C’era una volta una squadra di calcio, che aveva talmente impressionato tutti in Italia e in Europa, al punto che venne definita come “Lo squadrone che tremare il mondo fa”. Il Bologna degli anni trenta e quaranta era una compagine capace di ottenere successi di caratura assoluta, prima che la guerra irrompesse a scompaginare per sempre la storia (non solo del calcio, purtroppo).
Bisogna partire da quel lontano passato per arrivare a chiudere il cerchio con l’impresa di Thiago Motta della scorsa stagione, che ha riportato il Bologna ai massimi livelli del calcio europeo a sessant’anni esatti da quell’ultima apparizione in Coppa dei Campioni (non molto fortunata come vedremo), intervallata solo saltuariamente da alcune partecipazioni quasi mai esaltanti alla Coppa UEFA e alla Coppa delle Coppe.
Insomma, il percorso dei rossoblù in Europa ha radici antiche ma anche rami e frutti più recenti, che proviamo a rivivere insieme prima di tuffarci a capofitto con questa incredibile nuova avventura in Champions League.
Cronostoria del Bologna in Europa
2003 | Intertoto | Finale |
2000 | Coppa UEFA | Sedicesimi |
1999 | Coppa UEFA | Semifinale |
1999 | Intertoto | Vincitore |
1991 | Coppa UEFA | Quarti |
1989 | Mitropa Cup | Finale |
1974 | Coppa delle Coppe | Sedicesimi |
1973 | Mitropa Cup | Gironi |
1972 | Coppa UEFA | Sedicesimi |
1971 | Coppa delle Coppe | Sedicesimi |
1969 | Coppa delle Fiere | Sedicesimi |
1968 | Coppa delle Fiere | Semifinale |
1967 | Coppa delle Fiere | Quarti |
1965 | Coppa dei Campioni | Primo Turno |
1964 | Mitropa Cup | Semifinale |
1963 | Mitropa Cup | Finale |
1962 | Mitropa Cup | Vincitore |
1955 | Mitropa Cup | Quarti |
1939 | Coppa dell’Europa Centrale | Semifinale |
1937 | Coppa dell’Europa Centrale | Ottavi |
1937 | Torneo Expo Parigi | Vincitore |
1936 | Coppa dell’Europa Centrale | Ottavi |
1934 | Coppa dell’Europa Centrale | Vincitore |
1932 | Coppa dell’Europa Centrale | Vincitore |
I successi di un’altra era (calcistica)
Quando oggi scorriamo l’almanacco del calcio di un secolo fa o giù di lì, tutto ci sembra dannatamente lontano e poco coerente con i tempi di oggi. Competizioni da tempo sfumate come la Coppa dell’Europa Centrale (poi diventata Mitropa Cup) o i tornei dell’Expo nelle capitali europee, sembrano giusto nomi altisonanti per qualcosa di poco rappresentativo.
Eppure le prime esperienze dei felsinei in campo europeo, con la doppia vittoria nella Coppa dell’Europa Centrale, rappresentano un qualcosa di fortemente altisonante per l’epoca. Parliamo di fatto di quella che era una sorta di Champions League ante litteram, con le vincenti e le migliori classificate di quelli che erano i campionati più importanti d’Europa: la Serie A italiana, il campionato dei fortissimi ungheresi, quello della Cecoslovacchia e dell’Austria.
Gli unici a non partecipare erano gli inglesi, forti del loro “aver inventato il calcio” a tal punto da non scendere nemmeno a confrontarsi con tutti gli altri.
Peccato che, proprio dopo aver vinto per due volte nel 1932 e nel 1934 questa competizione, il Bologna è la squadra designata a partecipare al torneo dell’Expo di Parigi nel 1937 in virtù del campionato italiano vinto l’anno precedente (questo torneo non a caso era chiamato “La Coppa dei vincitori”, proprio perché raccoglieva, per invito, tutte le migliori squadre vincenti dei vari campionati europei). E destino vuole che, per la prima volta in assoluto, a questo torneo partecipò anche una squadra inglese, il Chelsea.
