In questa anomala stagione calcistica lo stop forzato ha portato appassionati e addetti ai lavori a riflettere sui numeri e sulle statistiche, confrontando le prestazioni di squadre e giocatori al fine di trovare gli interpreti più efficaci nei vari ruoli e i collettivi con i risultati migliori secondo i vari parametri. C
‘è un esito però che è sotto gli occhi di tutti da mesi, e i numeri, già di per sé impressionanti, non fanno altro che confermare quello che le prestazioni stellari da inizio stagione hanno mostrato ad ogni occasione: Trent Alexander-Arnold è senza dubbio il terzino più forte al mondo in questo momento.
Trent Alexander-Arnold, un terzino che vale quanto un trequartista
A soli 21 anni il giovane nativo di Liverpool, che per tutta la sua carriera ha sempre indossato i colori dei Reds, ha messo a segno 13 gol e 2 assist nelle 49 partite giocate in questa stagione. L’unico giocatore che in Premiership ha numeri migliori dei suoi riguardo il contributo al gioco offensivo è Kevin De Bruyne. Ma se il centrocampista belga è il fulcro di una squadra che fa del gioco manovrato il suo punto di forza come il Manchester City, quello che colpisce di Alexander-Arnold è il fatto che questi numeri provengono da un giocatore che nominalmente è un difensore, che per giunta gioca defilato sulla fascia destra.
Il numero 66 dei Reds è l’ultima evoluzione di un ruolo, quello del terzino, che è cambiato moltissimo nei decenni, passando attraverso interpreti come Philipp Lahm o Marcelo. Ma per trovare un terzino destro che avesse un tale peso nella fase offensiva dobbiamo fare un ulteriore passo indietro, tra la fine degli anni ‘90 ed i primi anni 2000, e arrivare a Marcos Evangelista de Moraes, noto ai più come Cafù.
Cafù, il Pendolino brasiliano che ha vinto tutto sulla tratta Roma-Milano
Nato nel difficile quartiere di Jardim Irene a San Paolo, in Brasile, il 7 giugno 1970, Marcos Evangelista de Moraes, come molti bambini brasiliani, inizia a giocare prestissimo a calcio, adottando il nomignolo di Cafù in onore dell’ala Cafuringa, giocatore preferito dal padre. Dopo aver trascorso la maggior parte dell’adolescenza tra i settori giovanili di varie squadre pauliste, passa a calcare i campi della Serie A brasiliana con la maglia del San Paolo, con cui arriva a vincere 1 campionato nazionale, 3 statali, 2 Coppe Libertadores e 2 Coppe Intercontinentali.
Dopo quest’exploit che gli vale il titolo di miglior giocatore del Sudamerica e la chiamata nella nazionale verdeoro, intraprese un’esperienza in Spagna, al Real Saragozza, con cui vinse una Coppa delle Coppe ma non riuscì ad imporsi, tornando presto in Brasile, prima alla Juventude e poi al Palmeiras, dove vinse un altro campionato statale e soprattutto fu allenato da Vanderlei Luxemburgo, che completò la sua crescita tattica, trasformandolo in un terzino capace di percorrere tutta la fascia con rapidità per giungere al cross con una facilità apparentemente disarmante.
Nel 1997 si trasferisce nuovamente in Europa, in quella Roma allenata da Zeman che valorizza al massimo le qualità di spinta di questo terzino, fisicamente straripante e dotato di tecnica sopraffina. In una squadra votata all’attacco come quella del tecnico boemo, Cafù era un grimaldello in grado di scardinare la maggior parte delle gabbie tattiche costruite dagli allenatori avversari. Il suo continuo e instancabile avanti e indietro lungo la fascia destra gli valse l’appellativo di Pendolino, come il treno superveloce che all’epoca collegava Roma con Milano.
Con l’arrivo di un tecnico dalla mentalità opposta come Fabio Capello il rendimento difensivo di Cafù migliorò notevolmente, ma era sempre la sua capacità di creare superiorità numerica sulla fascia destra in fase di attacco la sua dote principale. Il Pendolino continuò a percorrere la fascia destra giallorossa fino al 2003, risultando uno dei principali artefici della vittoria dello scudetto del 2001. Ma a 33 anni la dirigenza romana lo giudicò sul viale del tramonto, così, esattamente come il treno da cui aveva preso il soprannome, Cafù prese la via di Milano.
Arrivò al Milan allenato da Carlo Ancellotti, che mancava di un terzino destro di ruolo, a parametro 0 e si rivelò ben presto un affare inestimabile: nonostante l’età, l’atletismo del brasiliano era ancora impressionante e fu titolare fisso per le successive 3 stagioni, per poi comunque restare in rosa fino al 2008 e facendo sempre sentire il suo contributo alla squadra che, in quel periodo, gli permise di aggiungere al palmares un altro scudetto, un’altra Supercoppa Italiana e soprattutto la Champions League e il Mondiale per Club, certificando quindi anche con questi successi internazionali di club una carriera che già a livello di Nazionale aveva scritto la storia.
