Tre anni fa la partita di addio di un giocatore che ha scolpito la mente e il cuore di tutti i tifosi giallorossi lungo venticinque campionati ricchi di gioie ed emozioni
È mai possibile dimenticare un amore lungo 25 anni? Domanda retorica… ovvio che non lo è. Ogni ferita si rimargina, ma i ricordi non si possono chiudere in un cassetto. Per certe storie d’amore non esiste l’oblio. Una di queste è quella tra Francesco Totti e la Roma. Il 28 maggio 2017 è una data passata alla storia perché è quella dell’ultima partita giocata con la maglia giallorossa da parte del “Pupone” nazionale. Un amore non certo finito, visto che Totti è ancora dove è sempre stato, cioè a Trigoria, ma con un’altra veste. I giorni passati non bastano a mettere in un angolo, nella memoria di ogni supporter giallo rosso, il calciatore più rappresentativo della storia del club. Ma non basteranno nemmeno altri 25 anni. Quel 28 maggio è stato solo l’epilogo. Perché l’ultimo anno e mezzo da giocatore è stato segnato da polemiche quasi a cadenza quotidiana. C’era stato lo scontro frontale con Spalletti, culminato con la ‘cacciata’ da Trigoria. C’erano stati i gol che avevano tenuto in corsa la Roma per un terzo posto quasi insperato. Il giorno dell’epilogo, quello che ogni romanista avrebbe voluto tardasse il più possibile, è poi arrivato. C’è Roma-Genoa, si decide tutto per il secondo posto e per il pass per la Champions. Da settimane l’Olimpico è esaurito in ogni ordine di posto, la Lega Calcio ha fissato il calcio d’inizio per l’orario canonico delle 15 di domenica (curiosità: da quel giorno non è più successo). Il giorno prima a Trigoria c’era stato l’ultimo commosso saluto ai tifosi. Il colpo d’occhio è pazzesco: su ogni posto c’è un cartoncino colorato con il suo nome e il numero 10, la coreografia della Sud che afferma senza alcun timore di smentita che “Totti è la Roma”, poi striscioni e stendardi, frasi ad effetto che resteranno scolpite nella memoria. Ad esempio “Speravo de morì prima”, la miglior sintesi del pensiero di ogni tifoso. Oppure “non piango perché smetti, ma sorrido perché ci sei stato”, come recitava lo striscione esposto a Trigoria il giorno prima. E poi i messaggi di celebrazione da tutte le parti del mondo, tanto per ricordare ai suoi detrattori la vastità di quel Raccordo Anulare in cui volevano racchiudere i suoi confini. “Entro, segno e li porto in Champions”. Totti si rivolge così a Juan Jesus durante il riscaldamento. La Roma è sull’1-1, Dzeko ha risposto a Pellegri ma non basta, la Roma deve vincere per andare in Champions. A inizio ripresa Spalletti lo manda in campo e l’Olimpico esplode. Non segnerà, ma avrà comunque un ruolo nel successo giallorosso arrivato al fotofinish. Segna De Rossi, Lazovic prova a guastare la festa ma l’ultima parola però è di Diego Perotti e della sua corsa liberatoria a petto nudo sotto la Sud. La Roma è in Champions, obiettivo raggiunto. Ora c’è da affrontare il momento più difficile, quello dei saluti. Totti lo fa con al fianco la sua famiglia. La moglie Ilary Blasi e i figli lo accompagnato nel giro di campo sulla pista d’atletica. I tifosi invocano il suo nome e fischiano Pallotta e Spalletti. Poi l’abbraccio con i compagni di squadra: De Rossi, Florenzi e Manolas i più commossi, in campo c’è perfino Emerson Palmieri, che qualche ora prima su quel campo ci aveva rimesso il ginocchio. L’ultimo simbolico fotogramma di quel giorno è la fascia ceduta da Totti a Mattia Almaviva, classe 2006, il più giovane capitano delle giovanili giallorosse. Ma prima c’era stata la lettera, l’ultimo definitivo saluto. Parole che ad un anno di distanza fanno ancora arrivare le lacrime agli occhi. Il “Vi amo!” urlato alla fine ha il sapore di una liberazione. Il resto è storia recente: dopo settimane di incertezza, i rumors su un possibile epilogo negli USA o in Giappone, Totti incontra Pallotta e firma quel contratto da dirigente promesso da tempo. I primi anni di inattività sono passati sempre nello spogliatoio, ma non più da giocatore. L’inizio di una nuova vita, come lo ha definito giorni fa Daniele De Rossi, che ha raccolto il suo testimone: “E’ sempre il ca**arone di una volta, però si sta ritagliando questo ruolo che spero ricoprirà in futuro in maniera più importante”. Il talento e le giocate ci sono ancora, pure se sono materiale per i nostalgici e per i match tra vecchie glorie. La prima Roma senza Totti è arrivata ad un passo dal sogno, da una finale di Champions, con un cammino europeo che nemmeno il più ottimista avrebbe pronosticato.