Calcio e film sono un connubio ormai consolidato nel mondo del cinema, soprattutto per quello che concerne la Commedia all’Italiana e i cosiddetti “cult”.
Negli anni ottanta sono state tante le pellicole dedicate o incentrate sul gioco del calcio. In alcuni casi si tratta di film entrati a far parte della cultura del nostro paese e nella memoria delle persone.
Non solo, ma certi dialoghi o certe battute sono diventato un must anche nel linguaggio corrente. Insomma, vere e proprie perle, che pur non ambendo agli oscar hanno lasciato il segno nella cinematografia italiana. Bollati come pacchi dalla critica, questi film hanno invece incontrato il favore popolare e a distanza di anni continuano a piacere a nuove e vecchie generazioni.
Passiamo allora in rassegna cinque cult assoluti da rivedere assolutamente!
#1 L’allenatore nel pallone – 1984
L’allenatore nel Pallone, uscito nelle sale nel 1984 sotto la regia di Sergio Martino è senza dubbio per distacco il più bello e sicuramente il più amato.
Lino Banfi è il maldestro Oronzo Canà, allenatore mediocre e con idee strane, chiamato apparentemente per salvare la Longobarda al suo primo campionato in Serie A. In realtà, il presidente Borlotti ha scelto la “Iena del Tavoliere” nella speranza che possa far retrocedere la squadra in Serie B, perché la Serie A comporta dei costi insostenibili.
Il povero Oronzo, ignaro di tutto, si troverà a convivere con un calcio mercato disastroso, un precampionato esilarante e una partenza da incubo. In mezzo a mille gag e battute rimaste nella memoria di tutti, come il suo famoso modulo: il 5-5-5. Il pugliese però ha l’occhio clinico e dopo un viaggio a dir poco zeppo di guai in Brasile, porta in squadra la punta Aristoteles: ben visto dal tenico e odiato dai compagni la punta carioca segna reti importanti.
Intanto il presidente Borlotti blinda l’allenatore dalle critiche e quando la salvezza è ad un passo, lo stesso presidente ordina a Canà, prima dell’ultima gara: “Perdere e Perderemo!”. Canà seppur amareggiato sembra accettare, ma a 15 minuti dalla fine lancia dentro il talento brasiliano al posto della mela marcia e capitano Speroni.
La punta ribalta il risultato e con la vittoria per 2-1 all’ultima giornata la Longobarda conquista la salvezza. Questo porta alla mitica scena finale, con un Lino Banfi portato “dolorosamente” in trionfo e un Borlotti che finge soddisfazione nei festeggiamenti finali, ma raggiunto Oronzo bisbiglia:”Lei è licenziato”. E il buon Canà ribatte: “Lei è cornuto!”.
#2 Mezzo Destro e Mezzo Sinistro – 1985
Visto il successo di pubblico del filone calcistico sempre Sergio Martino prova a replicare facendo uscire nel 1985 «Mezzo destro mezzo sinistro – 2 calciatori senza pallone».
Andrea Roncato e Gigi Sammarchi, già protagonisti nel film precedente, sono i giocatori della Marchigiana, altra matricola che ha raggiunto la serie A. Roncato, alias Margheritoni è un giocatore sul viale del tramonto, amante della vita notturna e delle donne al grido: “Ma che ci do e che ci do”. Gigi è “Cesarini” un giocatore mediocre che fatica a trovare posto in squadra, suo malgrado spalla nei guai del compagno.
La squadra parte male sotto la direzione dello strampalato Coligno: un maestro con la passione per la musica, i libri e le citazioni. A metà stagione Coligno viene cacciato e al suo posto ecco il sergente di ferro argentino Fulgencio (Leo Gullotta). Le cose cambiano a livello di risultati, ma anche per i due protagonisti che finisco ai margini della squadra. Soprattutto Margheritoni si trova scavalcato dal giovane primavera Vacca.
Fulgencio porta la squadra in ritiro in uno sperduto monastero, dove Margheritoni e Cesarini provano la fuga per andare a donne, ma vedono naufragare i loro progetti. Il riscatto per l’attaccante è però dietro l’angolo, quando la Marchigiana va a giocare un torneo in Germania e contro il Francoforte Margheritoni, dopo mille insulti dell’allenatore e dei tifosi tedeschi, segna le due reti che consegnano la vittoria alla sua squadra.
