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Un antico brano di Gabriella Ferri (1970) recita: Si ‘er Papa me donasse tutta Roma e me dicesse, “Lassa star chi t’ama”, io je direbbe, “No, sacra corona. Val più l’amor mio che tutta Roma”. I versi riprendono il Canto del carcerato, una poesia romana del ‘700, e sono stati utilizzati dalla Curva Nord laziale nel derby del 4 marzo 2012, per rinnovare le promesse di un matrimonio che va persino al di là dell’amore – corrisposto – con la città capitolina. Ma anche per ribadire la propria romanità verace alla faccia dei dirimpettai, che molti anni dopo, 13 per l’esattezza, avrebbero risposto con una coreografia antilaziale nel derby del 5 gennaio (2025).

Roma e Lazio, due sponde diverse eppure così solidali del Tevere, sembrano rispecchiare, nell’odio reciproco tra le due tifoserie, quel principio che Eraclito chiamò polemos, termine greco che indica la guerra, meglio ancora però la lotta, l’interiore combattimento di due forze, uguali e contrarie, che in virtù del loro opponimento si danno colore. I latini avrebbero detto: “mors tua, vita mea”. Ci siamo capiti.

Ma cosa accade, tifoserie a parte, quando uno dei componenti della rispettiva sponda (giallorossa, o biancoceleste) del Tevere passa dall’altra parte del fiume? Termini (poco lieti) sono stati coniati; una breve storia dei doppi ex va ora tracciata.

Dai primordi del calcio capitolino al primo “traditore” straniero

All’inizio, era la Lazio. Il 9 gennaio del 1900 nasceva la più antica polisportiva d’Europa, e così la sua selezione calcistica. Oltre all’Alba Audace, la Fortitudo e il Roman, non c’era ancora la AS Roma, che nascerà 27 anni dopo la Lazio dalla fusione dei tre sopracitati club capitolini.

Dell’Alba, e poi dell’Alba Audace, faceva parte Luigi Ziroli, autore del primo gol della storia giallorossa nella massima divisione. Nel 1928 Ziroli passa al Venezia tornando nella Capitale un anno dopo, questa volta però alla Lazio, con la quale disputa 59 partite segnando 13 gol. Egli è così il primo ex romanista a indossare la maglia biancoceleste. Il secondo in ordine cronologico si chiama Attilio Ferraris, originario del Rione Borgo, uno dei più celebri rioni di Roma, a due passi dal centro. Ferraris inizia a giocare alla Fortitudo, per poi diventare capitano della Roma (testaccina, delle origini). A causa dei dissapori con il presidente Sacerdoti, lascia la Roma per passare alla Lazio, nella quale gioca due stagioni. Tornerà però in giallorosso nel 1938-39, chiudendo la sua avventura alla Roma con 231 presenze e 4 reti.

Negli stessi anni si era fatto notare un ragazzo cresciuto nella Lazio (tra il 1919 e il 1926, 58 presenze e 67 gol totali, una marea) di nome Fulvio Bernardini, che diventerà un simbolo della Roma agli albori del club. Con i giallorossi giocherà infatti tra il 1928 e il 1939 segnando 46 gol in 301 presenze.

Negli anni Cinquanta, i protagonisti dello “smacco” portano il nome di Carlo Galli e Arne Selmosson. Quest’ultimo è il primo straniero a indossare entrambe le casacche. Il primo, chiamato ‘Testina d’oro’ per l’abilità nel gioco aereo, resta a Roma fino al 1956, prima di andare a vincere due scudetti con il Milan. Dopo un passaggio per Udinese e Genoa, chiude la carriera con tre stagioni alla Lazio (1963-66), nelle quali il rendimento è però decisamente peggiore rispetto agli anni in giallorosso. Il secondo, svedese, rimane per decenni l’unico calciatore nella storia a essere andato a segno nel Derby della Capitale con entrambe le maglie, prima di Kolarov e Pedro. Selmosson arriva ai biancocelesti nel 1955 restandoci per tre stagioni e segnando per due volte contro la Roma. Nel 1958 la Lazio, in cattive condizioni economiche, è costretta a cederlo al miglior offerente: la Roma. I sostenitori laziali la prendono molto male, scendendo addirittura in piazza, ma l’affare si conclude lo stesso. Con la maglia giallorossa, Selmosson segnerà tre gol alla sua ex squadra.

Gli anni 70

Anni di grande fermento giovanile e politico, vedono l’avvicendarsi tra la sponda laziale e romanista del Tevere di alcuni importanti elementi delle due rose. Il primo è Franco Cordova, arrivato alla Roma nel 1967. Qui rimane per nove stagioni indossando la fascia di capitano dal 1972. Nell’estate del 1976 passa al Verona su volontà del patron Anzalone. La scelta fa inviperire Cordova che rifiuta la destinazione accordandosi clamorosamente con la Lazio. Dopo 265 presenze e 19 reti con la maglia della Roma, gioca dunque per tre stagioni in biancoceleste, collezionando 85 presenze e due gol. Degli stessi anni è la storia di Lionello Manfredonia, che rappresenta il caso più discusso di passaggio di sponde tiberine. Manfredonia infatti cresce nella Lazio dalle giovanili, giocando in prima squadra dal 1975 al 1986. Coinvolto nello scandalo calcioscommesse, passa alla Juventus e poi alla Roma, ma il suo passato non gli permette di creare le condizioni adatte per giocare serenamente nell’altra sponda della capitale che egli aveva conosciuto per tanti anni.

