Lewandowski, Raphinha, Koundé, Kessié, Marcos Alonso, Bellerin… Il mercato del Barcellona quest’estate è stato di primissimo piano, e dopo le difficoltà della scorsa stagione Xavi si ritrova a gestire una rosa competitiva e profonda, pronta a dare l’assalto a Liga e Champions League.
Ma come è stato possibile per una società con una tale situazione debitoria (oltre un miliardo di euro di debiti nella scorsa stagione, e la situazione non è migliorata) investire circa 150 milioni per i cartellini di tre giocatori (Lewandowski, Raphinha e Koundé) oltre ad impegnarsi a sottoscrivere nuovi contratti milionari per tutte queste stelle?
La corsa a tagliare gli stipendi che ha distrutto il valore dei giocatori
Paradossalmente, per liberare spazio salariale e rientrare nei parametri del salary cap imposto dalla Liga, i catalani si sono ritrovati costretti a cedere in fretta e furia, gratuitamente o in prestito, moltissimi giocatori che, in condizioni normali, avrebbero garantito qualche entrata per il cartellino.
Alla voce entrate del calciomercato si registrano solo i 20 milioni per il riscatto di Coutinho da parte dell’Aston Villa (giocatore pagato 135 milioni solo quattro anni fa), i 12 dal Chelsea per Aubameyang e i 3 milioni dallo Sporting Lisbona per il prestito di Fabio Trincao.
Certo, in futuro si potrebbero concretizzare alcuni riscatti (come i 20 milioni che il Milan potrebbe versare per riscattare Sergino Dest), ma al momento, a fronte di un valore stimato di circa 178 milioni per quanto riguarda i giocatori ceduti, il Barça ha incassato solo 35 milioni.
La corsa ad abbattere il monte ingaggi ha quindi causato anche un depauperamento del parco giocatori, rendendo praticamente inutile cercare di reperire risorse attraverso il calcio mercato.
Da dove sono arrivati quindi i soldi per allestire una rosa capace di essere competitiva ai massimi livelli?
Manovre finanziare collaterali per un all-in sul campo
Per reperire fondi il Barcellona ha compiuto alcune mosse che potremmo definire quasi disperate. Hanno ceduto il 25% dei proventi dei diritti televisivi della Liga per i prossimi 25 anni, in due tranche differenti ad un fondo d’investimento per una cifra complessiva di circa 500-600 milioni.
Inoltre hanno venduto il 49,5% delle quote di Barça Studios, la società che si occupa dei contenuti audiovisivi, quindi le piattaforme BarçaTV e BarçaTV+, oltre a tutto il comparto del marketing digitale, social media, metaverso, etc. per circa 150-200 milioni.
Nonostante ci siano delle clausole che permetterebbero alla società di ricomprare buona parte di queste quote in futuro, il Barcellona dovrà quindi rinunciare alla metà dei proventi riguardanti i mercati globali maggiormente in espansione, oltre ad un quarto delle entrate garantite dai diritti televisivi interni.
In tutto questo, la situazione debitoria resta comunque ingente, ma la volontà è stata quella di dare fondo a tutte le risorse possibili per costruire una squadra in grado di tornare subito a vincere sul campo e ridare lustro al nome del Barça.
Perché il Barcellona continua a trovare fondi e a spendere
Un club come il Barcellona, in particolare nel calcio attuale, non può vivere nella mediocrità. Il marchio Barcellona ha valore solo se corrisponde a quell’immagine di eccellenza calcistica che fa parte della sua storia e tradizione. Ma appunto, in questo caso questo marchio ha un valore altissimo.
Ecco perché per la società è relativamente facile reperire fondi sulla fiducia che in futuro i proventi legati al marketing e ai diritti televisivi ripagheranno gli investitori, se nel frattempo il club rimane ai vertici del calcio europeo. Too big to fail, si diceva un tempo di alcuni paesi in preda alla crisi economica, e questo modo di dire si può applicare anche al Barcellona, il cui fallimento sarebbe una disgrazia dal punto di vista economico per tutto il sistema calcio spagnolo.