vivaio juventino e che sarebbe tornato alla Vecchia Signora qualche anno dopo.

Quello stesso “blocco Juve” fu alla base anche del trionfo azzurro ai Mondiali di Spagna nel 1982. Nella rosa della spedizione agli ordini di Enzo Bearzot trovarno infatti spazio sei elementi che militavano nella Juventus: il capitano Dino Zoff, Claudio Gentile, Antonio Cabrini, Gaetano Scirea, Marco Tardelli e il neoacquisto bianconero Paolo Rossi, che fu poi anche nominato miglior giocatore del torneo, e capocannoniere.

Oltre a questi, in Spagna era presente anche Franco Causio, giocatore dell’Udinese ma fino alla stagione precedente in forza alla Juve, e solo un grave infortunio impedì a Franco Bettega di essere parte della spedizione azzurra.

Anni ’90: con Sacchi arriva anche il blocco Milan (integrato dal Parma)

Nel 1991 viene nominato commissario tecnico dell’Italia Arrigo Sacchi, l’allenatore che aveva rivoluzionato il mondo del calcio con il suo Milan. Fin da subito, per portare le sue idee tattiche in azzurro, Sacchi si affida ad un nutrito gruppo di giocatori che già avevano messo in pratica il suo gioco in rossonero.

Europei 1992 essendo arrivati alle spalle dell’Unione Sovietica nelle qualificazioni (URSS che poi si sarebbe dissolta prima dell’Europeo, partecipando come Comunità di Stati Indipendenti), la prima grande vetrina della nazionale di Sacchi furono i Mondiali 1994 negli Stati Uniti.

In quella Nazionale trovava spazio l’intera linea difensiva del Milan, composta da Franco Baresi, Billy Costacurta, Paolo Maldini e Mauro Tassotti, oltre al metronomo di centrocampo Demetrio Albertini, l’ala Roberto Donadoni e l’utilissimo attaccante di scorta Daniele Massaro, per un totale di ben 7 rappresentanti rossoneri nella spedizione statunitense.

Da sottolineare anche il nutrito gruppo di giocatori dell’emergente Parma dell’epoca, squadra da cui era passato lo stesso Sacchi e che sotto la guida di Nevio Scala stava crescendo dalla dimensione di provinciale a quella di protagonista del calcio italiano ed europeo. I gialloblù partiti per gli USA erano ben 5: Luigi Apolloni, Antonio Benarrivo, Lorenzo Minotti, Gianfranco Zola e Luca Bucci.

Il Mondiale del 2006 e l’Ital-Juve

Con il nuovo millennio i colori predominanti sotto l’azzurro furono nuovamente il bianco e il nero. Con la nomina di Marcello Lippi a commissario tecnico numerosissimi bianconeri divennero la spina della Nazionale che sollevò la Coppa del Mondo nel 2006 in Germania: Gigi Buffon, Gianluca Zambrotta, il capitano Fabio Cannavaro e Mauro German Camoranesi titolarissimi e Alessandro Del Piero in costante ballottaggio con Francesco Totti per il ruolo di uomo di fantasia della formazione.

Anche negli anni successivi i giocatori della Juventus continuarono a rappresentare il blocco più nutrito della nazionale italiana: dopo il ritiro di Fabio Cannavaro, la fascia di capitano passò sul braccio di Gigi Buffon, che giocò a lungo protetto dalla stessa linea difensiva con cui giocava a Torino, la cosiddetta BBC: Andrea Barzagli, Leonardo Bonucci e Giorgio Chiellini, mentre a centrocampo Claudio Marchisio e Andrea Pirlo alimentavano il gioco proposto dal c.t. Prandelli in quella che fu spesso soprannominata l’Ital-Juve.

Il “blocco mancato” del Padova

Nella storia della Nazionale c’è stata anche un’occasione in cui un gruppo di giocatori è stato escluso in blocco perché appartenenti alla stessa squadra. Si tratta del Padova del 1957-1958, allenato dal grande Nereo Rocco, squadra che in campionato tallonava la Juventus capolista di Sivori, Boniperti e Charles facendo del catenaccio la sua forza.

Proprio il gioco eccessivamente speculativo di Rocco condannò i giocatori del Padova, che furono al centro di un acceso scontro di opinioni sulle pagine dei giornali sportivi dell’epoca nel gennaio del 1958.

Da un lato Gianni Brera, dalle pagine del “Guerin Sportivo” e del “Giorno“, chiedeva che nella ripetizione della partita contro l’Irlanda del Nord, sospesa qualche mese prima per rissa sul punteggio di 2-2 (che avrebbe qualificato l’Italia al Mondiale di Svezia), venisse chiamato l’intero blocco padovano. Dall’altra il direttore di “StadioAldo Bardelli, fautore del bel gioco d’attacco, che riteneva che sarebbe stato umiliante presentarsi a Belfast arroccandosi in difesa senza proporre nulla dal punto di vista offensivo.

Fu quest’ultimo punto di vista a prevalere, e di quel Padova, di cui il solo Ivano Blason aveva già collezionato una presenza in azzurro al Mondiale 1950, nessun giocatore fu mai convocato in nazionale, con la sola eccezione del mediano Silvano Moro che ottenne un gettone di presenza contro l’Austria a marzo del 1958.

La Nazionale priva di giocatori padovani si presentò così a Belfast infarcita di oriundi sudamericani, propugnatori del bel gioco, che furono presto preda dei rudi difensori irlandesi. Sconfitta per 2-1, la Nazionale fu così praticamente estromessa dal Mondiale di Svezia.