Quante volte abbiamo sentito parlare di “gemelli del gol” nella storia del calcio? Questa poetica definizione si è da ultima adoperata per definire la coppia di attaccanti messa insieme da Antonio conte all’Inter, con Lukaku e Lautaro Martinez ultimi alfieri di una stirpe di attaccanti che nel gioco delle coppie applicato al gol hanno regalato legami indissolubili, tanto da far apparire questi campioni come un’unica entità.
Sin dal calcio giocato coi palloni di cuoio marrone, fino ai giorni nostri, montagne di gol hanno avuto il merito di nascere dall’intesa di due calciatori. Intesa tanto perfetta a volte da sembrare un’unica entità che si muove nel campo alla ricerca del gol.
#1 Sivori e Charles, Juventus
La strana coppia. Mai come in questo caso, la definizione appare calzante. Talmente diversi in tutto da completarsi alla perfezione. Sivori e Charles sono stati un vero proprio paradigma della coppia di attaccanti perfetta: uno era piccolo, funambolico, rapido e cattivo oltre il lecito, l’altro era grosso, forte di testa e con l’aria da gigante buono.
Le caratteristiche tecniche s’incastravano alla perfezione, in un mix difficilmente arginabile per le difese a cavallo degli anni 50′ e 60′. E caratterialmente erano agli antipodi, ma indispensabili uno verso l’altro: nessuno in quella Juve aveva il coraggio di tenere testa alla personalità fumantina del “Cabezon” tranne John Charles, che con la sua mole riusciva a portare a più miti consigli l’asso argentino: una volta arrivò persino a schiaffeggiarlo in campo davanti a tutti e Sivori, che era focoso ma non stupido, non si azzardò a rispondere alle percosse del compagno di reparto.
Assieme, con l’aiuto di un Boniperti a fine carriera ma impareggiabile suggeritore, hanno griffato uno dei periodi vincenti più scintillanti della Vecchia Signora, segnando oltre 250 gol: Omàr,161 reti in 247 partite con la Juve; John, 104 gol in 179 presenze.
#2 Pulici e Graziani, Torino
Pulici e Graziani. Graziani e Pulici. I primi gemelli del gol del campionato italiano. Per i tifosi granata rimane la coppia per eccellenza, che ha trovato il suo apice nello splendido scudetto del 1976. Due attaccanti che sembravano praticamente identici: forti fisicamente, sfruttavano la loro potenza per scardinare le difese avversarie. Pulici era forse più finalizzatore secco, acrobatico e letale sotto porta, Graziani era un attaccante di fatica ma bravo con entrambi i piedi e molto coraggioso.
Dal 1973, i gemelli del gol costrinsero i vari allenatori a metterli insieme. Sempre e comunque. Pulici finalizzava, Ciccio voleva giocare. Spesso andava a prendersi la palla e la gestiva lui senza patemi. Sorretti da una squadra piena di cervelli e piedi buoni (Pecci, Zaccarelli e Claudio Sala su tutti), hanno aperto le difese avversarie a ripetizione, diventando il braccio armato di quel tremendismo granata impostato da Gigi Radice in panchina. I freddi numeri rendono solo in parte giustizia a quello che sono stati questi due attaccanti: al Toro, Graziani firmò 97 gol in 222 partite; Pulici 169 reti in 431 gare.
#3 Vialli e Mancini, Sampdoria
Se dici gemelli del gol però il pensiero corre subito a Vialli e Mancini. Tanto da essere praticamente una parola sola dalla metà degli anni 80′ fino all’alba dei 90′.
La coppia messa assieme da Mantovani per la sua Samp giovane e screanzata era il perfetto manifesto di quella squadra: Mancini con il suo gusto così spiccato per l’assist più che per il gol, e Vialli che invece viveva per gonfiare la rete, il tutto in un contesto frizzante che sapeva di gioventù e novità.
Il Mancio è stato uno dei giocatori più dotati della storia del calcio italiano e probabilmente il miglior assist-man di sempre (chiedere a Chiesa e Montella per ulteriori informazioni) e vedeva linee di passaggio dove non esistevano: ad esaltare la sua inventiva ci pensava Vialli, capace di arrivare su ogni pallone grazie a delle doti acrobatiche e di coraggio difficilmente riscontrabili in altri centravanti della storia italiana.
