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La domanda che ci poniamo in questo articolo è piuttosto semplice: in cosa consistono le commissioni elargite ai procuratori prima, durante e dopo le trattative di mercato? Questa domanda ne invoca a sua volta un’altra: chi sono esattamente i procuratori? Queste mitologiche figure appartenenti, solo lateralmente eppure così profondamente, al mondo del calcio, esistono da sempre?

La natura dei procuratori

Prima di tutto, un po’ di storia. Tranquilli, stile bignami. I procuratori, a livello definitorio, sono soggetti legali che assistono i giocatori e gli allenatori nelle trattative economiche con le società e nella stesura dei contratti, aiutando i propri assistiti dal punto di vista economico, legale, mediatico, commerciale.

Detti anche agenti, il termine procuratore deriva da procura, atto con cui una persona ne delega un’altra in sua rappresentanza.

Nel mondo del calcio il procuratore non è necessario, anche se è sempre più raro trovare – soprattutto ad alti livelli – calciatori che ne fanno a meno. Quelli che non ne hanno uno, solitamente, ne hanno più d’uno o si affidano direttamente a un’agenzia che si occupa di loro legalmente ed economicamente. Un’agenzia? È sempre stato così? Ovviamente no, ma più il mondo del calcio si è espanso, a livello mediatico e quindi economico, più la figura del procuratore e poi delle agenzie ha preso piede.

Secondo la leggenda la prima trattativa di calciomercato a cui partecipò una figura assimilabile al procuratore odierno risale al 1968, quando l’Ajax dovendo rinnovare il contratto a Johan Cruijff si fece assistere da Cor Coster, un commerciante di pietre preziose (e suo suocero). In Italia la figura del procuratore iniziò ad affermarsi dagli anni Settanta. I primi procuratori secondo molte fonti furono Dario Canovi e Antonio Caliendo.

Soldi, soldi e commissioni

Il potere dei procuratori è cresciuto notevolmente in seguito alla Sentenza Bosman, sorta di spartiacque del calcio contemporaneo: dal 1995, il calciatore si ‘liberò’ legalmente, per così dire, dalle grinfie della società di appartenenza.

Dopo trent’anni, possiamo affermare di essere nella situazione opposta. Oggi i calciatori hanno troppo potere rispetto alle società, e i procuratori, avvocati dalla parte dei calciatori, sono ben felici di fare il loro gioco. Perché? Qui arriviamo al problema delle commissioni.

Le commissioni sono, in poche parole, quelle percentuali in denaro che i procuratori e le agenzie ricevono, rispetto alla trattativa in essere, dal club o addirittura dai club di appartenenza o pertinenza del calciatore e dell’allenatore soggetto della trattativa.

Si legge dal Post che «i procuratori hanno diritto a incassare una commissione per ogni affare concluso e possono essere pagati dai giocatori, con una percentuale calcolata sui loro stipendi, o direttamente dalle società per il lavoro di mediazione svolto, ma anche da entrambe le parti. Con un meccanismo simile a quello in uso nel mercato immobiliare, gli agenti possono ottenere dai club un mandato in esclusiva per trattare il trasferimento di un determinato giocatore a un prezzo prestabilito e, se l’operazione viene conclusa, la società è quindi obbligata a pagare una commissione al procuratore incaricato. Nel caso in cui l’agente che rappresenta direttamente quello stesso giocatore sia diverso da quello a cui è stato affidato l’incarico per la mediazione, i club sono quindi tenuti a pagare due diverse commissioni. Queste spese, che per gli affari più importanti possono valere anche diversi milioni di euro, si aggiungono al costo per l’acquisto del calciatore e allo stipendio previsto dal suo nuovo contratto».

Tutto questo, trattandosi di materia legale ed economica in senso stretto, è stato ulteriormente liberalizzato dalla FIFA quando nel 2015 la federazione mondiale del calcio ha tolto l’obbligo d’esame per i procuratori.

«Secondo un rapporto della FIFA, l’organo di governo del calcio mondiale, solo nel 2022 i club professionistici hanno pagato un totale di 586 milioni di euro ai procuratori per i trasferimenti internazionali, con un aumento del 24,3 per cento rispetto all’anno precedente. La cifra più alta di sempre era stata registrata prima della pandemia, con 686 milioni di euro versati agli agenti nel 2019. Per quanto riguarda il calciomercato delle squadre italiane, l’ultimo dato diffuso dalla FIGC è relativo al 2021: 174 milioni di euro di spese per le commissioni, il 26 per cento in più rispetto al 2020». Ecco perché dallo scorso anno le cose sono cambiate.

La Fifa torna a regolare

Precisamente dal 2022 l’organo di governo del calcio internazionale ha approvato una riforma che è stata introdotta il 9 gennaio di quell’anno ed è entrata in vigore nell’ottobre del 2023. Si tratta di un nuovo regolamento internazionale a cui dovranno adeguarsi le singole federazioni, emanando delle norme specifiche per regolare il proprio mercato, compatibili con la riforma varata dalla FIFA.

Sempre sul Post si legge che «oltre a ripristinare un albo mondiale, a cui gli agenti potranno iscriversi dopo aver superato un esame (dovranno rispondere correttamente almeno al 75 per cento delle venti domande contenute in un test) e versando una quota annuale di 600 dollari, è stato imposto il divieto per i procuratori di rappresentare più di una parte nella stessa trattativa nel caso di una cessione di un calciatore». La riforma è andata incontro a diverse contestazioni, naturalmente. Da parte dei procuratori ma anche dei loro assistiti, che negli agenti trovano spesso e volentieri il capro espiatorio ideale per cambiare aria senza colpo ferire.

In attesa di capire gli ulteriori sviluppi di una lotta ripresa dalla FIFA solo un anno fa, i procuratori rimangono soggetti forti del calcio. Certo, dietro l’ombra lunga dei calciatori e con detrimento massimo delle società.