#3 Al Bar dello Sport – 1983
«Al Bar dello Sport» uscito nel 1983 per la regia di Francesco Massaro, rispetto agli altri film utilizza il calcio come leva per raccontare una storia che ci porta nella realtà sociale dell’inizio anni 80′.
Siamo comunque davanti ad un altro capolavoro di Lino Banfi, in un film che unisce calcio e soprattutto il Totocalcio, per decenni il sogno nemmeno troppo velato degli italiani.
Lino è emigrato a Torino dal Sud Italia, ma nonostante si arrabatti come “Tecnico delle vongole” non ha mai un soldo in tasca e vive in casa della sorella, sposata con un operaio della Fiat. Umiliato sul lavoro e casa, il buon Lino trova conforto solo al “Bar dello Sport”, dove altri come lui formano un gruppo di simpatici avventori con la passione per il totocalcio.
Alla vigilia di un nuovo concorso del gioco, Lino compila la propria schedina e rimane dubbioso su Juventus – Catania. La ragione dice 1 secco, ma il buon “Parola” (Jerry Calà) lo istiga a mettere il segno 2. Sarà il colpo di genio per un 13 miliardario (strepitosa la scena della scoperta del 13: “perde la Juve”). Lino impazzisce di gioia al termine delle partite (“Turin vado via, ho fatto 13 tredici. Che colpo di culo”, sbam sul palo della luce) , vorrebbe urlare al mondo quello che ha vinto, ma poi ci ripensa.
L’unico che sembra rompere le uova nel paniere è il buon “Parola“: muto si, ma in grado di poter far sapere a tutti quello che ha vinto l’amico. Alla fine Parola si accontenta di un tredicesimo della vincita, in cambio del silenzio e dopo aver incassato la vincita decide di partire con l’amico Lino per Sanremo. I due si fermano a dormire davanti al Casinò: mentre Banfi passa ore allegre con una simpatica escort, Parola da ludopatico vero esaurisce la vincita al totocalcio alla roulette del Casinò.
Banfi scopre che il miliardo e 300 milioni è polverizzato e in preda ad una crisi isterica si avvia alla roulette del casinò per tentare di vincere. Qui centra per 52 volte il numero due, vincendo oltre tre miliardi di lire. La scena finale è da oscar: davanti al Bar dello Sport di San Remo, Lino Banfi, Parola e la escort festeggiano, fino a quando lo stesso Parola ritrova la voce per parlare.
“Parola hai parlèto?” urla Banfi e il finto muto scappa per la paura, sulle note di “L’Italiano” di Toto Cotugno. È la fotografia esatta dell’Italia negli anni 80 fra sogni, speranze e un boom economico senza precedenti. C’è anche tanta nostalgia in questo film, per un calcio e un decennio irripetibili.
#4 Il tifoso, l’arbitro e il calciatore – 1983
«Il tifoso L’arbitro e il calciatore» è un film ad episodi girato nel post mondiale 1982 e uscito nelle sale nel 1983 sotto la regia di Pier Francesco Pingitore.
La prima parte è incentrata sulle vicende di Alvaro Presutti, alias Alvaro Vitali. Quest’ultimo è un arbitro di Serie A severissimo. Odiato da tifosi e giocatori, i quali vengono presi regolarmente a testate dal direttore di gara in caso di proteste. Alvaro ha una moglie bellissima e provocante (Carmen Russo), sulla quale sembra aver messo gli occhi Walter Grass, attaccante della Juventus. Alla vista di alcuni fotomontaggi che ritraggono la sua signora con l’asso straniero bianconero, l’arbitro va su tutte le furie.
Presutti cerca di rovinare la carriera dell’attaccante juventino, ma quest’ultimo diventerà suo alleato nella ricerca di chi ha creato quei fotomontaggi. È in realtà il suo amico Sposito (Enzo Cannavale) che ha innescato il tutto per far perdere la Juventus e vincere così al totonero (al tempo le scommesse erano illegali). Presutti con l’aiuto del giocatore, del suo compagno e della moglie, attira Sposito in un tranello e si prenderà la sua vendetta.
La seconda parte del film vede protagonista Pippo Franco, alias Amedeo. Romanista e figlio di un romanista sfegatato “Oddio lo Sturbo” (Mario Carotenuto).