I due sbocciano insieme quando arriva Boskov: uomo di mondo e di calcio. Trascinata da Roberto e Luca, la Samp diventa incredibile.
Fallisce il primo grande traguardo, perdendo in finale di Coppa delle Coppe col Barcellona a Berna, ma si prende la sua rivincita l’anno dopo nella finale di Goteborg contro l’Anderlecht. Poi arriva il patto dello scudetto, con l’apoteosi del primo (e unico) tricolore doriano datato 1991. Fino al finale amaro della finale di Champions 1992, con l’ideale cerchio che si chiude con un’altra sconfitta in finale per mano del Barcellona.
Vialli va alla Juve, dove finalmente alzerà la coppa dalle grandi orecchie. Mancio rimane ancora qualche anno a fare la bandiera, e poi segue Eriksson alla Lazio per vincere un altro incredibile scudetto.
#4 Anderson e Signori, Bologna
Può sembrare strano vedere in mezzo a tanti campioni questa coppia così insolita: qui non ci sono trofei alzati o epiche battaglie da raccontare, ma semplicemente una coppia gol che sembra costruita in laboratorio da quanto affiatata e complementare risultava in campo.
Signori era già stato impareggiabile alfiere di uno dei tridenti più letali della serie A, e verso fine carriera si trova a fare coppia davanti con Andersson, svedese lungo e capace di arrivare con il colpo di testa dove gli altri non riuscivano nemmeno a sognare. Per un paio di stagioni questa coppia è stata praticamente indifendibile: se giocavano sulla profondità Signori ti massacrava, se coprivi mettevano la palla lunga su Andersson e sulla spizzata il sinistro di Beppe-gol era una sentenza. Prima trascinarono il Bologna operaio di Mazzone ad un passo dalla finale di Coppa Uefa 99′, e poi si tolsero belle soddisfazioni in campionato, rifilando qualche sonora batosta alle grandi. I due, con la maglia dei felsinei, hanno totalizzato 122 reti: 38 di Kennet più 84 gol di Beppe. Uguale: tanta storia del Bologna.
#5 Salas e Zamorano, Cile
Salas y Zamorano. Che coppia. Il secondo, nato a Santiago, parte da una povertà smisurata: il padre lavora in miniera, ma ha una passione per il calcio secolare. E il figlio la prende tutta. Marcelo nasce a 700 chilometri di distanza, a Temuco. I due si ritroveranno insieme a combattere per il Cile, fino al 2002. Due anni prima, il ricordo più bello: si gioca per le qualificazioni del Mondiale di Corea e Giappone, e i cileni affrontano il Brasile. Una rivincita: al Mondiale francese ne avevano presi 4. E non era scesa giù. Comunque, qualcosa era cambiato: innanzitutto si giocava a Santiago, 80mila spettatori a spingere. 3-0 secco per la Roja: Salas e Zamorano segnano una rete a testa. Sono i re, i leader, le guide di un paese intero.
Due attaccanti che all’apparenza sembravano troppo simili per coesistere: nessuno dei due era alto, ma entrambi avevano la forza nel colpo di testa. Salas era forse più tecnico e bravo con i piedi, Zamorano aveva la grinta e lo spirito di sacrificio per mettersi a disposizione del compagno e della squadra.
#6 Bergkamp ed Henry, Arsenal
Raccontare un’era in poche parole è davvero difficile. Iniziamo col dire che Bergkamp ed Henry erano accomunati dal talento.
L’altra cosa in comune è stato il fallimento nel campionato italiano, anche se col senno di poi sembra più la nostra seria A a non aver capito questi due autentici fenomeni. Le analogie non si fermano qui: l‘eleganza in campo è un altro tratto i comune. I due infatti erano splendidi da vedere, sempre estremamente coordinati e leggeri nel tocco del pallone.
Bergkamp era più suggeritore che goleador, mentre Henry col tempo si è visto trasformare da Wenger in una punta letale. Entrambi comunque capaci di prodezze tecniche pazzesche. In sette stagioni, rendono l’Arsenal un oggetto di culto. Vincono la Premier nel 2003-2004, non perdono mai e… deliziano: Bergkamp to Henry, Henry to Bergkamp, al vecchio Highbury i tifosi sognano.
