Euro 76 è la quinta edizione del campionato europeo di calcio per nazionali, un torneo che con con gli anni ha ormai consolidato la propria presenza e il proprio prestigio internazionale.
La vittoria della Germania Ovest nell’edizione del 1972, con il susseguente trionfo di Beckenbauer e compagni al mondiale casalingo di due anni dopo, ha contribuito ad innalzare ancor di più il livello della competizione, che già nel 1976 viene considerata ormai la seconda per importanza nel calcio per le nazionali.
L’unica cosa che inizia a risentire del passare del tempo è probabilmente la formula, troppo diversa e striminzita rispetto a quella dei mondiali, e che rischia di essere penalizzante per il torneo.
Il percorso di qualificazione
Anche per l’edizione di Euro 76 sono 32 le squadre iscritte a partecipare, e vengono divise in otto girone, le cui vincenti si scontreranno poi nei quarti di finale, ultimo turno prima della fase conclusiva del torneo.
Come sempre questa fase nasconde qualche sorpresa e la prima arriva proprio dal gruppo numero 1. In questo girone, oltre alla vittima sacrificale Cipro che totalizzerà 0 punti, trovano spazio l’emergente Portogallo, la Cecoslovacchia e la favorita Inghilterra. Gli inglesi sono alle prese con il difficile ricambio generazionale dopo l’epoca dei campioni del mondo 66′, ma rimangono pur sempre i maestri del football.
Esordiscono con autorità, rifilando 3 reti ai cecoslovacchi, ma poi impattano 0-0 a Wembley contro il Portogallo. È la seconda partita del girone e non sanno ancora che sarà quella decisiva. La nazionale lusitana è ostica, vince le gare che deve vincere (contro Cipro quindi) e ferma in casa Inghilterra e Cecoslovacchia. Regna l’equilibrio e in questo contesto diventano decisive due gare: la prima si svolge a Praga, e vede i padroni di casa della Cecoslovacchia travolgere il Portogallo per 5-0 un po’ a sorpresa. La seconda va in scena a Bratislava nell’Ottobre del 75′ tra le due favorite del girone: agli inglesi basta un pareggio per mantenere la testa della classifica, la Cecoslovacchia deve vincere. Finisce 2-1 per i padroni di casa che estromettono di fatto la nazionale di sua maestà dall’europeo.
Negli altri gironi fila tutto secondo copione, e le grandi si presentano praticamente tutte all’appuntamento con i quarti di finale. Ecco, praticamente, perché purtroppo per noi l’Italia buca l’appuntamento.
L’Italia a Euro 76
Appena si conclude il sorteggio dei gironi di qualificazione si capisce che non sarà un europeo semplice per gli azzurri. La malandrina urna dell’UEFA partorisce un girone di ferro per l’Italia che comprende la Finlandia, ampiamente alla portata, ma anche la seconda e la terza degli ultimi mondiali, vale a dire l’Olanda e la Polonia.
Proprio i mondiali tedeschi del 1974 hanno rappresentato un punto di svolta per la nazionale, con un fallimento fragoroso esplicitato dall’uscita ai gironi. Vengono giubilati molti degli eroi “messicani” e si inizia un percorso di ricambio generazionale affidato a Fulvio Bernardini, che dal 1975 verrà affiancato da Enzo Bearzot.
In questa precisa fase storica la nostra nazionale è quindi un cantiere a cielo aperto, ma il cammino azzurro risulta troppo in chiaro-scuro per essere soddisfatti. L’Italia chiude il girone con la miglior difesa, appena 3 gol subiti e tra l’altro tutti nella partita d’esordio persa in Olanda per 3-1. Ma segna pochissimo, infatti 3, sono anche i gol fatti in 6 partite. Una sequenza di scialbi 0-0, compreso quello interno contro la Finlandia, con l’unica soddisfazione di essere riusciti a battere gli olandesi a Roma.
Gli orange, dopo il mondiale tedesco, sono la squadra del momento e giocano il calcio del futuro in quella porzione di anni 70′. Hanno giocatori splendidi, come Crujiff, Neeskens e Resenbrink e passano meritatamente ai quarti di finale dove li aspetta il derby dei paesi bassi contro il Belgio. Passeranno agevolmente quello scoglio qualificandosi per la fase finale.
