Manca una bazzecola in meno di tre mesi, a Euro 2024. L’Italia ci arriva da campione in carica, ma non certo tra le favorite, prigioniera di quel limbo di depressione in cui il nostro movimento è piombato dopo le due mancate qualificazioni ai Mondiali.
Germania-Italia Euro 1988: la tristezza per le leggende scomparse
Andiamo allora a ripercorrere una partita che tra qualche mese compirà 36 anni.
Un Germania-Italia che era match inaugurale di Euro 1988, un match che a riguardarlo è immancabile un velo di tristezza per le diverse leggende che in quel match si dividevano tra campo e panchina, e che oggi non ci sono più.
Luca Vialli e il CT Azeglio Vicini per noi, Andy Brehme e il CT Franz Beckenbauer per i tedeschi, che al tempo erano ancora tedeschi dell’Ovest. Quell’europeo fu infatti l’ultimo prima della caduta del muro di Berlino e il dissolvimento dell’Unione Sovietica, che ci avrebbe fatto salutare per sempre denominazioni come “URSS”, “DDR” e RFD”.
Germania-Italia 1-1 Euro 1988: le squadre
La Germania Ovest padrona di casa si presentava così: Immel, Kohler, Brehme; Berthold, Buchwald, Herget; Littbarski, Mattheus, Völler, Thon, Klinsmann. Queste le scelte del C.T. Franz Beckenbauer.
L’Italia di Azeglio Vicini, che ha preso le redini della nazionale dopo il fallimento di Bearzot ai mondiali 1986 in Messico, risponde con: Zenga; Bergomi, Maldini; F. Baresi, Ferri, Ancelotti; Donadoni, De Napoli, R. Mancini, Giannini, Vialli.
Si trattava di quella che doveva essere una “rivoluzione gentile“, affidata a una generazione d’oro che stava venendo fuori, e all’uomo che aveva guidato proprio l’under 21 per oltre due lustri.
C’era Luca Vialli al centro del progetto, c’era una delle poche note liete emerse da Messico ’86 che era il mediano Nando De Napoli, insieme ad altre certe certezze come Zenga e Bergomi. Per il resto, l’Europeo di Germania 1988 era il primo palcoscenico internazionale per gente come Roberto Donadoni, Paolo Maldini, Carlo Ancelotti, Roberto Mancini, ma anche giovanissimi come Ciro Ferrara e Ruggiero Rizzitelli.
La formula un po’ vintage
Guardando a quanto e come oggi il sistema-calcio si sia trasformato in un gigantesco business, per quanto rivedibile in equilibri e sostenibilità, fa un po’ sorridere vedere la formula adottata a quei tempi, per il Campionato Europeo di Calcio. Solo otto squadre alla fase finale, suddivise in due gironi da quattro, con le prime due di ciascun girone che incrociavano nelle semifinali eccetera.
Infatti, la manifestazione durava appena due settimane, contro il mese abbondante che si prendono oggi Europei e Mondiali.
La partita, la “doppia voce” e gli episodi chiave
Ad ogni modo, quel 10 giugno del 1988, a Dusselsdorf, Germania e Italia si affrontavano nel match inaugurale, davanti a un pubblico numerosissimo comprensivo di circa 25mila sostenitori italiani.
Televisivamente, in quel 1988 c’era una novità che ci avrebbe accompagnato fino ai nostri giorni. Al telecronista, infatti, veniva affiancata per la prima volta una voce tecnica. Nella fattispecie, insieme al “totem” Bruno Pizzul c’erano le considerazioni tecniche e tattiche di Sandro Mazzola. Allora era un primo esperimento, oggi la regola.
La partita vede un canovaccio che non esce dai cliché classici di quegli anni. Germania molto tosta fisicamente e con un unico giocatore in grado di dare un “quid” di fantasia in più, ovvero l’ala destra Pierre Littbarski. L’Italia invece era proprio un bel cantiere, perché i diversi giovani presenti in rosa erano in grado di proporre cose interessanti da un punto di vista tecnico, a cui Vicini affiancava la tipica solidità difensiva della scuola italiana.
Gli highlights che restano alla mente di quella partita risultano un po’ ingialliti ma, forse proprio per questo, belli da vedere e raccontare.
A inizio secondo tempo, Littbarski fa una cosa che da diversi anni non si vede proprio più: direttamente da calcio d’angolo, serve Lothar Mattheus sulla trequarti, che non lascia nemmeno rimbalzare la palla e la calcia verso la porta. Un destro potentissimo, scagliato da circa 35 metri, che si spegne fortunatamente pochi centimetri alla sinistra del palo di Zenga.
Pochi minuti dopo, esattamente al 52′, l’Italia passa. C’è una rimessa sulla fascia destra offensiva, Herget e Mattheus la combinano grossa regalando la palla a Donadoni, che velocemente serve Mancini. L’attaccante della Sampdoria insacca con un rasoterra rapido sul secondo palo e poi si dedica a un’altra sua grande specialità: le polemiche. Un’esultanza rabbiosa verso qualcuno in panchina, a ricordarci che il talento del Mancio è sempre stato enorme, ma ha sempre avuto un grosso limite nel carattere spigoloso.
Il secondo episodio, altrettanto decisivo, è ancora più “ingiallito” perché oggi non sarebbe praticamente possibile.
Non sono passati neanche 5 minuti dal gol di Mancini, e Zenga si fa beccare dall’arbitro inglese Hackett a perdere un po’ troppo tempo in un rilancio. Risultato: un innocuo rinvio del portiere si trasforma in un calcio di punizione indiretto in area, con contestuale ammonizione per “l’uomo ragno”.
Un errore piuttosto grave che, unitamente a una indubbia severità del direttore di gara, confezione un’occasione imperdibile per la Germania OVest. Se infatti hai in squadra bombardieri come Mattheus e Brehme, dovresti fare il possibile per evitare che abbiano occasioni di tiro da fuori. E invece…
…Invece Littbarski tocca per Andy Brehme, che lascia partire un velenosissimo rasoterra. la palla passa tra due azzurri in barriera, che però inspiegabilmente si “aprono”, lasciando uno spiraglio per il pallone che si insacca imparabilmente alla sinistra di Zenga. Un’accozzaglia di ingenuità, unita a questa regola del calcio a due in area sulla perdita di tempi al minuto 56, a confezionare un gol di quelli che davvero non si dovrebbero poter incassare.
Come è andata a finire
La partita termina poi così, con un salomonico pareggio. La Germania Ovest si qualificherà prima nel girone grazie a un gol in più segnato rispetto all’Italia, seconda. Entrambe, però, non andranno lontano. L’Italia uscirà in semifinale contro l’Unione Sovietica di Valerij Lobanovskij, con reti di Litovchenko e Protassov. La Germania Ovest, come l’URSS all’ultima manifestazione internazionale prima degli stravolgimenti politici del 1989, uscirà invece per mano dei futuri campioni della meravigliosa Olanda di Van Basten.