#7 Cole e Yorke, Manchester United
I Calypso Boys. Sono stati la coppia più prolifica della Premier League, con un nome da boy band (ma al tempo andava di moda). Per tanti, non potevano giocare insieme: entrambi forti fisicamente, entrambi prime punte tipiche. E allora? Sir Alex ci prova comunque. E ha ragione da vendere, soprattutto in quella semifinale di Champions League del 1999: lo United sfidava la Juve, e i due si concludevano a vicenda le azioni. Giocavano sempre e comunque insieme, cercandosi con continuità e talento. I due si ritrovarono anche sul finire di carriera, nel 2007: il Sunderland prese entrambi, ma solo Yorke seppe timbrare il cartellino.
#8 Aguero e Forlan, Atletico Madrid
Basterebbe dire che l’Atletico, senza di loro, avrebbe oggi un’altra storia. Sergio Aguero, il Kun, era uno stantuffo incredibile: un dieci che sapeva fare il nove, con l’amore per i gol e con il talento sconfinato per fare qualsiasi cosa. Poi c’era Diego: uruguagio vero, non ha mai mollato, ma sempre e solo fatto gol. Diego era Forlan, un giocatore dominante, in tutto e per tutto. Insieme, hanno portato l’altra squadra di Madrid a vincere un trofeo europeo dopo 48 anni: fu la prima edizione di Europa League, ormai 10 anni fa.
In campo l’intesa era pazzesca, e la qualità singola dei due giocatori fece il resto: letteralmente indifendibili. Divisi dal mercato hanno poi avuto storie diverse: Forlan che si avviava al tramonto della carriera fallisce all’Inter prima di tornare in sud America, mentre Aguero diventa il cannoniere principe della storia del Manchester City e vince titoli su titoli nel Regno Unito, li dove Forlan aveva iniziato la sua parabola di campione (al Manchester Utd di Ferguson e Van Nistelrooy)
#9 Raul e Morientes, Real Madrid
Due eterni sottovalutati, forse troppo poco appariscenti per prendersi i titoli dei giornali. Ma in campo bastava guardarsi per spaccare le difese di mezza Europa.
Uno è stato il capitano del Real, il simbolo di una decade (soprattutto dei Novanta) in cui i blancos sono passati dalla storia del calcio alla storia fatta Galacticos; l’altro era un attaccante meraviglioso, con un talento per il gol poche volte visto prima. Raul Gonzales Blanco e Fernando Morientes hanno segnato un’era del Madrid al pari dell’ultimo, incredibile ciclo vincente firmato Zinedine Zidane.
Le loro caratteristiche tecniche erano assolutamente complementari, praticamente un puzzle che combacia alla perfezione. Penalizzati nel ricordo dal rendimento in nazionale, sfiorarono solamente la generazione dei fenomeni spagnola che vinse tutto nel quadriennio tra 2008 e 2012.
La stessa sfortuna avuta nel Real dei galacticos, del periodo culminato con Beckham, Figo e compagnia, che un po’ finirono per relegarli ai margini: Raul rimase fino al 2010 quando emigrò in Germania allo Schalke 04, Morientes andò via quasi subito iniziando un lungo giro d’Europa che lo porterà al Monaco (dove si prese la rivincita di eliminare il Real in Champions), al Liverpool, all’Olympique Marsiglia e al Valencia.
#10 Romario e Bebeto, Brasile
La coppia brasiliana, che più brasiliana non si può. Dimenticate il paradigma classico della coppia formata da punta pesante e punta leggera. Qui abbiamo due pesi piuma, che però riuscirono da soli a vincere il mondiale del 1994 in una delle edizioni del Brasile meno travolgenti di sempre.
Tecnica e velocità, con la punta di genialità messa sul piatto da Romario, che è stato uno dei 10 attaccanti più forti di sempre. Bebeto era invece molto più regolare, ma comunque letale sotto porta grazie ad una tecnica di prim’ordine e un senso del gol innato. Personalità opposte, tanto da non essere troppo amici fuori dal campo, ma davanti ad un pallone i due erano indivisibili. Tanto affabile, allegro e genuino era Bebeto (chi non ricorda il gesto della culla dopo il gol all’Olanda nei quarti di USA 94) tanto scorbutico e supponente era Romario, convinto che il pallone girasse solo perché lo voleva lui. Non sembravano una coppia che potesse dare dei risultati, ma noi italiani la ricordiamo bene, anche se a dire il vero in quella maledetta finale di Pasadena, non fummo graffiati da questa macchina da gol verdeoro.