Il ritorno in campo è ancora lontano ma la FIGC sta provando a programmare la ripresa dei campionati. Il primo passo? Fare un protocollo sanitario per tutti i giocatori, i più a rischio una volta ripartiti i vari tornei
In attesa di capire quando si potrà tornare in campo, la FederCalcio italiana cerca di programmarne il rientro nel migliore dei modi. Il primo step prevede la stesura di un protocollo sanitario con l’obiettivo di ridurre al minimo le possibilità che i calciatori vengano contagiati, garantendo così la massima sicurezza. Nella riunione tenutasi oggi in video-conferenza, è emersa una prima bozza con delle linee guida fondamentali per tutelare la salute dei calciatori e degli staff tecnici. Sarà molto importante – anzi, è ritenuto fondamentale – l’isolamento delle squadre nei centri sportivi ma non è da escludere che, per la Serie A, si possa pensare di disputare le restanti partite in una parte d’Italia contingentata (si parla di Roma) per limitare i rischi. Da quello che trapela, sono tre i principi fondamentali che ispireranno il documento: semplicità, fattibilità e attendibilità medico-scientifica.
L’equipe medica che sta stilando il protocollo sanitario è di prim’ordine, visto che la Commissione è presieduta dal professor Zeppilli e integrata da esperti rinomati come Cauda, Fantoni e anche Ricciardi, uno dei componenti dell’OMS. Saranno indicate anche delle linee-guida che i medici sociali delle varie squadre dovranno seguire, con anche degli esami clinici da fare durante il percorso per avere il tempo di ricevere i test prima della ripresa dell’attività agonistica. Un altro tema da tenere in considerazione riguarda quei giocatori che sono stati risultati positivi al COVID-19, l’ultimo dei quali è, in ordine temporale, Vacca del Venezia, risultato positivo venerdì scorso e quindi atteso da un periodo di isolamento. Le varie indicazioni, però, non saranno da seguire alla lettera solo da calciatori, tecnici o staff: rientrano nel programma anche gli arbitri, considerati in tutto e per tutto al pari dei calciatori che potrebbero anche allenarsi e prepararsi alle partite lavorando in mini-gruppetti, proprio come i giocatori.
Se il basket e altri sport hanno già alzato bandiera bianca per il Coronavirus, il calcio non vuole fermarsi: l’impatto economico di una non ripartenza potrebbe incidere anche sull’Italia intera. Ma la salute dei cittadini deve essere la priorità e il rischio che ci sia un nuovo contagio – con conseguente altro stop del campionato – non può non essere considerato alto.