Nessun gemellaggio nasce per caso. In un contesto di tifo, il ‘caso’ per definizione non esiste. C’è sempre, sotto l’illusione dell’entropia, un comune portato culturale.
Napoli e Genoa sono accomunate innanzitutto dall’elemento che più di ogni altro contraddistingue un’etnia dall’altra: il mare. Contrariamente all’analisi contemporanea, che vede nel mare unicamente ‘il dato geografico’ e per così dire ‘geologico’, essere figli del mare è una condizione specifica di esistenza. Il mare sedimenta i rapporti, li rende saldi come la corda che – legata ai rami della nave – dona stabilità all’imbarcazione.
Quello tra Napoli e Genoa è ad oggi il gemellaggio più longevo della Serie A, quasi quarant’anni – anche se qualche esperto di cultura ultras colloca come ancor più antico quello tra Lazio ed Inter.
Ed è proprio all’Inter che si lega la fine del lungo rapporto tra partenopei e genoani. Ci riferiamo all’episodio della morte di Daniele Belardinelli, tifoso del Varese che perse la vita il 26 dicembre del 2018 in seguito agli scontri tra interisti (Belardinelli era tra questi) e napoletani in occasione di Inter-Napoli. All’indomani di quella tragedia, la tifoseria del Genoa dedicò uno striscione a ‘Dede’ (così era soprannominato Berardinelli): «ricordiamo un Ultras scomparso, r.i.p.».
L’episodio provocò il comunicato della tifoseria partenopea (Curva A e Curva B), che si espose sul tema decretando la fine del gemellaggio col Genoa.
La nascita del gemellaggio
Così, dopo 37 anni, finiva un gemellaggio storico iniziato il 16 maggio del 1982.
Quel giorno si giocava Napoli-Genoa, coi rossoblù che dovevano garantirsi la salvezza nella massima divisione. Un solo punto sarebbe bastato per la salvezza matematica. Altrimenti, il Milan di Baresi sarebbe stato pronto a sorpassare il Grifone.
I rossoneri erano riusciti a ribaltare il 2-0 del Cesena fino al 2-3 clamoroso di Antonelli. La salvezza del Diavolo sembrava cosa fatta, anche perché al San Paolo il Napoli comandava le operazioni per 2-1. Ma sugli spalti l’atmosfera era curiosamente polemica: i tifosi del Napoli volevano il Milan in B, e iniziarono a incitare insieme ai tifosi genoani il Genoa per il 2-2. Castellini sbagliò il rinvio regalando il corner al Grifone, che da corner al minuto 85 troverò con Mario Faccenda il 2-2 finale per l’esplosione di tutto lo stadio.
Il gemellaggio, iniziato dunque per mere ragioni sportive (di gusti sportivi, diciamo), si consolidò negli anni a venire.
Ma la storia di Napoli e Genoa da lì in avanti sarà molto diversa, almeno fino al ritorno in Serie A delle due squadre il 10 giugno del 2007. Quel giorno si giocava invece Genoa-Napoli, al Marassi. E i tifosi più anziani dei rossoblù volevano che il Grifone restituisse il favore ai fratelli napoletani dopo tanti anni. E così fu.
Uno scialbo ma romantico 0-0 consentì alle due squadre di festeggiare il ritorno nella massima serie. Quell’anno infatti non si giocarono i playoff in quanto il Genoa aveva 10 punti di vantaggio sulla quarta. Al termine dell’incontro, Piazza De Ferrari si riempì: i colori rossoblù si fusero vicendevolmente a quelli azzurri, e la festa iniziò. Ma quello fu anche l’inizio della fine di un gemellaggio storico, la cui causa di nascita – una questione sportiva – diventerà alla lunga anche quella della frattura.
Come si incrinano i rapporti
In Serie A le due squadre si affronteranno altre volte, ma il potere del Napoli di De Laurentiis cresceva sempre più, mentre quello del Genoa andrà man mano a scemare – con l’eccezione delle grandi stagioni sotto Gasperini (2009 soprattutto).
Fino al 6-0 dei partenopei ai danni del Grifone nel 2011. Un episodio che sanciva definitivamente il dominio sportivo dell’una sull’altra squadra. Ma che, pur nella sua significatività, non eliminava il gemellaggio tra le due tifoserie. Fino appunto ai fatti di San Siro del 26 dicembre 2018. In seguito ad essi, come detto, uscì il comunicato della Curva A e della Curva B partenopea che sancì la fine di questa storica fratellanza. È bene leggerne nel dettaglio le parole, perché non tutte sembrano riferirsi unicamente a questo episodio.
«Sarebbe lungo ed inutile annoverare tutte le cause che hanno portato alla fine il rapporto stesso, mal curato nel tempo e affidato esclusivamente ad amicizie personali». Ecco già un punto controverso: il rapporto era legato ad un gemellaggio tra le due curve o unicamente ad amicizie personali (cosa ben diversa)?
Poi il richiamo ai fatti di Milano: «Tante sono le soluzioni che con il tempo sono scivolate un po’ di mano, tra le tante questa improvvisa quanto persistente solidarietà verso una tifoseria che ci ha teso un vile agguato, senza nemmeno farsi carico di chiedere come stessero i ragazzi gemellati coinvolti negli scontri. Non condividiamo questa linea di tendere mani ed abbracciare compagini nemiche colpevoli di aver tolto la vita a dei nostri fratelli di viaggio».
Infine, la linea di confine, segnata per sempre: «Pertanto al di là di ogni singola perplessità, gli ultras di Napoli delle due curve comunicano ufficialmente rotto il vecchio rapporto con i genoani in piedi da anni. Consci delle amicizie personali costruite da singole persone negli anni tra le due città, ribadiamo che la sopracitata decisione riguarda esclusivamente noi Ultras, non ricadendo mai su tutto il resto. Con un grosso dispiacere nell’animo di ognuno di noi, il nostro essere fieri e coerenti ci ha imposto questa scelta oramai non più rimandabile».
Gente di mare, dicevamo in apertura. Se la corda si slega, il legame è irrecuperabile.