Degli stessi anni è d’obbligo ricordare la figura di Sergio Petrelli. Giocatore istrionico, fisico da supereroe e testa matta nel pieno stile della Lazio del ’74, segna lo stesso numero di gol sia con la Roma, club con il quale milita tra il 1969 ed il 1972 (77 presenze), che con la Lazio, per la quale gioca tra il 1972 e il 1976: 5 gol per parte quelli segnati da Sergio Petrelli, difensore originario di Ascoli Piceno. Con i biancocelesti, come accennato, scriverà le pagine più belle della sua carriera vincendo da protagonista il primo Scudetto della storia del club.

Gli anni Novanta

Grandi protagonisti degli anni Novanta, durante i quali la Lazio di Cragnotti poteva vantare una rosa da top club mondiale e la Roma provava a rispondere coi Sensi allo strapotere tecnico dei biancocelesti, sono Angelo Peruzzi, Roberto Muzzi, Sinisa Mihajlovic e Diego Fuser.

Peruzzi, primo portiere ad aver vestito entrambe le maglie, cresce nella Roma ed esordisce a 17 anni in Serie A in un Milan-Roma del 1987 al posto Franco Tancredi, stordito da un petardo. Dopo un anno in prestito al Verona, nella stagione 1990-91 parte come titolare in giallorosso ma dopo tre giornate arriva una squalifica per doping. Dal 1991 al 1999 si lega alla Juventus. Dopo una stagione all’Inter, nel 2000 arriva il passaggio alla Lazio, nella quale chiude la carriera nel 2007 come Campione del Mondo.

Muzzi, che sarà legato alla Roma anche come viceallenatore, cresce nel settore giovanile dei giallorossi come Peruzzi, ed esordisce in prima squadra nel corso del campionato 1989-90. Nella stagione successiva arrivano i primi tre gol in Serie A. Nel 1992-93 contribuisce con un suo gol al 2-0 in semifinale di andata di Coppa Italia con la quale la Roma pone fine all’imbattibilità lunga 11 mesi del Milan di Fabio Capello. Nel 1994 passa al Cagliari e successivamente nel 1999 all’Udinese. Nel 2003-04 torna per due stagioni nella Capitale sponda Lazio.

Indimenticabile e tifosissimo laziale, da quando ne diventerà calciatore, capitano e simbolo, Sinisa Mihajlović arriva a Roma, sponda AS Roma, nel 1992 dopo aver vinto la Coppa Campioni con la Stella Rossa. Resta in giallorosso per due stagioni sotto la guida di Vujadin Boskov prima e Carlo Mazzone poi, senza mai trovare la sua collocazione definitiva da difensore centrale. Con la Roma disputa 69 partite realizzando 7 gol. Dal 1994 al 1998 passò alla Sampdoria e nelle sei stagioni successive diventa protagonista nella Lazio, attirandosi una particolare antipatia da parte dei tifosi giallorossi, probabilmente per il forte legame che stringe, d’altra parte, con quelli biancocelesti (fino alla fine dei suoi giorni).

Ultimo protagonista degli anni Novanta è Diego Fuser, che gioca nella Lazio sei stagioni, dal 1992 al 1998, diventandone anche capitano. Dopo 188 presenze in biancoceleste, passa due stagioni nel Parma per poi accasarsi alla Roma, fresca Campione d’Italia, nell’estate del 2001. In giallorosso si ricordano in particolare due reti decisive segnate in due partite consecutive di campionato: all’Olimpico contro il Venezia e in casa del Parma una settimana dopo. Tra il 2001 e il 2003 le presenze totali con la Roma sono 15.

I giorni nostri

I due elementi indimenticabili delle sfide del derby che hanno vestito entrambe le casacche sono senza dubbio Kolarov e Pedro. Il primo, che arriva alla Lazio dall’OFK Belgrado, in tre stagioni si prese la fascia sinistra dominando il campionato di Serie A e segnando un gol straordinario alla Roma in un derby finito 4-2 per la Lazio. Dopo la parentesi vincente al City, decide di tornare in Italia sponda Roma tra il 2017 e il 2020. Tre anni di grande livello conditi da un bel gol proprio nel derby contro la Lazio su punizione. Il secondo, Pedrito, segna anche lui alla Lazio nel derby in piena pandemia, poi all’arrivo di Mourinho la scelta del club giallorosso è di privarsene. L’arrivo alla Lazio di Sarri viene accolto da grande perplessità, ma Pedro diventerà uno dei simboli della Lazio sarriana e della Lazio presente, oltre a decidere il primo derby giocato contro la sua ex, nel 3-2 del 2021.

Gli altri due protagonisti di oggi sono Alessio Romagnoli, tifosissimo laziale, e Luca Pellegrini, anche lui tifoso biancoceleste. Entrambi hanno un passato nella primavera della Roma. Romagnoli ha anche esordito in prima squadra nel 2012 sotto la guida di Zeman. Dopo 8 anni nel Milan, da capitano e Campione d’Italia, va alla Lazio nel 2022. Pellegrini è cresciuto nel settore giovanile della Roma e ha esordito nel 2018 con Di Francesco allenatore. Arriva alla Lazio dopo pochi mesi trascorsi all’Eintracht di Francoforte dove è stato prestato dalla Juventus, attuale proprietaria del suo cartellino (che la Lazio riscatterà in estate). Quest’anno è finito addirittura fuori rosa per motivi comportamentali, ma ora è stato reintegrato. Chissà che non possa essere proprio lui a decidere il derby del 13 aprile.