Si tratta di un’occasione più unica che rara per quei tempi, con i maestri inglesi che scendevano in campo contro squadre del Continente. Proprio il Chelsea arrivò in finale contro il Bologna, subendo però un sonoro 4-1 finale che (ri)scrisse definitivamente le gerarchie del calcio europeo e diede poi la base per tutte le future competizioni continentali.
La Coppa dell’Europa Centrale divenne poi Mitropa Cup, ma perse inesorabilmente appeal lasciando alla neonata Coppa dei Campioni (la prima edizione nel 1955) diventando prima una sorta di coppa di consolazione per le squadre rimaste fuori dai primi posti in campionato e poi una coppa riservata ai vincitori del campionato cadetto.
Di fatto, il Bologna è comunque l’unica italiana ad aver conquistato 3 Titoli in questa competizione (e in periodi in cui giocava l’elite del calcio europeo).
La prima (e unica) volta in Coppa dei Campioni
Malgrado per lungo tempo non vi è più traccia di quello squadrone che fece tremare il mondo, il Bologna ha continuato e militare con risultati alterni nella massima serie (tanto che fino al 1982 era l’unica squadra insieme a Inter e Juventus a non essere mai stata retrocessa), fino all’annata 1964 che fu un vero e proprio campionato epico nella sfida con l’Inter fino allo spareggio finale (anche questo unico nella storia del campionato italiano).
Una vittoria che diede così la possibilità di partecipare l’anno seguente alla Coppa dei Campioni, esordio assoluto per i felsinei. La squadra allenata da Bernardini è in gran parte quella che ha appena vinto lo scudetto, e proprio poco prima dell’inizio del campionato (che vedrà chiudere con un desolante sesto pesto), i rossoblù fanno il loro esordio nel primo turno del tabellone contro l’Anderlecht che stava dominando a quei tempi in Belgio e vantava un’ottima esperienza internazionale e nella competizione (ai quarti anche l’anno prima).
In Belgio sono proprio i padroni di casa ad avere la meglio, con un 1-0 non proprio ottimale per il Bologna, che sa però di poter ribaltare la situazione in casa un mesetto dopo. In casa la squadra di Bernardini in effetti domina la partita, portandosi sul 2-0 (Pascutti e Nielsen) e divorandosi più volte il gol della certezza. La beffa arriva così a un minuto dalla fine, quando gli ospiti trovano un rocambolesco tiro che si insacca alle spalle di Negri.
Secondo il regolamento dell’epoca, il 2-2 totale era sinonimo di assoluta parità e si doveva ricorrere allo spareggio in campo neutro (ah, i bei tempi dove non c’erano calendari fittissimi di eventi come oggi).
Stadio designato è il Nou Camp di Barcellona, con il Bologna che tenta in tutti i modi la via del gol, ma nonostante un tasso tecnico decisamente più elevato, né Bulgarelli, né Haller né Nielsen riescono a bucare la difesa belga. I supplementari non cambiano la situazione e, in assenza di rigori, l’arbitro Zariquiegui ricorre all’epilogo più desolante: il lancio della monetina.
Leggenda vuole che, nel campo reso fangoso da pioggia e battaglie calcistiche, il primo lancio della monetina si inchiodò al suolo perfettamente in verticale. Ma al destino non si può comandare, e così al secondo lancio la scelta di Pavinato (l’aquila dei 5 pesos scelti) si rivelò quella sbagliata e i rossoblù vennero eliminati nel modo peggiore possibile.
Gli anni settanta: dalla Coppa delle Fiere alla Coppa UEFA
La nomenclatura e il regolamento delle varie competizioni europee è cambiato tanto nel corso degli anni. Vale quindi la pena ricordare l’evoluzione di quella che oggi chiameremmo Europa League: negli anni sessanta potrebbe essere associata alla Coppa delle Fiere, mentre fino agli anni duemila eravamo abituati alla più classica Coppa UEFA.
In tutti i casi, si trattava di una competizione di appena un grado inferiore alla Coppa dei Campioni, conservando quindi un certo grado di appeal internazionale e di tasso tecnico elevato. Questo preambolo per dire che le tre partecipazioni felsinee alla Coppa delle Fiere sul finire degli anni sessanta, furono qualcosa di grande rilievo, così come la semifinale conquistata nel 1967.
