Oggi – o meglio, da qualche annetto – è facile parlare di lui come uno dei più vincenti allenatori della storia, uno che viene quasi naturale associare all’idea stessa della Champions League.
Carlo Ancelotti ne ha vinte 4 da allenatore, raggiungendo 5 volte la finale e 9 la semifinale. In tutti e tre i casi, nessuno come lui. Tuttavia, nel palmares di Re Carlo figurano 6 Champions League, non 4.
Due, infatti, le aveva vinte da giocatore, insieme a un nugolo di altri trofei. Perché sì, i più anziani come il sottoscritto lo ricordano bene, ma i più giovani magari ignorano che razza di calciatore sia stato Carlo Ancelotti. Ve lo racconto oggi.
Carlo Ancelotti e le tre intuizioni che gli cambiarono la carriera
1. Cesare Maldini
Nato e cresciuto nella campagna reggiana tra abitudini, sacrifici, odori e sapori che mai lo abbandoneranno, Carlo Ancelotti è inizialmente un attaccante. Non un fulmine di guerra, ma uno con un marcato fiuto del gol.
Dal Reggiolo approda alle giovanili del Parma, con il quale esordisce in C1.Sulla panchina dei ducali arriva Cesare Maldini, che ha la prima intuizione decisiva per la carriera dell’Ancelotti calciatore: arretrarlo dietro le punte, per sfruttare una potenzialità da centrocampista senza rinunciare all’apporto offensivo.
2. Nils Liedholm
La seconda svolta arriva domenica 17 giugno 1979. Ancelotti ha da poco compiuto 20 anni e si trova sul neutro del Menti di Vicenza per giocare lo spareggio promozione con la Triestina. Sull’1-1 Carlo segna una doppietta importantissima, e non solo perché porta il Parma in Serie B.
In tribuna c’è una nutrita rappresentanza della Roma, molto interessata al ragazzo e che quella prestazione convince definitivamente. Nils Liedholm, reduce dal primo scudetto da allenatore vinto con il Milan, stravede per lui, il presidente Dino Viola non vede l’ora di accontentare il suo nuovo allenatore e dà carta bianca a Luciano Moggi, allora consulente di mercato dei giallorossi. L’affare si chiude per 750 milioni di lire.
A Roma, dopo un iniziale periodo di ambientamento, Ancelotti si afferma come elemento importantissimo per l’architettura giallorossa, grazie alla seconda intuizione che gli cambia la carriera. Stavolta la trovata è di Liedholm, che lo trasforma in mediano. Nella Roma del “Barone”, Ancelotti è cucitore di gioco, interdittore, ma anche in grado di far valere un tiro da fuori molto potente. Un centrocampista moderno, sicuramente più avanti del suo tempo, che oggi sarebbe un tipo da 8-9 gol a stagione. Allora ne garantiva fra 2 e 3, salute permettendo.
Sì, perché il grande limite del Carlo Ancelotti calciatore sono le ginocchia. La sua avventura romanista è funestata da due gravi infortuni, prima al destro e poi al sinistro, che gli fanno perdere rispettivamente il Mondiale 1982 e la finale di Coppa dei Campioni del 1984. Per quanto riguarda la Coppa dalle grandi orecchie, tuttavia, il ragazzo avrà modo di rifarsi.
3. Arrigo Sacchi
Nel 1987, dopo 8 anni trascorsi nella Capitale, qualcuno decide che di Carlo Ancelotti si può fare a meno, forse nel timore che le ginocchia logore possano tornare a dare problemi.
Arrigo Sacchi, nel frattempo chiamato al Milan da Silvio Berlusconi, non si lascia sfuggire l’occasione e lo chiede esplicitamente al presidente. Taaac, 5,8 miliardi di lire alla Roma e il gioco è fatto. A 28 anni, un calciatore “injury prone” viene preso per vecchio, ma in realtà il suo passaggio al Milan sarà cruciale per la sua carriera da calciatore, ma soprattutto per quella da allenatore.
Ancelotti diventa il fulcro del Milan di Sacchi, vince lo scudetto 1987/88 e due Coppe dei Campioni. Soprattutto, però, si abbevera letteralmente del calcio avveniristico del suo maestro, dal quale partirà una volta superato il fosso.
Dopo 5 anni densi di soddisfazioni in rossonero, le ginocchia presentano il conto. A 33 anni appena compiuti, Carlo Ancelotti è un ex calciatore, ma Sacchi – nel frattempo divenuto CT della Nazionale Italiana, lo vuole accanto a sé come vice.
Ma questa, come si dice, è un’altra storia.