Una regione sola da cui pescare per fare la squadra, eppure l’Athletic Bilbao da ormai 125 anni sopravvive alla grande nel panorama della Liga spagnola.
Una regione sola, i Paesi Baschi, 3 milioni di abitanti circa tutto compreso: meno della città di Roma, eppure serbatoio infinito per una squadra che è una delle sole tre a non essere mai retrocessa, assieme a Real Madrid e Barcellona.
Athletic Bilbao, lo statuto
Tutto questo l’Athletic non è che lo dice e basta, ce l’ha scritto nel suo statuto. Quindi è qualcosa di formalizzato parola per parola.
Come funziona questa norma? I “Leones” possono tesserare solamente giocatori, e ormai anche giocatrici visto che la sezione femminile pure va molto bene, nati nei Paesi Baschi oppure cresciuti nelle giovanili di un club dei Paesi Baschi.
Qui bisogna innanzitutto chiarire cosa sono i Paesi Baschi.
Guardando la cartina della penisola iberica nel nord-est vediamo che c’è la regione di Euskadi, che corrisponde alle tre province facenti capo a Bilbao (Vizcaya), San Sebastian (Gipuzkoa) e Vitoria (Alava). Tuttavia i Paesi Baschi storici, quelli a cui fa riferimento lo statuto dell’Athletic Bilbao, comprendono anche l’immensa regione della Navarra, che ha capoluogo Pamplona, e le tre piccole zone in territorio francese chiamate Iparralde: Lapurdi, Bassa Navarra e Zuberoa.
Queste ultime tre zone in realtà, oltre ad essere minuscole e composte da paesucoli dispersi tra le montagne pre-pirenaiche, sono come quasi tutto il sud della Francia molto più attirate dal rugby che dal calcio. Si salvano città come Bayonne o Biarritz, dove appunto la palla ovale è sacra, e in cui per esempio è nato un grandissimo giocatore come Didier Deschamps. L’attuale ct della Francia non ha mai indossato la maglia dell’Athletic Bilbao, ma avrebbe potuto essere eleggibile. Chi l’ha indossata invece è stato Bixente Lizarazu, nato a Saint Jean Pied-de-Port, delizioso porto sull’oceano.
Fatta la legge, però, trovato l’inganno. O comunque una maniera gentile di aggirare lo statuto. Il caso clamoroso più recente è stato Aymeric Laporte, difensore nato ad Agen, vicino a Bordeaux, quindi lontano 200 chilometri dai Paesi Baschi: l’attuale difensore dell’Al-Nassr, campione d’Europa con il Manchester City, venne notato giovanissimo dagli osservatori dell’Athletic e spedito al Basconia di Basauri, squadra satellite della casa madre bilbaina a pochi chilometri da Bilbao. Così facendo, disputando alcune partite in un club giovanile basco, diventò eleggibile per i “Leones”. Lanciato titolare a 18 anni da Marcelo Bielsa, nel 2018 sarebbe stato venduto per 65 milioni al Manchester City.
Un serbatoio immenso
Per capire il successo dell’Athletic Bilbao in un mondo del calcio dove ormai è globalizzato, con giocatori che passano di continente in continente pagati a peso d’oro, i “Leones” riescono ancora ad arrangiarsi sfiorando spesso anche le qualificazioni alle coppe europee. Il motivo va cercato soprattutto nella particolare disposizione del futbol in Spagna, molto a macchia di leopardo, con intere zone del tutto a digiuno di pallone e altre invece con una grande concentrazione di “materia prima”.
A differenza dell’Italia, per esempio, ci sono due aspetti da sottolineare: il primo è di natura generale, visto che tutti i club anche grandi pescano a mani basse dal loro vivaio al momento di tappare buchi in rosa. Il Barcellona è un caso a sé, ma l’Athletic Bilbao segue da vicino, così come giusto per fare un mini-giro della Spagna il Celta Vigo o il Valencia.
Nella zona dei Paesi Baschi la stragrande maggioranza della popolazione è appassionata di sport, calcio e non solo (il ciclismo impera, per esempio).
Soprattutto nessuno si sogna di tifare squadre di altre zone, l’attaccamento all’Athletic Bilbao e alla Real Sociedad soprattutto, le due big locali, è enorme. Ma se la Real può comprare “stranieri”, i rivali regionali deve come detto pescare solo tra gli autoctoni. Per questo motivo ha una rete di osservatori e scout enorme, che va a visionare partite anche nell’angolo più remoto dei Paesi Baschi: al momento opportuno poi, provino a Lezama, la “Milanello” dell’Athletic, per testare ed eventualmente tesserare.
Per molti giovanissimi giocare con i “Leones” è un sogno, spesso condizionato dal milieu familiare, con la passione tramandata di generazione in generazione. I calciatori quindi sono tante volte anche tifosi della propria squadra, ragion per cui semplicemente si impegnano fino in fondo. Naturalmente come per il vino ci sono annate strepitose e altre meno, ma grazie a questo attaccamento alla maglia è molto difficile che una stagione vada davvero male.
Oggi è chiaro che rispetto al passato è anche più difficile trattenere i propri talenti più in vista. Ci sono le squadre della Premier, le altre spagnole, chissà che pure i club sauditi non si tuffino sui giocatori bilbaini. Una volta non era così e per decenni l’undici-tipo dell’Athletic rimaneva identico, con Julen Guerrero chissà come caso-limite, contratto a vita nonostante la corte del Milan e del Real Madrid negli anni Novanta.