Edin Dzeko si è presentato ai tifosi dell’Inter, che ancora stanno elaborando il crudele addio di Romelu Lukaku, nella miglior maniera possibile.
Il centravanti bosniaco, che ha risolto le sue pendenze con la Roma appena un quarto d’ora prima del fischio d’inizio dell’amichevole tra i nerazzurri e la Dinamo Kiev, si è fatto trovare immediatamente pronto, scendendo in campo ancor prima dell’ufficialità del suo trasferimento, firmando un gol e rendendosi protagonista di varie azioni offensive tra cui quella che ha portato al vantaggio di Niccolò Barella dopo un’azione da “calcio bailado”, tra colpi di tacco e scambi al limite dell’area.
Se dopo la cessione di Hakimi e Lukaku serpeggiava un certo catastrofismo tra i tifosi nerazzurri, l’ingaggio di Denzel Dumfries e di Edin Dzeko ha messo un po’ a riposo le voci più pessimiste della tifoseria.
Certamente il profilo dell’ex centravanti della Roma è molto diverso dal belga ceduto per la cifra record di 115 milioni (più bonus) al Chelsea: vediamo nel dettaglio come cambia l’attacco nerazzurro con l’inserimento del bosniaco.
Dzeko al posto di Lukaku in un 3-5-2 diverso
Bisogna innanzitutto ricordare che l’Inter quest’anno ha cambiato allenatore passando da Antonio Conte a Simone Inzaghi, due allenatori che dispongono la squadra in campo in maniera uguale, secondo il 3-5-2, ma che chiedono cose molto diverse ai propri giocatori, in particolare in fase offensiva.
Con Conte l’Inter giocava con due punte centrali, Lukaku e Lautaro Martinez, che giocavano vicine e si disponevano sulla stessa verticale. Nell’impianto di gioco di Simone Inzaghi invece al centravanti deputato di cercare la profondità viene affiancato normalmente un attaccante più mobile, che svaria sulla trequarti offensiva, al punto che spesso si ricorre ad un trequartista in un 3-5-1-1.
Nell’esordio di Dzeko contro la Dinamo Kiev infatti, complici le assenze di Lautaro Martinez e Alexis Sanchez, i nerazzurri sono scesi in campo proprio con quest’assetto, con Stefano Sensi a supporto di Dzeko sulla trequarti.
Chi al fianco di Dzeko?
In base ai prossimi sviluppi di mercato, Dzeko può essere il compagno d’attacco di Lautaro Martinez, con l’argentino punta deputata a cercare la profondità e il bosniaco incaricato di svariare maggiormente sulla trequarti, oppure il terminale offensivo davanti ad un’attaccante mobile e veloce, come Joaquin Correa che alla Lazio supportava il gioco verticale di Ciro Immobile andando a giocare alle sue spalle, spesso in linea con gli altri centrocampisti.
Le ottime doti di Dzeko nel legare il gioco, ripiegando sulla trequarti per trovare palloni giocabili per poi ripresentarsi prontamente in area, possono essere molto utili nel favorire l’inserimento di giocatori come Barella e Sensi o le soluzioni balistiche dal limite di uno specialista come Hakan Calhanoglu, senza considerare poi gli appoggi per un attaccante che sta migliorando di anno in anno la propria efficacia al tiro come Lautaro Martinez.
Nell’Inter di Conte le mezzali tendevano ad allargarsi per cercare la sovrapposizione con gli esterni, maggiormente deputati ad accentarsi e a creare maggiore densità in area avversaria. Era quindi importante avere due punte che mettessero pressione ai difensori avversari, schiacciando la linea difensiva e creando così spazi per gli inserimenti laterali.
Con Inzaghi invece i centrocampisti tendono ad attaccare maggiormente per linee verticali, quindi avere un centravanti in grado di ricoprire anche il ruolo di regista offensivo aiuta a trovare soluzioni vincenti tramite gli inserimenti dalla mediana.
Da Lukaku a Dzeko: meno gol, più soluzioni offensive
Dal punto di vista numerico, il confronto tra Dzeko e Lukaku rischia di apparire impietoso. Il centravanti belga ha segnato ben 64 reti in 95 partite con la maglia nerazzurra, una media realizzativa che ha riportato la mente dei tifosi nerazzurri ai tempi del Fenomeno Ronaldo.
Dzeko da questo punto di vista non è mai stato un grandissimo goleador, avendo sempre messo a segno molte meno reti rispetto agli Expected Goals fatti registrare in campo statistico: in 6 stagioni alla Roma, giocando quasi sempre da unico terminale offensivo, ha segnato 119 gol in 260 partite, ma solo nella seconda e nella terza stagione in giallorosso ha superato la soglia dei 20 gol stagionali.
Quello che si perde sicuramente in numero di gol però lo si guadagna ampliando il ventaglio di soluzioni offensive: dai piedi di Dzeko, fin dal cerchio di centrocampo, possono partire un’ampia gamma di azioni d’attacco, che possono coinvolgere l’altra punta, i centrocampisti e anche gli esterni, donando maggiore imprevedibilità dalla trequarti in avanti.
Aumenta quindi la responsabilità sulle spalle di Lautaro Martinez, chiamato verosimilmente a diventare il principale finalizzatore della squadra. Ma allo stesso tempo gli si affianca un giocatore abilissimo nel colpo di testa, fondamentale in cui Lautaro è penalizzato dalla statura e in cui invece Lukaku non eccelleva nonostante la stazza. Visti i cross che possono assicurare Dumfries e Perisic dalle fasce e Calhanoglu da palla inattiva, un colpitore di testa abile come Dzeko diventa un’ulteriore risorsa offensiva per i nerazzurri.
Un nuovo leader per lo spogliatoio
Una delle cose che accumuna maggiormente Dzeko a Lukaku è comunque il carisma. Cresciuto a Sarajevo durante il più lungo assedio della storia moderna, 4 anni sotto le bombe e nel mirino dei cecchini, Dzeko ha sviluppato una personalità forte, calma e decisa.
Punto di riferimento per lo spogliatoio della Roma anche dopo che Paulo Fonseca ha deciso di privarlo della fascia di capitano, Edin è sicuramente meno esuberante ed esplosivo di Lukaku, ma ha dimostrato di essere un leader quanto e forse anche più del belga.
Edin è infatti diventato il capitano e il volto pubblico di una nazionale che rappresenta una popolazione divisa e spesso in conflitto come quella della Bosnia Herzegovina, paese che cambia Presidente della Repubblica ogni 8 mesi per rappresentare al meglio tutte le differenti componenti etniche, trascinando la piccola nazione balcanica ad una memorabile partecipazione ai Mondiali del 2014. Forse non sarà il prossimo “king of Milano”, ma Edin Dzeko ha sempre saputo conquistare i suoi compagni e i suoi tifosi grazie al lavoro e all’applicazione messe in campo.