A completare il quadro troviamo la Germania Ovest (e si sogna già la rivincita della finale mondiale), la sorprendente Cecoslovacchia che dopo gli inglesi estromette anche i sovietici che per una volta non si qualificano, e la Jugoslavia che ha la meglio sul Galles. Proprio la nazione balcanica è poi designata per ospitare le semifinali e la finale che si disputeranno a Zagabria e Belgrado.
La fase finale di Euro 76
Tra le 4 squadre qualificate per la fase finale sono 2 le favorite assolute. Germania Ovest e Olanda è la finale desiderata da tutti, la rivincita del mondiale 74′ questa volta in campo neutro. Oltre che per valori tecnici, è proprio lo scontro tra due filosofie di gioco così distanti, tra un calcio muscolare tedesco, e quello dinamico e tecnico degli orange.
Cecoslovacchia e Jugoslavia sembrano dover fare da sparring-partner verso la finale annunciata.
Quello che vedremo in realtà nelle 4 partite del torneo è qualcosa di irripetibile, praticamente un unicum nelle competizioni ad alto livello. C’è infatti un record da segnalare, quello che vede tutte e 4 le gare dell’europeo finire ai supplementari, raccontando di un equilibrio insperato all’inizio della manifestazione.
La prima semifinale sembrerebbe quella più segnata: a Zagabria si gioca Cecoslovacchia-Olanda. La gara è dura e spettacolare, come sarà tutto quell’europeo. In pratica il protagonista dei 90′ è il cecoslovacco Ondus, che fa sostanzialmente tutto lui.
Porta in vantaggio i suoi al 19′, poi ci prende gusto e segna anche un gol nella propria porta per il pareggio olandese. Nel mezzo l’espulsione di Pollak all’ora di gioco e quella di Neeskens al 76′ per ripristinare la parità numerica. Si va ai supplementari e si nota come la Cecoslovacchia sia una formazione sottovalutata, che in realtà ha un tasso tecnico di tutto rispetto diffuso nei vari reparti.
Uno degli uomini migliori è senza dubbio Nehoda, attaccante di razza che nel secondo tempo supplementare porta avanti i suoi: a quel punto agli olandesi saltano i nervi, dopo il vantaggio cecoslovacco si fa espellere Van Hanegem e poco prima del fischio finale Vesely sigilla la vittoria con il gol del 3-1. Olanda clamorosamente fuori.
Nell’altra semifinale di scena a Belgrado si affrontano i padroni di casa della Jugoslavia e la Germania Ovest. Il Marakana di Belgrado ribolle e spinge i padroni di casa verso la prestazione della vita. Gli slavi sono guidati in campo ancora da Dzajic, come negli europei italiani di 8 anni prima: l’attaccante segnerà al 30′ il gol del 2-0, raddoppiando quello siglato dieci minuti prima da Popivoda.
Si va al riposo sul 2-0 per i padroni di casa, il CT tedesco Helmut Schone, non contento di quanto visto nella prima frazione di gioco, cambia: fuori Wimmer e Danner, dentro Flohe e Dieter Muller, giovane attaccante del Colonia convocato a furor di popolo dopo le belle prestazioni in campionato.
Arriva la scossa sperata e saranno proprio i nuovi entrati a suonare la carica: Flohe al 65′ e Muller all’80’ rimettono in piedi una partita che sembrava persa. Si conferma la regola dei supplementari, ma gli jugoslavi hanno davvero dato tutto, e il calore del pubblico non basta.
Il giovane Muller si scatena, e nel secondo tempo supplementare sigla le reti che fissano il risultato sul 2-4 finale. Il ventiduenne attaccante del Colonia sigla una clamorosa tripletta, e diventa l’eroe a sorpresa della serata.
La finale di Euro 76: per la prima volta rigori protagonisti
Belgrado, 20 giugno 1976: Cecoslovacchia e Germania Ovest si giocano il titolo continentale.