Una fede che è però costretto a nascondere sul lavoro, in quanto è fidanzato con la figlia del capo della sua azienda (Gigi Reder, meglio noto come Filini) e noto tifoso della Lazio. Ovviamente tiene anche il padre all’oscuro della fede del suo capo, ma un bel giorno ecco il derby per beneficenza tra Roma e Lazio.
Il padre lo vuole allo stadio, ma anche il capo ha deciso che tutti i dipendenti dovranno occupare la Curva Nord per tifare Lazio. Amedeo quindi è costretto a dividersi fra le due curve, inventando scuse disparate fra mille gag: come quella di avere una giacca che all’occorrenza è giallorossa o biancoceleste. Alla fine però si tradisce e viene picchiato da entrambe le fazioni. Riuscirà a farsi perdonare da tutti e mettere al mondo due gemelli, uno giallorosso e uno biancoceleste.
La battuta più bella del film però, porta la firma di Mario Carotenuto. Dopo una rete di Agostino Bartolomei, storico capitano della Roma, il tifoso urla: “Agostino, mettete a fumà la pipa, che te famo presidente della Republica“. Un chiaro riferimento a Pertini e alla sua inseparabile Pipa.
#5 Eccezzziunale… veramente – 1982
«Eccezzziunale… veramente» pellicola del 1982 firmata dai fratelli Vanzina è la consacrazione per Diego Abatantuono che in questo film veste i panni di tre differenti tifosi, il milanista Donato, l’interista Franco e lo juventino Tirzan. La trama è un susseguirsi di vicende legate ovviamente al mondo del calcio, con gag e frasi rimaste nella storia. Insieme all’interista Franco, ci sono anche Massimo Boldi, Teo Teocoli e Ugo Conti(tutti nella realtà sono grandi tifosi del Milan).
Ne escono quasi due ore di risate con gag e situazioni al limite dell’inverosimile e la pellicola acquista valore con la presenza di Stefania Sandrelli: quest’ultima è la fidanzata di Sandrino detto “Il mazzulatore” capo ultras dell’Inter che si fa male accidentalmente negli scontri con Donato, il Ras della Fossa dei Leoni del Milan.
Dicevamo delle frasi. Donato Cavallo è noto per il suo “Parola d’ordine: viuuuuuuulenzaaaaaaaa” oltre che vari ringraziamenti a Gianni Rivera e al mondo rossonero. La scena finale, con la rete del Milan a Cagliari, mentre Donato è al cinema con Loredana (Stefania Sandrelli) è simile al quadro, “l’urlo di Munch”.
Franco Alfano l’Interista odia moglie e suocera e davanti al finto tredici (Carrarese – Pro Patria? X!), tira una torta in faccia alla suocera e spacca oggetti cari alla moglie. Quando capirà dello scherzo della schedina, fatto dagli amici del Bar, proverà con loro a mettere in piedi una truffa assurda in Avellino – Inter, per recuperare i soldi spesi. Ma finirà male per tutti e con l’ombra degli allibratori che sono pronti a prendersi tutto.
Infine Felice La Pezza detto “Tirzan” è un auto trasportatore di Bisceglie che è follemente innamorato della Juventus. E proprio per colpa della Juventus si prende prima una multa dalla polizia che gli impedirà di assistere al derby Juve – Torino. Segna Virdis per i bianconeri e Tirzan sentendo la gara via radio urla “Vai tamburino sardoooo”. In un secondo momento scambia il proprio tir con quello dello Slavo: quest’ultimo va in Romania dalla fidanzata e Tirzan dopo aver lasciato la merce a Parigi, vuol andare a Bruxelles per vedere la Juve in Coppa Campioni.
Non arriverà mai in Belgio, visto che il tir viene rubato nella capitale francese e dopo mille ricerche lo recupera ma danneggiato. Allo scambio con lo slavo, Tirzan recupera il suo tir e solo in un secondo momento si accorge che anche il suo camion è mezzo distrutto. Si dirige a Milano per seguire Milan – Juventus e qui capita accanto all’avvocato Agnelli. “Maronna, Cianni Agnello“. Tirzan non molla la presa e dopo aver assicurato che metterebbe anche lui qualche soldo per l’acquisto di Maradona, diventa a sua volta l’autista ufficiale della sua “Giuventus”.