Se cercate il suo nome su “Google”, alla voce Luther Blissett vi appariranno probabilmente più risultati di carattere letterario che calcistico.
Questo però rende l’idea se non del valore assoluto del giocatore, di quello che ha rappresentato come icona durante gli anni ottanta e novanta. Purtroppo per lui, questo filone di ispirazione culturale deriva da quello che è stato probabilmente uno tra i più colossali “fiaschi” di mercato del Milan.
La favola di Luther Blissett: dalla Giamaica a eroe di Inghilterra
Molto prima della parentesi italiana, Luther Blissett ha vissuto però una sorta di storia da favola. Dopo aver vissuto a Kingston, in Giamaica, fino all’età di dodici anni, in una famiglia di umili origini che poi ha deciso di trasferirsi in Inghilterra dopo che il padre ha trovato lavoro in un’azienda di pulizia a Watford.
Luther si ritrova così a passare dal giocare con palloni improvvisati per le strade di Kingston, alla squadra giovanile del Watford, che si accorse subito delle sue potenzialità tanto da farlo esordisce appena diciassettenne nella prima squadra, allora in “Fourth Division” (la quarta serie calcistica inglese).
Dopo qualche anno di ambientamento, nella stagione 1978/79 trova la sua prima stagione da titolare, ripagando con sei reti la squadra che centra la promozione alla terza serie.
Da quel momento è un’escalation, visto che l’anno seguente il Watford trova subito una nuova promozione, spinto proprio da gol di Luther che ne mette dentro 21 in 41 presenze. Poi ancora, sempre in doppia cifra, fino al 1983 dove la squadra riesce finalmente e per la prima volta nella sua storia, ad arrivare alla First Division, il campionato più importante d’Inghilterra.
Ma la favola è solo all’inizio, perchè proprio nella stagione d’esordio, gli “Hornets” (i calabroni) riescono addirittura a classificarsi al secondo posto, dietro al solo Liverpool, trascinati sempre dal solito Luther che finisce il campionato come capocannoniere del torneo grazie a 27 reti in 41 partite giocate.
Siamo all’apice di quella che sembra una carriera destinata a prendere il volo e costellata di futuri successi. E infatti proprio in quell’estate del 1983, arriva la chiamata del Milan per il trasferimento in quello che, allora, era il campionato più importante del mondo: la Serie A.
L’arrivo al Milan: from hero to zero
In quell’estate di mercato, il Milan era appena risalito dalla Serie B (dopo le vicende di calciopoli) ed era pronto a riconquistare un posto di rilievo nella massima serie italiana.
Per questo il duo Rivera-Ramaccioni (rispettivamente direttore generale e direttore sportivo), avevano in mente un colpo di mercato importante (ricordiamoci che era la stagione in cui arrivarono anche nomi come Falcao e Cerezo) e il nome di richiamo segnato sui loro taccuini era proprio quello di Luther Blisset.
Un affare che costò a Farina (allora Presidente) qualcosa come oltre due miliardi di vecchie lire, ben spese a giudicare dal curriculum del giocatore e dall’euforia che accolse il suo arrivo a Milano.
Lo stesso attaccante giamaicano si lanciò subito in proclami entusiasti con parole tipo “Farò più reti di Platini” (che l’anno precedente aveva vinto la classifica marcatori con 18 reti), fomentato anche dalle parole degli addetti ai lavori, che vedono nell’acquisto del Milan un vero colpo di mercato che avrebbe lanciato il Milan anche verso obiettivi importanti (lo pensava anche una vecchia volte come Nils Liedholm, allora sulla panchina della Roma, che in una intervista lo paragonò ad Altafini).
Ma anche gli entusiasmi più estremi, fanno poi presto a spegnersi davanti alla prova del campo. E quello che si vede fin da subito è che, pur con tutta la sua buona volontà e la sua corsa dirompente, il calciatore non ha sufficiente tecnica per trovarsi a proprio agio in un campionato come quello italiano.
Alcuni grossolani errori sotto porta poi, minano alla base le sue convinzioni e il suo morale, tanto che come farà notare il suo allenatore Castagner, lo stesso giocatore non vedeva l’ora di ritornare in patria.
E così fece in effetti, visto che la stagione in rosso nero si chiuse con un non brillante 5 alla voce dei gol (in 30 presenze), ma soprattutto tante speranze infrante.
L’araba Fenice torna in Inghilterra
Dopo una stagione del genere, con il sogno infranto del grande salto di carriera, molti giocatori avrebbero probabilmente risentito a livello umano e sportivo. Ma non lui.
L’anno successivo torna infatti nella sua casa, a Watford, riprendendo esattamente da dove aveva lasciato: macinando gol. Saranno 21 alla fine di quella stagione.
Da quel momento, la sua ultima fase della carriera tende a spegnersi pian piano in un lento, naturale decadimento, finendo per seguire il Watford nella retrocessione (annata 1988) e continuando poi con il Bournemouth e altre squadre nelle serie minori.
Il totale della sua carriera registra un 213 gol in 584 presenze nei vari campionati, a cui si possono aggiungere anche i 3 realizzati in nazionale su 14 presenze (tutti e tre per la verità realizzati in un’unica partita contro il Lusssemburgo).
Uno score invidiabile per certi versi, con al centro quella macchia scura che si chiama Milan e che ha forse frenato il ricordo per questo giocatore certamente non tecnico, ma con tanta fisicità e determinazione.
Il dopo campo di Blisset
Con la fine della sua carriera sul campo di calcio, Blisset iniziò però quella in panchina. Anche in questo caso per la verità, senza molto successo ma con tanta passione.
Fino al 2001 restò con gli Hornets nello staff tecnico, provando poi l’esperienza da allenatore allo York City e in qualche altra squadra di periferia delle serie minori.
E con la stessa passione, fondò nel 2007 una scuderia (la “Team48 Motorsport”), in uno sport che lui stesso ha dichiarato di amare fin da bambino.
Le influenze letterarie e la nascita del collettivo Luther Blisset
Il nome di Luther Blisset ha un filo diretto con il mondo della letteratura. E non solo perchè nel 1984 partecipò a un’iniziativa benefica organizzata dallo scrittore Douglas Adams (autore di “Guida Galattica per Autostoppisti”), ma soprattutto perchè proprio in Italia, il suo nome fu preso da ispirazione per la creazione di un collettivo letterario che ebbe poi grande successo.
Nel corso degli anni ’90, un collettivo di artisti e attivisti italiani ha adottato il nome di Luther Blissett come pseudonimo collettivo per creare opere artistiche e partecipare a manifestazioni politiche e culturali. Questo gruppo ha utilizzato il nome di Blissett come una sorta di maschera collettiva, utilizzando la sua popolarità per diffondere i propri messaggi e le proprie idee. Da questo collettivo derivò poi quello di “Wu Ming”, altro pseudonimo che diede vida a diverse opere letterarie di vario genere.
Il suo nome quindi, in qualche modo resterà per sempre. Non solo negli annali del calcio europeo, ma anche sugli scaffali delle librerie. E scusate se è poco, per quello che in molti a Milano, ricordano (forse erroneamente) come uno dei più grandi bidoni della storia.