Quando nel 2011 Platini decise di premiare Roberto Baggio e Marcello Lippi, inseriti nella Hall of Fame del calcio italiano, i due salirono sul palco senza neanche guardarsi in volto. I loro occhi rimasero a debita distanza, e i sorrisi rivolti al vuoto indicarono meglio di qualsiasi insulto lo stato d’animo dei due protagonisti.
I primi contrasti alla Juventus
I più giovani non lo ricorderanno, ma la storia conserva ancora vivida la memoria di questo duello. Dialettico, emozionale, esplicito in ogni caso. Tutto nacque quando, al principio degli anni Novanta, Lippi diventa il nuovo allenatore della Juventus. Ancora non era, all’epoca, il Marcello Lippi divoratore di trofei e indelebili successi nella storia del calcio: quel Lippi arrivava alla corte della Vecchia Signora da allenatore del Napoli, con il dichiarato obiettivo di rendere la Juventus meno dipendente possibile da Roberto Baggio, fresco autore delle magiche esibizioni a Italia 90.
Poco importava a Lippi del Pallone d’Oro del Divin Codino: nel suo modulo, il ruolo del trequartista non era contemplato. Così, alla fine di quella stagione Lippi annuncia che Roberto Baggio non è più necessario per il Club. I due si lasciano malissimo, ma sono costretti a riappacificarsi quando Lippi, terminato il suo rapporto con la Juventus (1999) viene chiamato da Massimo Moratti scatenando l’ira dei tifosi.
Il conflitto esploso all’Inter
Non solo perché in quella squadra giocava proprio Roberto Baggio ma, cosa più importante, perché Lippi era stato uno juventino di ferro, uno dei più grandi protagonisti della storia della Vecchia Signora. Moratti però per una volta decise di non ascoltare il cuore del tifoso, lasciando invece spazio alla mente di imprenditore. Lippi, nella sua testa, poteva dare ciò che Simoni (l’anno prima) non era neanche lontanamente riuscito a trasmettere ai suoi ragazzi (che avevano concluso la stagione addirittura all’ottavo posto in classifica).
Baggio è chiaro fin da subito col suo allenatore: “[a Lippi] non ho chiesto nessun trattamento speciale, solo di avere le stesse possibilità degli altri”. Non accadrà. Baggio con Lippi all’Inter vivrà una delle stagioni più difficili della sua carriera. E non per infortuni o episodi extra-campo, ma proprio per il rapporto con l’allenatore italiano. Baggio gioca appena 110 minuti in Serie A fino alla pausa invernale. Una miseria, soprattutto se pensiamo a chi era Roberto Baggio: non solo – probabilmente – il più grande calciatore italiano della storia, ma anche un 10 di grandissimo carisma.
A tal punto che durante il ritiro estivo pre-stagionale, Baggio aveva ricevuto applausi a spron battuto dai compagni Vieri e Panucci dopo un lancio di 40 metri per l’attaccante ex-Lazio: un episodio al quale Lippi aveva risposto così: “Vieri, Panucci, che cazzo state facendo? Non siamo qui per congratularci l’un l’altro. Siamo qui per lavorare. Nessuno applaude nessuno e questo vale anche per il sig. Baggio”.
Moratti comunque non voleva saperne di cambiare allenatore, nonostante le cose non andassero granché in campionato. L’Inter infatti finirà quarta in classifica, costretta a giocarsi lo spareggio per andare in Champions col Parma di Malesani (entrambe a 58 punti) a Verona, su campo neutro.
Lo spareggio di Verona, l’addio magico di Baggio
Il caso volle che Baggio, fin lì relegato in panchina (aldilà di poche sporadiche occasioni, nelle quali comunque sarà decisivo, come contro il Verona o contro la Roma, o all’ultima giornata quando un suo gol sarà cruciale per andarsi a giocare lo spareggio col Parma), sarà per Lippi l’unica carta disponibile da estrarre all’interno di una rosa senza Vieri e Ronaldo out per infortunio per l’ultima partita della stagione. “Se un allenatore fa delle scelte vanno accettate, disse Lippi discutendo della faida coi giornalisti. Se a uno non va bene prende e se ne va da un’altra parte”. Baggio però è chiarissimo, all’alba di quello spareggio: “Se Lippi rimane anche l’anno prossimo, io me ne vado”.
Contro il Parma Baggio sarà decisivo con due gol uno più bello dell’altro – segnati peraltro a Gigi Buffon, non uno qualunque. Verona sarà il teatro della sua ultima manifestazione divina in maglia Inter, che lascerà al termine della stagione. Lippi invece rimarrà al suo posto, perdendo all’inizio della stagione successiva le prime tre – decisive – sfide dell’anno 2000/2001: sconfitta con l’Elsinborg ai preliminari di Champions, sconfitta contro la Lazio di Erikson – dove c’era un certo Simeone, cacciato proprio da Lippi l’anno prima insieme a un altro senatore come Beppe Bergomi – e, per chiudere in bruttezza, sconfitta alla prima di campionato (contro la Reggina al Granillo, 2-1).
Un epilogo amaro per una storia dove tutti hanno perso e nessuno ha vinto: ma dove almeno uno dei due litiganti si è sempre comportato da professionista, dimostrando sul campo la propria eccezionale classe.