Ci sono solo cinque squadre al mondo, ad avere una rosa dal valore che supera il miliardo di euro: Manchester City, Arsenal, PSG, Real Madrid e Chelsea. Ma nonostante i faraonici investimenti, non tutte possono ritenersi soddisfatte di quanto raccolto in queste ultime stagioni. Lo sanno bene a Londra, dove il cambio di gestione dei Blues ha portato a spendere oltre un miliardo di euro in un anno, salvo poi vedere la squadra costantemente navigare a metà classifica.
La sfida contro il City, per il Chelsea rappresenta probabilmente quella di ciò che si è, contro ciò che si vorrebbe essere. Sia in termini di valorizzazione dei talenti in rosa, sia di qualità di gioco.
Come ti costruisco la squadra. Ovvero, come sperperare un miliardo di euro in un anno
Tutto nasce per il Chelsea, dalla necessità di sostituire Patron Abramovich alla direzione societaria, affidandosi a Todd Boehly e alla Clearlake Capital. Una “ghiotta” occasione di investimento, che il consorzio ha voluto affrontare in maniera particolarmente aggressiva, inondando il mercato di denaro con acquisti onerosi di vario genere.
Una sorta di “allin” programmatico, nella speranza di ritrovarsi dopo tre anni con qualcosa in mano per poter pareggiare le spese messe a bilancio nel frangente. L’impresa al momento è però ancora in alto mare, perchè in queste prime due stagioni, il Chelsea non solo non è riuscito a classificarsi per la Champions League (fonte primaria di introiti), ma ha visto la valutazione di molti suoi acquisti crollare a picco.
In un anno e mezzo, sono stati spesi circa un miliardo e duecento milioni di euro nel mercato, solo in parte mitigati da qualche cessione, quasi tutte con un “minus valenza” a carico, peraltro.
Basta fare qualche nome e qualche cifra per rendersi conto di quanto si sia sperperato in così breve tempo: Lukaku (da 115 milioni pagati all’Inter, a una valutazione intorno ai 40 milioni ora); Koulibaly (pagato 40 milioni al Napoli, poi rivenduto in Arabia per 23); Timo Werner (comprato per 55 milioni e venduto per 20); senza contare quelli usciti a parametro zero come Kantè, Azpiculeta, Ziyech, Rudiger.
La sfortuna e le nuove giovani speranze
Va detto anche che oltre a una compagine certamente male assortita e male gestita, c’è stata anche una certa dose di sfortuna per i Blues.
Tanti infortuni ripetuti, che solo in questo avvio di stagione hanno tenuto fuori due degli acquisti più importanti e onerosi come Nkunku e Romeo Lavia (ma sono in infermeria anche Chilweel e Fofana al momento) e in generale tanti “big” della rosa che faticano e entrare in condizione.
Al netto della sfortuna, c’è però una spiegazione anche in questo caso, con una doppia valenza. Quella positiva, è che il Chelsea in questa stagione è la squadra che ha la media età più bassa in assoluto tra i giocatori messi in campo: 23.7 per i Blues, seguiti dal Burnley con 24.6 e dall’Arsenal con 24.8 (il City è a 25.8 di media).
Questo significa che a livello di possibilità future, sicuramente ci sono tanti prospetti interessanti che possono crescere e dare anche qualche plus valenza futura. Ma vuol dire anche avere quasi sempre ragazzi non ancora formati nè dal punto di vista fisico (da cui forse qualche infortunio in più), nè da quello tecnico (da cui la fatica nell’avere un rendimento costante).
Non è un caso se uno dei problemi maggiori del Chelsea è quello relativo al gol (Sterling a parte, l’attaccante più “vecchio” ha appena 22 anni) e non è un caso se è la squadra che ha un gap di xG (gli expected gol) maggiore: 22.1 le reti che sarebbero dovute essere, appena 17 quelle reali.
Le differenze con il City
In questo senso, le differenze con il City sono enormi. Da una parte il rischio totale di affidarsi a una squadra giovanissima e senza top player di spessore (o di carisma), troppo rivoluzionata per essere già competitiva fin da subito.