Favoriti d’obbligo i tedeschi, ma la formazione cecoslovacca parte col morale a mille dopo l’impresa della semifinale. E in effetti gli uomini del C.T. Jezek iniziano la gara aggredendo la Germania Ovest, mettendola in netta difficoltà. Dopo appena 8′ un pasticcio difensivo tedesco viene punito dal gol di Svehlik e al 25′ i cecoslovacchi trovano addirittura il raddoppio con una sventola di Dobias da fuori.
Come da copione i tedeschi vendono cara la pelle però: passano appena tre giri d’orologio e Dieter Muller si produce in una mezza rovesciata da dentro l’area che accorcia le distanze. Inizia per i ragazzi di Jezek una gara di sofferenza. La Germania Ovest preme, si procura occasioni e ne sbaglia alcune, ma il fortino cecoslovacco regge. Fino all’89’ però: sull’onda della spinta, i tedeschi guadagnano un angolo.
La palla battuta dalla bandierina, si avvia liftata verso l’area piccola, che dovrebbe essere il regno di Ivo Viktor, portiere cecoslovacco. Hölzenbein sfida le regole del buon senso, e va comunque a saltare provando a gettare il cuore oltre l’ostacolo in questo ultimo disperato assalto: il suo tempismo e la sua elevazione sono perfetti e riesce effettivamente ad impattare il pallone prima del portiere avversario in maniera pulita, siglando un insperato pareggio che manda, per l’ennesima volta, le squadre ai supplementari.
Occhio però, perché il regolamento non prevede più bizzarri sorteggi, o ripetizioni di partite in caso di parità dopo l’over time. Sfiancate dalla fatica e bloccate dalla paura le due squadre si lasciano stare nei supplementari: per la prima volta nella storia del calcio una competizione viene decisa ai rigori. Una lotteria spietata, che premia gli audaci.
Percorso netto nei primi 6 rigori tirati e punteggio ancorato sul 3-3. Jurkemik porta avanti i suoi per 4-3 spostando tutta la pressione sul tedesco Uli Hoeness. Il vecchio Uli è un campione del mondo, esperto e raffinato centrocampista, che ha vinto tanto con la nazionale il club. Ma quando ci si gioca un europeo dagli 11 metri la porta è piccola, le gambe tremano e il cuore ti finisce in gola in un attimo.
Hoeness arriva sul pallone con ferocia, quasi volesse accorciare il più possibile il tempo di questa incombenza non gradita: il suo pallone vola, alto, sopra la traversa.
Match point per la Cecoslovacchia, evenienza che sembrava incredibile ad inizio torneo. Sul dischetto si presenta un signore baffuto, di professione centrocampista, che corrisponde al nome di Antonin Panenka.
La porta è piccola, le gambe tremano e il cuore ti finisce in gola in un attimo. Inoltre davanti al baffo di Panenka c’è Sepp Maier, portiere campione del mondo. Quindi non resta che fare una sola cosa: la più inaspettata possibile, quella non pronosticabile, proprio come quella Cecoslovacchia.
Panenka prende la rincorsa, e arrivato sul pallone non lo colpisce con forza: blocca quasi la sua gamba destra, infila il piede dotto il pallone e lo accarezza sulla pancia come si farebbe con gatto. La sfera si muove morbida nell’aria, molto più soffice di Sepp Maier che oramai si è buttato alla sua sinistra e non può tornare indietro. È lenta, ma inesorabile, e blocca il Marakana di Belgardo in un attimo sospensione. Il gesto è beffardo, fin quasi all’irrisione, ma è dannatamente efficace: gli occhi di Panenka si spalancano alla visione della rete accarezzata dal pallone, che significa Cecoslovacchia campione d’Europa.
Questo rigore, rimasto nella storia, è destinato a creare un mito. Certamente quello del folle e geniale Panenka, ma anche quello del rigore a cucchiaio, croce e delizia di tifosi a tutte le latitudini del mondo.
Un gesto che ti sospende sempre, in una sorta di calciatore di Schrödinger, dove mentre la palla è in aria sei allo stesso momento un genio del calcio e un cretino. Solo il gol fa la differenza.
E quella sera del 20 giugno 1976, tutta Europa si è resa conto di come Anotnin Panenka fosse un genio.