In quell’occasione, il Bologna si era qualificato alla Coppa chiudendo il campionato precedente al secondo posto dietro all’Inter, insieme al Napoli giunto terzo.
Al primo turno vittoria facile in casa contro i norvegesi del Lyn, con il conto chiuso al ritorno a reti bianche. Decisamente più ostico il secondo turno, dove i rossoblù hanno dovuto vedersela con la Dinamo Zagabria, vincitrice della Coppa proprio nella stagione scorsa. L’andata ancora in casa questa volta non è così positiva, con uno zero a zero che lascia molti dubbi sul ritorno in Jugoslavia. Proprio a Zagabria però il Bologna compie un capolavoro, portandosi prima in vantaggio con Haller e poi, dopo essere stati raggiungi, chiudendo il match al minuto 88 grazie alla rete di Bruno Pace.
Una vittoria importante che regala i quarti di finale al Bologna e una certa consapevolezza dei propri mezzi, tanto che contro l’altra squadra slava del Vojvodina è tutto più facile chiudendo il conto ancora una volta con la vittoria corsare per 0-2 in esterna e pareggiando a reti bianche in casa.
Contro il Ferencváros la semifinale si presenta subito come molto ostica, ma nell’andata il Bologna riesce a portarsi sullo 0-2 in trasferta dopo appena mezz’ora di gioco (Clerici e Perani), perdendo però la bussola subito dopo con gli avversari capaci di ribaltare tutto nel 3-2 finale.
Al ritorno davanti a trentamila tifosi, il Bologna ci prova e al sessantesimo il 2-1 (ancora Perani poi Tentorio) sembra lasciare possibilità, prima del gol del 2-2 definitivo che chiude le porte a una possibile finale contro il Leeds (che poi vincerà la Coppa).
Coppa delle Coppe, stregata ai sedicesimi
Dopo le tre esperienze di fila in Coppa delle Fiere, il Bologna centra due successi in Coppa Italia nel 1970 e nel 1974, che gli consentono di partecipare per due volte alla Coppa delle Coppe. Due esperienze ravvicinate e diverse, con un esito però tristemente molto simile.
Nel 1970 ai sedicesimi il sorteggio mette di fronte il Bologna ai tedeschi del Vorwarts Berlino, a quell’epoca tra le migliori del campionato orientale teutonico. Una sfida complicatissima che non a caso segna uno zero a zero sia all’andata che al ritorno al Dall’Ara. Nei supplementari, la sbloccano i rossoblù con bomber Savoldi, ma a otto minuti dalla fine il pareggio di Begerad regala il passaggio ai tedeschi in virtù dei gol in trasferta.
Quattro anni dopo il Bologna ci riprova e trova ai sedicesimi i polacchi del Gwardia Warszawa, squadra non proprio impossibile da battere. Ciò nonostante, in Polonia la sconfitta per 2-1 apre le porte a un ritorno in cui provare il tutto per tutto. Ed è ancora una volta Beppe Savoldi a rimettere le cose in parità, con una doppietta nel primo tempo intervallata dal gol ospite che porta le squadre ai supplementari e poi ai rigori.
Il Bologna mette i primi quattro e poi sbaglia il quinto con Massimelli, mentre i polacchi fanno cinque su cinque e vanno agli ottavi.
Le esperienze in Coppa UEFA e la semifinale di Mazzone
Sono quattro le partecipazioni dei felsinei nella Coppa UEFA, la prima nel 1971 (uscito ai sedicesimi senza sconfitte per i gol in trasferta), le altre tre decisamente più interessanti durante gli anni novanta.
Nel 1990 il Bologna guidato da Gigi Maifredi centra un ottavo posto in campionato che vale una preziosa qualificazione europea, lasciando però la guida tecnica a Franco Scoglio per la stagione seguente. Sarà un’annata decisamente negativa per i rossoblù, che chiuderanno ultimi in campionato (dopo aver passato la panchina a Gigi Radice).