Dall’altra gli acquisti step by step di grandi nomi già affermati del panorama (da Grealish ad Haaland, passando per Phillips o Gvardiol), da inserire in un’ossatura già ampiamente collaudata e magistralmente guidata da un Guardiola che è a tutti gli effetti il vero valore aggiunto.
Potrà esserlo anche Pochettino per il Chelsea? Probabilmente sì, ma ci vorrà del tempo (ed è proprio quello che ai Blues potrebbe mancare). Dal punto di vista di idee di gioco, anche il tecnico argentino la vede in maniera molto simile, soprattutto in termini di posizionamento di gioco.
Al posto di avere i top player già fatti e finiti del City però, ha spesso giocatori di grandissimo talento e di ottima prospettiva ma che, come detto, hanno bisogno ancora di un certo periodo di crescita. E nonostante i risultati non certo entusiasmanti, in realtà questa crescita si vede.
I miglioramenti e la sfida contro il City
Dal buco nero in cui il Chelsea era precipitato alla fine della scorsa stagione (9 sconfitte in 14 partite con una sola vittoria), ad un avvio di annata non certo esaltante fatto di una sola vittoria (contro il neopromosso Luton alla sua prima Premier League della storia) nelle prime sei giornate.
Tutto come da copione (horror). Poi pian piano qualcosa ha cominciato a girare meglio. La vittoria contro il Brighton di De Zerbi in EFL è stato il primo campanello, poi le due vittorie di fila in Premier (contro Fulham e Burnley), e persino il non disdicevole pareggio interno contro l’Arsenal.
La sconfitta casalinga contro il Brentford aveva riaperto le ferite, ma nell’ultima giornata l’incredibile partita in casa del Tottenham (1-4 finale) ha in qualche modo riacceso gli animi e le speranze, anche se arrivata in una partita dove è successo di tutto (e in undici contro dieci).
La partita contro il City è quindi una (ennesima) prova del nove, consapevoli che il gap è ancora grande (non solo perchè Guardiola arriva dopo cinque vittorie di fila) e sarà davvero difficile riuscire nell’impresa in questa stagione.
I numeri della stagione
Già, perchè sul fatto che il City sia, fin qua, la squadra migliore dell’anno di Premier, ci sono pochi dubbi. La squadra di Guardiola non solo guida la classifica, ma è in vetta anche a tutte le graduatorie per quasi tutti i parametri statistici di riferimento.
Maggior numero di gol (28), maggior possesso palla (63.2%), maggior numero di tiri in porta (7.1 a partita), minor numero di conclusioni concesse agli avversari (6.6 di media) e miglior difesa (8 gol subiti).
La cosa che può far ben sperare il Chelsea, è che anche per il londinesi i numeri sono meno peggio di quanto la posizione di metà classifica lasci intendere. Pochettino sta infatti se non altro dando un’impronta precisa di gioco, fatto di tanto possesso (secondo dietro proprio al City con un 61.9%) e una fitta rete di passaggi (più di seicento di media partita, terzo dietro a City e il Brighton di De Zerbi).
E se consideriamo che anche in fase difensiva il Chelsea è tra quelle a concedere meno (10.8 conclusioni di media per gli avversari, dietro sempre a City e Arsenal), ecco che allora l’unica cosa che manca davvero è la concretezza nella fase offensiva.
I numeri sulle occasioni create infatti crollano (solo decima in quanto a conclusioni, nona per passaggi chiave e per azioni da tiro). E chissà che l’imminente ritorno in campo di Nkunku non possa aiutare Pochettino a risolvere anche questi problemi, offrendo un giocatore già di grande esperienza ad aiutare anche i giovanissimi talenti offensivi dei Blues.
La strada per la svolta è lastricata di buone intenzioni, ma ora è necessario metterle in campo in quella che è probabilmente la partita più difficile dell’anno per il Chelsea, ma che parimenti potrebbe regalare l’occasione del grande rilancio.