Sarebbe stato – pure volentieri – il teatro del ritorno di un racconto epico. Tra pochissimi giorni sarà Juventus–Barcellona e a scuotere tutti saranno le versioni certamente più invecchiate di Cristiano Ronaldo e Leo Messi, comunque al bivio della loro esistenza calcistica. Il Camp Nou, ecco, sarebbe stato il palcoscenico adatto: non solo per la capacità naturale di raccontare le grandi sfide del passato, ma per la grandezza e il frastuono che sa provocare. Sembra un prolungamento della città di Barcellona. Alle volte è il suo cuore pulsante.
Pochi stadi sanno adattarsi allo skyline cittadino, si contano sulle dita di una mano quelli che raccolgono così tanti visitatori – badate bene: non tifosi -, tra musei e ristoranti, tra spogliatoi e un ciuffo di terreno. Il Camp Nou è un’attrazione di Barcelona: come la Boqueria, come las ramblas, come la Sagrada Familia. Come il Museo Picasso. Ma cosa lo rende così speciale, oltre al passato di vittorie?
Gamper, la storia e prima del Nou Camp
A renderlo speciale è il fatto che ci giochi il Barcellona. E che sia l’incastro perfetto: la grandezza del club nella grandiosità del suo impianto. Attorno allo stadio si è creato un misticismo che lo lega alla città e prova a imitarla. Andare lì è respirare il Barça: store, uffici, fan zone, persino lo stadio per la femminile a due passi – il Cruyff, proprio dove si giocherà il Gamper con la Juve – e quello per la pallamano. Il Barcellona è una polisportiva e lo ricorda a tutti ogni volta che ha un’occasione. Tutto vibra. Anche lontano dal campo.
La poca dimestichezza con le mezze misure dei catalani ha fatto sì che quello di Barcellona diventasse lo stadio più grande d’Europa. Quello con più capienza, da circa 100mila spettatori. Quando ci sono partite di Champions League, clasicos, derby di ogni tipo, va da sé: l’atmosfera è impareggiabile. E diventa un luogo di culto, da visitare almeno una volta nella vita. Perché lì respira la storia, o meglio: buona parte. I blaugrana, infatti, non hanno iniziato e trascorso la loro esistenza solo in quella parte della città: il primo stadio è stato il Velodromo di Bonanova: qui si giocò il primo match della storia dei catalani, era l’8 dicembre del 1899. Il primo a fare gol? Joal Gamper. Primo presidente del club.
Dopo i primi anni sui campi Horta e Casanova, il Barcellona è cresciuto sempre di più e si è imbattuta nella “piazzola” del Muntaner, situata oggi sull’omonima via. Fu utilizzato tra il 1905 e il 1909, quando il club fondato da Gamper si trasferì nel primo stadio di proprietà della sua storia: il campo di calle Industria, riconosciuto a furor di popolo come Camp Vell. Dal 1909 al 1992, casa azulgrana.
Finalmente Camp Nou
Tra il 1922 e il 1957 il Barça giocò sul primo campo della sua storia: il Camp de les Corts. 25mila posti, in erba a partire dal 1926. Intanto, il club cresceva sempre di più, diventava forte e diventava grande. Il presidente Agustì Montal, verso la fine degli anni Cinquanta, firmò allora un’opzione per l’acquisto di un terreno nella zona Maternidad. Suona qualche campanello? Sì, siamo agli albori della grande storia, che ha inizio il 28 marzo del 1954: il giorno della prima pietra, davanti a ben 60mila curiosi e tifosi.
Lo stadio fu costruito tra il 1954 e il 1957, sotto la supervisione degli architetti Francesc Mirò e Josep Mauri. Fu inaugurato il 24 settembre del 1957, in coincidenza con la celebrazione de La Mercé, festa dedicata alla Madonna protettrice. Blu e rossa, l’intera città. E con tante autorità presenti all’evento. Fu qualcosa di incredibile, di storico e di meraviglioso, con oltre 90mila spettatori sugli spalti e lo stadio non ancora completato. Nella partita inaugurale, il Barcellona scelse il Varsavia. Il primo a far gol fu Eulogio Martinez, minuto 11 della partita.
Chiaramente, non finì lì: anzi, era solo l’inizio. Dalla sua costruzione, il Camp Nou ha subito una serie di modifiche che gli hanno dato l’aspetto che ha oggi. Al momento della sua inaugurazione, lo stadio aveva 99mila posti a sedere e le dimensioni erano di 107 metri per 72. La cifra è stata ridotta col tempo e oggi rispetta le dimensioni Uefa (105×68). Nel 1959 fu poi introdotta l’illuminazione artificiale e nel 1976 arrivò il primo tabellone elettronico, nella tribuna di seconda fila. La sala stampa? Solo nel 1981.
L’intuizione del museo
La ristrutturazione più importante arrivò nel 1982, per i Mondiali che sono anche un pezzo di storia italiana. Una data epocale, quella, per il calcio spagnolo: consentì di cambiare gran parte degli impianti, di costruirne di nuovi. Di cambiare per sempre anche il Camp Nou, la cui capienza fu aumentata fino a 115mila posti con 22.150 persone aggiunte nella terza fila. Lo stadio catalano ospitò la cerimonia di apertura della Coppa del Mondo: la festa viene ricordata ancora oggi.
Due anni più tardi fu inaugurato il museo del club, situato al secondo piano; è uno dei luoghi più frequentati dell’intera Catalogna, con milioni di turisti che continuano ancora oggi a visitare le strutture dei club: fu un’intuizione, proprio gli azulgrana furono tra i primi a carpirla come ulteriore fonte di guadagno. Oggi è invece prassi di tutte le società, specie le più grandi. Ecco, l’ultimo cambio è stato forse il meno apprezzato e parliamo del 1994: ossia del ritorno ai 99.354 posti che contiamo oggi, costrizione dell’Uefa, che voleva e vuole ancora oggi i tifosi seduti e non più in piedi ad ansimare, sperare, attendere che il pallone vada o non vada in porta. Era una delle caratteristiche forse più belle del vecchio Nou Camp.