Unico giocatore della storia del calcio ad aver giocato tre finali dei Mondiali consecutive, nel 1994, nel 1998 e nel 2002, vincendo il titolo per ben 2 volte, è il primatista di presenze con la Seleçao, la cui maglia ha indossato in 142 occasioni, vincendo anche 2 Coppe America e 1 Confederations Cup.
Dal Pendolino alla freccia rossa del Liverpool
Se in termini ferroviari il Pendolino si è trasformato nei treni Frecciarossa, i convogli ad alta velocità che percorrono oramai tutte le principali tratte italiane, anche nel calcio il ruolo di Cafù si è evoluto fino a trovare il miglior interprete nella velocissima freccia dei Reds, Alexander-Arnold. Il calcio odierno è cambiato molto rispetto a quello di fine anni ‘90, e se allora i terzini dalle spiccate capacità offensive come Cafù erano una peculiarità del calcio sudamericano (non a caso sulla fascia opposta il Brasile vantava un altro fuoriclasse come Roberto Carlos, che all’Inter fu sacrificato per il ben più difensivo, ma scarso tecnicamente, Pistone), oggi la capacità di attaccare con continuità a partire dalla propria linea difensiva è un requisito necessario per ogni terzino che aspiri a giocare in una squadra di livello.
Ma per essere un vero fuoriclasse bisogna unire alle enormi doti atletiche che servono per ricoprire questo ruolo anche l’intelligenza e la lucidità necessaria per essere una fonte di gioco utile ai propri compagni piuttosto che una semplice sponda per gli uno-due o un fabbricatore di cross in serie.
A differenza di Cafù, che era molto sudamericano nel suo seguire l’istinto e scappare via in dribbling agli avversari per cercare la linea di fondo, Alexander-Arnold ha un gioco più ragionato, frutto degli insegnamenti di Jurgen Klopp che lo sta plasmando in maniera totalmente funzionale al suo gioco: quando la squadra esce dalla pressione avversaria, i terzini arrivano fino alla trequarti, ma rimanendo nello spazio di mezzo, senza allargarsi sull’esterno e andare sul fondo. Crossando dalla trequarti, Alexander-Arnold riesce mettere la palla nello spazio tra il portiere e la linea difensiva che nel frattempo sale per cercare di mettere in fuorigioco gli attaccanti, riuscendo quindi spesso a trovare l’inserimento di uno dei velocissimi esterni d’attacco.
Detto così sembra una cosa semplice, ma tutto questo viene fatto a dei ritmi di gioco pazzeschi, macinando chilometri su chilometri nell’arco dei 90 minuti e riuscendo sempre a mantenere la lucidità per trovare il giusto tempismo nelle giocate. Per riuscire a fare un gioco del genere, serve una cosa che nessun altro terzino destro ha mai avuto in tale misura dai tempi di Cafù: la tecnica. E non stiamo parlando della sola tecnica individuale, da giocoliere, utile per saltare l’uomo e liberarsi peri cross, ma quella capacità di colpire il pallone e dosare il passaggio che in genere è più dote di registi e trequartisti.
Corsa, tecnica, intelligenza tattica: due terzini sugli stessi binari
Una cosa che colpiva sempre di Cafù era quel suo sorriso sardonico che aveva stampato in faccia per tutta la partita: con quell’aria gioiosa tipicamente brasiliana, sembrava che qualsiasi partita per lui fosse divertente quanto il calcetto del giovedì con gli amici. Dopo 90 minuti di corsa a perdifiato sulla fascia, riusciva a servire i compagni in area con tocchi vellutati che spesso andavano a risolvere partite altrimenti chiusissime. Alexander-Arnold non mostra quello stesso compiacimento al juego bonito, ma con un aplomb decisamente più british dimostra la stessa naturalezza nel coniugare alla perfezione doti atletiche fuori dal comune ad una tecnica eccellente e soprattutto una grandissima intelligenza nelle giocate.
Cafù ha avuto una carriera lunghissima, giocando in contesti diversissimi e riuscendo a vincere praticamente ovunque, risultando spesso una sorta di valore aggiunto tecnico e tattico nelle sue squadre. Trent Alexander-Arnold ha solo 21 anni, nonostante giochi con la consapevolezza di un veterano, ed è il frutto di un’operazione mirata di Klopp che ha creato il suo terzino ideale partendo da un giocatore dotato ma ancora da formare (giocava centrocampista prima dell’incontro con il tecnico tedesco). Rispetto al brasiliano, è meno istintivo e più legato ai dettami tecnici del suo mister, cosa che lo rende anche più affidabile in fase difensiva. Cafù ha sempre avuto la fortuna di giocare a fianco di granitici stopper che coprivano con grinta e tempismo ogni sua avanzata, come Antonio Carlos Zago o Jaap Stam. È ancora prestissimo per fare un paragone approfondito tra i due, ma di sicuro sono accomunati dal solco che hanno tracciato tra loro e qualsiasi altro interprete contemporaneo del ruolo di terzino destro.