Dopo la sconfitta contro il Bologna (1-2) arrivata una settimana fa, Sarri non aveva proferito parola. Il silenzio stampa suo e della società puntavano il dito contro la gestione arbitrale di Maresca in quella partita, a dire dei biancocelesti macchiata e indirizzata da alcune scelte sbagliate del direttore di gara. Ieri sera dopo la sconfitta contro la Fiorentina al Franchi (2-1), Sarri è tornato a parlare, e ha nuovamente puntato il dito. Questa volta in direzione del mercato.
Sarri, parole amare
«Ognuno si prende le sue responsabilità. A luglio la società è stata chiara, se chiedo un giocatore A e tu mi fai scegliere fra C e D non è che io ho fatto il mercato. Stasera abbiamo delle attenuanti, non alibi. La prestazione è stata brutta e la piattezza mentale evidente. Non ci ha scosso nulla, una prestazione pesante ma se si parla di attenuante al momento ce ne sono. Ma abbiamo le nostre responsabilità, la mia paura era arrivare ad una partita di questo tipo con tutti i problemi che avevamo».
«Siamo andati in campo con 2-3 giocatori influenzati e altri che sono entrati senza allenarsi da tanto tempo. Brutto non aver saputo approfittare della fortuna di essere andati in vantaggio, stasera la squadra era mentalmente devastata. Saper fare quattro competizioni ci vuole una struttura materiale forte, ma anche gente mentalmente abituata a giocare ogni tre giorni e questo non si crea con un anno di Champions».
Lo sfogo di Sarri riprende da dove s’era arrestato qualche mese fa, quando Guendouzi ancora doveva entrare pienamente nei meccanismi tattici del mister toscano e Kamada stava lentamente prendendo la via d’uscita dal progetto biancoceleste. Senz’altro la Lazio è arrivata stanca, e con gli uomini contati – Vecino e Zaccagni, rientrati ieri, non erano al meglio –, nel momento più importante della stagione. Senza dubbio i nuovi (Castellanos e Kamada su tutti, ma anche Pellegrini dietro) non hanno inciso come Sarri avrebbe voluto, e forse non sono quelli che Sarri aveva chiesto in estate – Berardi e Zielinski su tutti. Ma questa squadra gioca davvero troppo male per poter giustificare certe prestazioni, come quella vista ieri sera.
Una squadra anonima
La Lazio di Sarri 23/24 è una squadra piatta, che non reagisce mai alle difficoltà e, cosa più preoccupante, non lo fa neanche a livello nervoso. Salvo rarissime eccezioni – il quarto di Coppa con la Roma di Mourinho e l’andata degli ottavi di Champions contro il Bayern di Tuchel (partite della vita, dove mettere qualcosa in più in campo è quasi d’obbligo per un calciatore) – i biancocelesti non sanno giocare una partita «di volontà», come l’ha definita il suo allenatore in conferenza stampa: quindi una partita di carattere, di voglia e tenacia.
Manca tutto questo, e pensate che dei 32 gol segnati fin qui dalla Lazio 26 sono stati segnati da dentro l’area di rigore. Sintomo, tra i tanti, di una squadra incapace di smuovere la partita con soluzioni alternative. Su questo Sarri può relativamente poco.
Da dove ripartire?
E qui però, paradossalmente, veniamo anche alle responsabilità dell’allenatore, che già dopo la sconfitta col Bologna aveva parlato di crisi di rigetto del gruppo a certi dettami tattici. Non sappiamo se i risultati della Lazio (oggi ottava in classifica, potenzialmente nona dopo il recupero di Sassuolo-Napoli) siano dovuti ad una crisi tattica o mentale. Forse entrambe, anche perché i nuovi (Guendouzi, Castellanos, Isaksen) sono quelli che corrono di più e più ci mettono grinta.
Sarri ha parlato di possibilità di ciclo finito, ma anche di base da cui ripartire. Si riferisce senz’altro ai sopracitati, perché i ‘veterani’ sono ormai arrivati al capolinea. E il problema più grande, ora, è capire come dare un senso al finale di stagione. La Lazio è ancora in piedi su tre fronti: dire che sia in corsa sarebbe un insulto all’intelligenza dei suoi tifosi.