La stagione dell’Atletico Madrid rischia di finire già a metà marzo con l’eliminazione in Champions League per mano dell’Inter. Quarto nella Liga, fuori malamente in Coppa del Re, la squadra di Simeone è in una profonda crisi d’identità.
Che sia la sfida ai nerazzurri l’ultimo ballo per questo club che nonostante il titolo spagnolo vinto tre anni fa sta mostrando chiari segni di cedimento?
Atletico Madrid, febbraio da incubo
Diego Pablo Simeone è l’allenatore che da più tempo, almeno tra le big d’Europa, è seduto sulla stessa panchina: all’Atletico Madrid infatti è arrivato nel 2011, peraltro a stagione in corso, e ha marcato davvero un’epoca.
Ha vinto due volte la Liga, due Europa League, due Supercoppe Europee e per due volte è arrivato in finale di Champions League. Tutto questo però sembra lontano un’era geologica, perché mai come in questa stagione l’Atletico e il suo allenatore sono parsi in difficoltà.
Quarto posto in campionato con appena due punti di vantaggio sull’Athletic Bilbao, Coppa del Re andata malamente sempre con l’Athletic (4-0 nel doppio confronto) e Champions League come ultimo salvagente stagionale, la sfida di ritorno contro l’Inter.
Febbraio, mese-chiave per l’intera stagione, è stato un disastro per i biancorossi, che hanno vinto appena una partita (5-0 con il Las Palmas, squadra senza più obiettivi) e racimolando sconfitte e brutte figure. Anche nella sfida d’andata contro l’Inter in Champions l’1-0 dei nerazzurri era parso abbastanza bugiardo.
Marzo è iniziato appena appena meglio, ma la sconfitta 2-0 a Cadice, che non vinceva una partita da settembre, è stata un’ulteriore mazzata sulle ambizioni dell’Atletico Madrid.
La Griezmann-dipendenza
C’era una volta il “Cholismo”, si potrebbe dire, quello stile totalmente antitetico al tiki-taka e al gioco di posizione, con il suo 4-4-2 ferreo a cominciare da una difesa corazzata: l’idea di portare l’attacco o sulla linea laterale o nell’imbuto verso il centro, dove bloccare tutto e ripartire cercando la prestanza fisica di attaccanti come Diego Costa.
Simeone con quell’Atletico Madrid forgiato anno dopo anno aveva creato un marchio di fabbrica che però via via si è sfarinato, senza trovare nuovi interpreti all’altezza dei precedenti. Godin, Miranda, ma anche Rodri, per non parlare di un cecchino davanti come Luis Suarez: l’unico in grado di fare da trait-d’union è stato Antoine Griezmann.
Il francese dopo la parentesi poco fortunata al Barcellona è tornato “a casa sua” e nella passata stagione ha fatto davvero pentole e coperchi, risultando numericamente il miglior giocatore della Liga coi suoi 15 gol e 16 assist. Su 70 reti complessive dell’Atletico Madrid, un contributo niente male.
Griezmann è un giocatore unico, capace di concludere e di cucire, ormai come nella Francia è diventato un regista offensivo di lusso, aiutando le sue squadre a risalire il campo e a facilitare il gioco. Mancando lui, all’Atletico si è spenta la luce, e comunque non può creare tutto “Grizou”.
Specie nel nuovo schema ormai utilizzato da Simeone, un 3-5-2 che in realtà è molto pendente a sinistra, visto che l’esterno a tutta fascia è un fantasista come il brasiliano Lino. Insomma, più un 4-4-2 mascherato, ma in cui comunque manca un vero esterno destro se non vogliamo considerare Molina, lui pure molto offensivo.
Numeri che dovrebbero premiare la difesa e che invece hanno reso l’Atletico Madrid una squadra prevedibile, che si affida molto agli eroismi di attaccanti come Morata, che non è propriamente un cecchino.
La sensazione insomma è di una squadra con le idee confuse e un allenatore forse a fine ciclo. Certo, il contratto di Simeone con l’Atletico Madrid scade nel 2027 quindi cacciarlo sarebbe un bagno di sangue.