Il proverbio “mai dire mai” è generalmente valido in molti ambiti della vita, ma nel calcio dovrebbero trovare un modo di scolpirlo sulla pietra. Tanti sono i casi di giuramenti di amore eterno traditi, tante le promesse non mantenute. Fra le più celebri “parole rimangiate” ci sono però quelle di Fabio Capello, che da allenatore della Roma aveva affermato che non sarebbe mai andato alla Juve. Salvo poi ripensarci più o meno 4 mesi dopo.
A poche ore da un nuovo capitolo della saga calcistica tra Juventus e Roma, andiamo a ricordare cosa successe quel giorno.
Fabio Capello e quel “mai alla Juve” che gli rinfacciarono in tanti
Con la macchina del tempo andiamo al 7 febbraio 2004. Conferenza stampa di rito prima di Roma-Juventus, un classicone di calcio e una fonte pressoché inesauribile di polemiche. Ancora nessuno lo sa, ma quella conferenza stampa entrerà di diritto nell’aneddotica di odio sportivo tra le due tifoserie.
Siamo alla vigilia della giornata numero 20, con il Milan che era in fuga a 48 punti. Quel Roma-Juve era una sorta di spareggio su quale delle due avrebbe provato a rivaleggiare con i rossoneri per lo scudetto. Come ogni volta prima di queste partite, le domande sulla Juve erano prassi. Così, interrogato su un suo possibile impegno futuro alla Vecchia Signora, Don Fabio rispose “Io alla Juve? Non scherziamo, non ci andrei mai.” Poi l’allenatore friulano aggiunse ovviamente che rispettava la società bianconera e la sua storia, dove peraltro aveva militato diversi anni da calciatore, ma aveva motivato la sua come una “scelta di vita”.
A questo punto, tocca fare un passo indietro. Fabio Capello era arrivato a Roma nel 1999, portando i giallorossi allo scudetto nella seconda stagione. Durante i primi anni della sua permanenza alla corte del presidente Sensi, Capello aveva mostrato una delle qualità non scritte, che calciatori e allenatori devono avere per trovarsi bene in determinate piazze: il sapere essere “paraculo”. Così, a un’utenza che si alimentava da sempre di complottismo e vittimismi, aveva fatto affermazioni di quelle che ai giallorossi piaceva molto sentire. Ad esempio, quella che “il potere è al Nord” e, per questo, vincere uno scudetto a Roma vale molto di più. Sempre Don Fabio aveva parlato in più occasioni anche di altri argomenti sempre “evergreen”, come doping e sudditanza psicologica, in riferimento alla Juventus. La sostanza è che, quando sei allenatore o giocatore della Roma, è quasi un dovere professionale inquadrare la Juventus come un nemico giurato. La realtà è poi ben diversa, perché si tratta di professionisti che danno il massimo per il club che li ingaggia.
Come finì quel Roma-Juve
Per la cronaca, quel Roma-Juve sarebbe terminata con una delle più sonore batoste che si ricordino. Parliamo del famoso 4-0 con gol di Dacourt, Totti su Rigore e Doppietta di Cassano. Sì, parliamo della partita al termine della quale Totti fece il famoso gesto “4 e a casa” nei confronti di Igor Tudor, divenendo un meme prima dei meme.
Tuttavia, erano gli ultimi fuochi di Capello alla Roma, avventura che stava per concludersi e di cui quel 4-0 sarebbe stata una delle ultime serate liete. Non è un segreto, infatti, che Antonio Cassano non fosse in rapporti idilliaci con lo stesso Capello, il quale lo aveva un giorno definito come un “coniglio che scappa”.
Cosa successe a maggio
A maggio, invece, a scappare – pur se non certo come un coniglio – sarà proprio Fabio Capello. Ad aggiungere sale alla ferita, l’allenatore si portò a Torino due fedelissimi come Emerson e Zebina, ad alimentare ulteriori voci sul fatto che il regista di tutto fosse lo stesso allenatore.
Lui, interpellato sull’argomento anni dopo, ha semplicemente affermato che “a volte ci si rimangia le parole”, che alla Roma era a fine ciclo perché sentiva di non poter più ottenere il massimo da calciatori e ambiente, e che era stata la stessa Juventus a cercarlo, per sostituire Marcello Lippi che a sua volta era destinato a succedere a Giovanni Trapattoni sulla panchina della Nazionale Italiana.
Roma, Capello e la Juve: cosa era successo 34 anni prima
Peraltro, per Capello si trattava del secondo passaggio dalla Roma alla Juventus. Il primo era avvenuto nel 1970, quando il presidente Marchini aveva mandato i suoi gioielli Luciano Spinosi, Fausto Landini e Fabio Capello a Torino, ricevendo in cambio Luis Del Sol, Gianfranco Zigoni e Roberto “Bob” Vieri (papà di Bobo). Anche in quel caso non mancarono le polemiche, ma non certo nei confronti di Capello, che pure era stato protagonista della Coppa Italia vinta nel 1969. La piazza ribollì invece nei confronti del patron Alvaro Marchini, e anche l’allenatore Helenio Herrera non fece certo salti di gioia, per questo maxi-scambio.
Cosa fece poi Fabio Capello alla Juventus
Il passaggio di Fabio Capello alla Juventus, come detto, si concretizza nel maggio 2004. Don Fabio eredita una squadra già forte, alla quale si aggiungono pezzi da novanta del calibro di Zlatan Ibrahimovic e Fabio Cannavaro, mentre Capello porta con sé da Roma il centrocampista Emerson e il difensore Zebina. Nasce così una super squadra, che rimarrà in testa per tutte le 76 giornate di campionato seguenti, vincendo due scudetti. Poi scoppia lo scandalo Calciopoli, la Juve viene retrocessa in B e in tanti fanno le valigie, compreso il tecnico. Ma questa è veramente un’altra storia.