In Europa però, la squadra paradossalmente fa un bel cammino: doppia vittoria contro i polacchi del Lublino nei trentaduesimi, mentre contro gli scozzesi del Hearts ai sedicesimi c’è bisogno di un mezzo miracolo. Sotto di 3-1 dopo una gara di andata pessima, al Dall’Ara il Bologna strapazza gli avversari con un perentorio 3-0 (Detari, Villa e Mariani a tre minuti dalla fine) che fa venire giù lo stadio.
Ed è solo l’inizio, perché anche negli ottavi l’andata del Bologna è disastrosa (3-0 in Austria contro l’Admira Wacker), salvo poi ribaltare tutto al ritorno con un altro 3-0 (Waas, Cabrini e Negro) e la gioia ai rigori con il decisivo 9-5 firmato Giuseppe Lorenzo.
L’avventura si chiude poi ai quarti contro lo Sporting, con un 1-1 ottenuto al Dall’Ara e un secco 2-0 in Portogallo che chiude una stagione da dimenticare.
La seconda (o terza) vita del club rossoblù, si riaccende però sul finire del secolo scorso, quando per due anni di fila prima Renzo Ulivieri e poi Carletto Mazzone, riportano la squadra in Europa. Proprio la stagione con Carletto è quella forse più esaltante di tutte, perché porta i felsinei a un passo dalla finale.
Il primo turno ai trentaduesimi è una sorta di rivincita contro lo Sporting, ma ora i valori sono decisamente diversi tanto che il Bologna chiude con un 4-1 il conto totale vincendo 2-0 in Portogallo e 2-1 in casa.
Identico referto anche nei sedicesimi contro lo Slavia Praga (Signori in grande evidenza con un gol in tutte e due le partite), mentre negli ottavi il Bologna la chiude già dopo la partita di andata in casa, con un 4.1 firmato da Fontolan (doppietta), Kolyvanov e Eriberto. La sconfitta per 1-0 al ritorno è totalmente indolore.
Si viaggia sulle ali dell’entusiasmo e ai quarti vige ancora la legge del Dall’Ara: doppietta di Signori e gol di Binotto, il Lione è in ginocchio. Il ritorno è comunque una sofferenza perché i francesi vanno sul 2-0 già nel primo tempo e poi è Antonioli e la difesa del Bologna a chiudere tutte le porte.
La semifinale con il Marsiglia di Ravanelli si preannuncia complicatissima, ma le speranze salgono quando il Bologna esce indenne dalla trasferta di andata (zero a zero) e poi passa subito in vantaggio al ritorno in casa con il gol dell’idolo Paramatti al 18°. I felsinei falliscono alcune occasioni d’oro ma resistono agli assalti francesi fino a tre minuti dalla fine quando i giochi sembrano fatti. Ma non lo sono. Un rigore concesso e realizzato da Blanc regala un pareggio che vale la finale, sempre per il gol in trasferta che vale doppio.
L’unica consolazione è la vittoria nello spareggio contro l’Inter (corsi e ricorsi) che vale l’accesso alla Coppa UEFA anche per la stagione successiva, che avrà però decisamente meno fortuna: bene al terzo turno contro l’Anderlecht (4-2 totale) e male ai sedicesimi contro il Galatasaray (1-1 in casa e 2-1 in trasferta).
La prima volta in Champions
Da allora il Bologna aspettava di rientrare nel calcio europeo che conta, e questa volta l’ha fatto nel migliore dei modi e forse nell’occasione migliore possibile: la Champions League nella sua nuova formula.
Come ormai sapete infatti, nella prossima stagione saranno cinque le squadre a partecipare alla competizione, che non prevede più i soliti gironi ma un campionato unico con otto partite a testa nella prima fase (due avversarie per ogni fascia di ranking).
Una rivoluzione che forse potrebbe aiutare il Bologna, che dopo vent’anni di assenza europea è inserita nella quarta fascia (unica tra le italiane), ma che non troverà particolari penalizzazioni in questo caso.
Più complicato, semmai, sarà riprendere confidenza e autorevolezza contro avversarie sulla carta quasi tutte più attrezzate e certamente più abituate a questi contesti. Anche se la gioia e l’emozione per questo esordio, potrebbe parimenti concedere energie aggiuntive positive.