Ciappi, Anzivino, Trevisan, Maestripieri, Progna, Della Pietra, Perrone, Pivotto, Rebonato, Goretti, Ugolotti. Mister? Mazzia.
Se andate in giro per Campobasso, di sicuro qualcuno vi saprà recitare a memoria questa formazione. O meglio: la reciterà come se fosse una poesia, come se fosse la cantilena più dolce del mondo.
Il motivo? Questa squadra è passata alla storia per una partita che non ha avuto eguali nella storia del Campobasso, ma possiamo spingerci in tutto il Molise. Era il 13 febbraio del 1985 e in Coppa Italia, nell’andata degli ottavi di finale, la squadra di Platini, Cabrini, Paolo Rossi e Boniek uscì sconfitta contro il gruppo citato in apertura.
Fatto storico ed è dir poco.
Ovviamente, alla base, oltre all’imprevedibilità del calcio, non è difficile trovare scusanti e spiegazioni a quanto comunque di spiegazioni concrete proprio non ne trova.
Iniziamo però sottolineando la grandezza dell’impresa del Campobasso, squadra allora in Serie B e neanche così certa di restarvi: la Juventus che aveva battuto era la stessa Juventus che un mese prima aveva alzato al cielo la Supercoppa Europea contro il Liverpool, la stessa che avrebbe affrontato i Reds e vinto la prima Coppa dei Campioni nella tragica serata dell’Heysel. Tra le squadre italiane più forti di tutti i tempi, di sicuro una delle migliori dell’intera storia bianconera.
Le due formazioni
Bene, capite dunque la grandezza di quanto accaduto? In quel 13 febbraio fu un San Valentino anticipato, con l’innamoramento di un’intera regione per il suo Campobasso, per un sogno realizzato.
Il Campobasso sembrava già soddisfatto di essere lì, a giocarsi un pezzo della propria storia contro un colosso del calcio italiano: non si aspettava neanche di poter superare il girone con il Verona di Elkjaer, figuriamoci di portare a casa un risultato utile – e che risultato – contro la Juventus.
Bene, tutto ciò accadde. E accadde nel freddo polare del Nuovo Romagnoli, inaugurato proprio in quel giorno. 30mila persone – probabilmente di più – ad attendere Davide alle prese con Golia, e in molti tifavano pure per Golia, perché la zona era favorevole soprattutto per chi raggiunse il Molise dai confini limitrofi.
Come sempre, i bianconeri attraevano il grande pubblico e il grande pubblico bianconero era sparso per tutta l’Italia. Trapattoni decise di schierare solo alcuni dei titolarissimi: davanti a Bodini, Favero, Caricola, Bonini e l’attuale allenatore del Milan, Stefano Pioli. Scirea era in campo, così come Tardelli. Briaschi a supporto, poi il doppio play offensivo con Vignola e Platini. Davanti? Boniek. Poi Rossi, subentrato a inizio ripresa.
Per il Campobasso, tutti attorno al gran capitan Maestripieri: il pubblico lo idolatrava, lui rispondeva con orgoglio smisurato. Del resto, Maestripieri c’era sempre stato: era arrivato nelle acque più cattive ed era stato il protagonista della risalita in Serie B. In mezzo ai “Lupi”, allenati da Bruno Mazzia, il più forte era senza dubbio Oscar Tacchi: di un altro livello, se solo avesse avuto voglia.
In generale, la squadra non era male, ma era piena di carneadi. A partire da Ciappi in porta, una sicurezza, fino ad arrivare a Ugolotti-Perrone-Rebonato, il tridente che non t’aspetti.
O meglio: che non t’aspetti possa battere Scirea e compagni.
La partita e la festa
Quella che poteva sembrare una gara a senso unico, si rivelò invece un doppio binario e tutto da seguire.
Il Trap capì immediatamente che il vento gelido di Campobasso raccontava pure il cattivo presagio. Lo stesso Maestripieri era “sicuro che avremmo battuto la Juventus”. Il motivo? L’entusiasmo sugli spalti, la voglia di far bene davanti a così tante persone, l’occasione di una vita di poter scrivere una storia diversa dalla solita e francamente mediocre esperienza da Serie B.
Trapattoni fu categorico: vietare sottovalutare l’avversario, ma non fece in tempo a riorganizzare la squadra che il Campobasso aveva già il pallino del gioco.
Goretti, in cabina di regia, smistava e raccontava chance per i molisani: al minuto 38, la palla finì su Ugolotti, che stoppò di petto e si girò con un mancino insidioso. La deviazione decisiva fu di Pioli e cambiò per sempre anche l’atteggiamento Bodini, non più in grado di tuffarsi sulla sfera.
È tripudio e sono tutti gli ululati dei Lupi: il Romagnoli impazzisce e il risultato non cambia, nonostante l’insistenza degli uomini in maglia bianconera. Il Molise era in festa ed era una festa inaspettata: ecco perché ancora oggi viene tramandata questa storia, come fosse un buon augurio, come fosse una lezione di vita, oltre che di calcio.
Al ritorno, la Juventus si qualificherà ai quarti di finale, ribaltando la sconfitta con un 4-1 al Comunale. Per un attimo il Campobasso cullò l’idea di vincere anche a Torino: a fine primo tempo era ancora avanti, prima che i bianconeri spazzassero anche le difficoltà di concentrazione.
Quasi 40 anni dopo, però, che storia quella del piccolo Campobasso che batté i campioni d’Europa…