Un aforisma dei fratelli Grimm recita: “ciascuno di noi reca in sé un estraneo inquietante”. Curiosamente, i Grimm, inseparabili fino alla morte, nascono ad Hanau – a pochi passi da Francoforte – e muoiono a Berlino, affacciati sul misterioso est. L’aforisma, alla luce della storia che stiamo per raccontare, suona quasi come una profezia. In effetti la Germania che ospitò i Mondiali del 1974 era scissa in sé, portava “con sé un estraneo inquietante” – il potere del comunismo sovietico che ferì, recidendola in due, la città Berlino. Fino al 1989.
Due Germanie divise dal Muro, entrambe ai Mondiali
Appena 15 anni prima si giocò un Mondiale che per il peso politico delle sue premesse può tranquillamente essere equiparato a quello “di” Videla del 1978. Andiamo però al 26 settembre 1973, data preambolo della nostra storia. A Lipsia, nella parte est della Germania, Bernd Bransch viene portato in trionfo dopo aver segnato il gol vittoria – da capitano – che consente alla Germania Est (DDR) di accedere ai Mondiali “casalinghi” dell’anno seguente. Due gol contro la Romania ed estasi dei 95 mila presenti.
Un’occasione unica, per la DDR, che per la prima volta nella sua storia avrebbe potuto disputare i campionati del mondo: farlo da vicini di casa, dall’altra parte del Muro, trascendeva chiaramente gli scopi sportivi. Orwell non avrebbe saputo immaginare un contesto più accattivante.
D’altra parte questo è sempre stato il vero terreno di scontro tra Est e Ovest, Repubblica Democratica e Repubblica Federale tedesca. O meglio ancora, se volete, comunismo e capitalismo. D’altra parte già qualche anno prima, quando l’uomo iniziava a mandare sulla luna i primi cani, poi uomini, esploratori, il duello era primariamente estetico, esteriore e propagandistico, solo poi scientifico.
Vale a dire: con il mondiale del ’74 lo sport torna – o continua – ad essere potentissimo mezzo di comunicazione globale, inimitabile strumento di soft-power. L’obiettivo della DDR era quello di superare almeno il primo turno eliminatorio, per avanzare il più possibile nella competizione.
La quale, però, cominciò con i peggiori auspici. Si seppe infatti che Georg Buschner, CT della DDR, non avrebbe potuto partecipare alla cerimonia del sorteggio a Francoforte. Si temeva che potesse fuggire in Occidente. Ma in confronto a ciò che accadde durante l’estrazione dei gironi, questo non è niente. Le due Germanie, le due anime di uno stesso popolo, furono infatti sorteggiate assieme nel primo gruppo del Mondiale, il gruppo A, insieme ad Australia e Cile.
Non solo, ma il duello più sentito nella storia del calcio fino a quel momento si sarebbe disputato nella terza e ultima giornata del girone. I vertici della DDR capirono che questa sfida avrebbe forse deciso i destini del governo più di qualsiasi mozione pubblica. Nel 1974 la nazionale giocò moltissime amichevoli di prestigio, ciò che gli consentì di arrivare preparata e carica per i Mondiali. L’entusiasmo nazionale contagiò i club, con il Magdeburgo che vinse la Coppa delle Coppe contro il Milan di Rivera. In quella squadra militavano tre futuri protagonisti della nazionale: Martin Hoffmann, Jürgen Pommerenke e Jürgen Sparwasser.
Dall’altra parte del Muro, però, c’era una Nazionale addirittura più forte, nonché campione in carica del titolo europeo (1972). A livello di club, neanche a dirlo, il Bayern dei Beckenbauer Muller Maier, tutti nazionali, aveva appena vinto la Coppa dei Campioni.
Un’irripetibile sfida Mondiale
Il 13 giugno, quando la competizione aprì ufficialmente i battenti, la tensione era palpabile. Non solo per i terribili e recenti fatti dell’Olimpiade di Monaco. Eppure la DDR partì molto bene: 2-0 all’Australia, 1-1 contro il Cile con un pizzico di sofferenza eccessiva, come se il vento della terza e decisiva sfida del girone fosse già arrivato in quella partita sulla carta più semplice.
La Germania Ovest, invece, sapientemente allenata da Helmut Schoen, vinse 1-0 e 3-0 contro i sudamericani e gli australiani. Punteggio pieno, zero gol presi, e tanta voglia di far fuori i “gemelli” di casa. Entrambe le nazionali, prima di affrontarsi, già sapevano di essere passate in virtù del pareggio 0-0 tra i due fanalini di coda Cile e Australia.
Si arrivò così al derby. Si giocò, manco a farlo apposta – o forse sì –, al Volksparkstadium di Amburgo: letteralmente il «Stadio del parco del popolo». Divisa bianca e pantaloncini neri per la Germania campione d’Europa in carica. Divisa blu e pantaloncini bianchi per la DDR. Clima bellissimo allo stadio: per molti è una festa, per chi è in cima alle due formazioni non proprio. In generale, la prima fase dell’incontro è di studio.
Se ne accorge anche l’arbitro Barreto Ruìz, spettatore pagato della sfida. Nel primo tempo non accade quasi nulla, se non un palo di Gerd Muller. Nella ripresa invece è tutta un’altra sfida, con la DDR più decisa a far suo l’incontro. L’allenatore della Germania Ovest Schon corre ai ripari inserendo Netzer al 69’, ma appena 9’ è la DDR a passare clamorosamente in vantaggio.
Capovolgimento di fronte partito da un lancio del portiere. Gioco che si sviluppa armoniosamente dalla destra alla sinistra, quando con un lancio di 35 metri Hamann pesca splendidamente Sparwasser al limite dell’area di rigore. L’attaccante tedesco è marcato da due uomini, ma se ne libera con un colpo di testa e una finta di straordinaria eleganza: il tocco di destro è un missile terra aria imparabile per Maier. Poi le mani al cielo, una capriola e la gioia incontenibile di un calciatore straordinario.
Lo stadio ammutolito, se non per le poche migliaia di tifosi della Germania Est. Qualcuno, in seguito a quell’incontro terminato 0-1, dirà che i Bianchi avevano cercato la sconfitta: questa gli consentirà infatti di capitare in un girone con Jugoslavia, Svezia e Polonia, al contrario degli orientali che finirono in un girone di fuoco con Brasile Olanda e Argentina. La seconda delle quali sarà proprio la finalista battuta dalla Germania Ovest con un 2-1 splendido in rimonta.