Il 6 ottobre 1929 prendeva il via la prima Serie A a girone unico, formato che dopo 91 anni resiste scaldando ancora il cuore dei tifosi.
“Sembra passato un secolo”. Quante volte si è sentita questa frase, riferendosi a oggetti, mode e costumi ormai sorpassate, obsolete. Nel caso della Serie A un secolo, più o meno, è passato davvero, eppure l’oggetto in questione non è per nulla sorpassato, anzi, è più vivo che mai. Il girone unico ha permesso al massimo campionato di calcio di raggiungere quell’appeal per cui oggi è uno dei campionati più visti e ammirati al mondo. Ma come si è arrivati a quella svolta storica per le sorti del torneo? È il caso di ripercorrere le tappe che hanno portato a questa importante innovazione. Anzitutto va ricordato come nel 1929 fossero già trent’anni che si disputava un campionato per decidere il campione nazionale, tant’è che la prima edizione risale addirittura al 1898, con la vittoria del Genoa. Va inoltre sottolineato come la storia di questo cambiamento si intrecci giocoforza con il fascismo, dato che Mussolini aveva preso il potere nel 1922, e che il presidente di allora della Federazione Italiana Giuoco Calcio era Leandro Arpinati, romagnolo come lui e alto esponente del Partito Nazionale Fascista, tanto da essere nominato podestà di Bologna nel 1926. La necessità principale del Partito Fascista, in chiave ovviamente nazionalistica, era quella di eliminare il doppio girone con cui era organizzato il campionato allora, dato che un doppio torneo tra le squadre del Nord e quelle del Sud andava apertamente in contrasto con l’idea patriottica dei gerarchi. Lo stesso Arpinati fu uno dei grandi promotori di questa fusione, e già nel 1926 venne infatti abolita la differenza tra settentrione e meridione, creando la Divisione Nazionale. A questo campionato erano state accorpate tre squadre, due di Roma e una di Napoli, ad altre diciassette del Nord, comunque divise in due gironi da dieci. Le tre compagini meridionali finirono negli ultimi posti della classifica, segno evidente dell’ampio squilibrio geografico presente in Italia allora, con le squadre del Nord che erano nettamente più attrezzate e spesso superavano le avversarie con punteggi tennistici.
Il regime non si diede per vinto, e anzi pianificò proprio per il 1929 la Divisione Nazionale a girone unico, scindendola in Serie A e Serie B. Questa separazione creò anche dei malumori nelle società, che avrebbero dovuto spendere molto per spostarsi sul territorio e avrebbero visto diminuire gli incassi in caso di declassamento in Serie B, ma i vertici non sentirono ragioni. I due gironi, da sedici squadre l’uno, del campionato 28/29 furono usati per dividere i due campionati, con la Serie A composta da ben diciotto squadre. Il torneo, che durò 9 mesi, dal 6 ottobre ’29 al 13 luglio ’30, fu caratterizzato da un grande Giuseppe Meazza, l’uomo a cui ora è intitolato lo stadio di San Siro, capace di segnare ben 31 gol e di trascinare la sua Ambrosiana al terzo titolo della sua storia, dopo la vittoria nello scontro diretto contro la Juventus che le permise di chiudere a due punti di vantaggio sul Genoa. L’Ambrosiana, oltretutto, fu una creazione ad hoc sempre dei vertici fascisti, che avevano ordinato di fondere il più possibile le piccole squadre, in modo da evitare la sovrabbondanza e creare una rappresentativa il più forte possibile. Accadde a Firenze, a Napoli, a Roma con l’attuale AS Roma, e anche a Milano, dove l’attuale FC Internazionale, nome poco gradito al regime, venne fusa con l’US Milanese, dando vita all’Ambrosiana, la quale giocava con una maglia nerazzurra e uno scudo bianconero sul petto, simbolo appunto dell’US Milanese. Solo nel ’32 la squadra divenne Ambrosiana-Inter, e riprese definitivamente la denominazione di FC Internazionale nel 1945, al termine della Seconda Guerra Mondiale. Detto del Genova secondo e della Juve terza, bisogna sottolineare le buone prove di Napoli e Roma, rispettivamente quinta e sesta, mentre il Milan finì undicesimo, ad appena 6 lunghezze di vantaggio sulle retrocesse Padova e Cremonese. Il resto, come si suol dire, è storia: nonostante l’interruzione dovuta al conflitto bellico, la Serie A è poi ripartita, ha continuato a crescere, e alla fin fine è diventata ciò che è adesso: uno dei campionati più belli al mondo.