Sono finiti gli aggettivi per l’Atalanta di quest’anno.
Anche l’esordio in Champions League, con la clamorosa qualificazione in un girone con Manchester City, Shakhtar Donetsk e Dinamo Zagabria, e il successivo schianto del Valencia negli ottavi, ha dimostrato che la formazione bergamasca può essere considerata la regina delle provinciali del nostro calcio.
È al terzo piazzamento europeo consecutivo (nonostante l’anno scorso non oltrepassò i preliminari di Europa League), ha una proprietà solida e intraprendente, più di quella di alcune “grandi” del campionato, al punto di avere un nuovo stadio all’avanguardia, e cosa più importante, anno dopo anno sembra rafforzarsi sempre di più.
Provinciale per tradizione insomma, ma ormai una grande del nostro pallone a tutti gli effetti. E con una storia calcistica tutta da raccontare e tramandare.
Una squadra di serie B in Europa
La stagione 86/87 si era chiusa con la retrocessione, a seguito del penultimo posto in campionato, ed una sconfitta in finale di Coppa Italia ad opera del Napoli di Maradona, già campione d’Italia.
Ma proprio quel 3-0 subito dalla squadra di Nedo Sonetti, in virtù del fatto che la squadra partenopea era destinata a giocare la Coppa dei Campioni, spalancò le porte dell’Europa alla squadra orobica.
Nella stagione successiva l’Atalanta, guidata dal compianto Emiliano Mondonico in panchina, visse una stagione dalle due facce, a lottare sui campi della serie B la domenica e in giro per l’Europa a giocare la Coppa delle Coppe il mercoledì.
Di certo però era a pieno titolo una provinciale nel 1987, quando riuscì a compiere un’impresa che ancora oggi vive nei ricordi dei tifosi orobici: l’esaltante campagna europea in Coppa delle Coppe.
Nonostante la retrocessione, a centrocampo rimase lo svedese Glenn Stromberg (ancora oggi forse il giocatore più amato dal tifo orobico), rifiutando la Roma del suo mentore Eriksson, e il futuro ct della Nazionale Cesare Prandelli, mentre in attacco arrivò, dopo una stagione non esaltante all’Inter (4 gol in 20 presenze), Oliviero Garlini, in un reparto che contava anche il centravanti Aldo Cantarutti e l’ala Eligio Nicolini. Dalla Juventus arrivò il centrocampista Ivano Bonetti, laureatosi campione d’Italia con i bianconeri solo due anni prima e che si sarebbe ripetuto anche con la Sampdoria di Vialli e Mancini qualche anno dopo.
La “legge del Comunale”
L’Atalanta non è la prima squadra a giocare la Coppa delle Coppe dalla serie B, ma sarà la prima e unica a raggiungere la semifinale.
L’esordio non è dei migliori, in Galles contro il misconosciuto Merthyr Tydfil la squadra si fa del male, con le autoreti di Andrea Icardi e Domenico Progna che beffano il portiere Ottorino Piotti. Nel mezzo, il gol dello stesso Progna dopo una travolgente azione personale di Stromberg permette di avere la possibilità di ribaltare il risultato al Comunale di Bergamo. Nella partita di ritorno la Dea scende in campo con un piglio diverso e ribalta il risultato con le reti di Garlini e Cantarutti, su reciproci assist.
L’avversario del turno successivo è l’Ofi Creta: l’andata, giocata a Salonicco, si chiude sull’1-0 per i greci, grazie al gol di Takis Persias, ma al ritorno l’Atalanta, come contro i gallesi, si impone tra le mure amiche 2-0 con i gol di Nicolini e Garlini.
Gli eroi dell’Alvalade e la rivincita contro lo Sporting Lisbona
I quarti di finale riservano un avversario di livello, e con cui l’Atalanta ha ancora un conto in sospeso: lo Sporting Lisbona, che eliminò la squadra orobica nella precedente apparizione europea, venticinque anni prima nella Coppa delle Coppe 63/64, dopo uno spareggio concluso ai supplementari. Stavolta l’andata si gioca a Bergamo, ma la legge del Comunale non cambia: 2-0 con rigore trasformato da Nicolini e raddoppio di Cantarutti.
A Lisbona gli orobici si presentano senza due cardini come Stromberg e Carlini,e giocarono una partita di pura sofferenza: l’assedio lusitano inizia dai primissimi minuti e si concretizza al 67esimo, quando un colpo di testa di Houtman si insacca alle spalle di Piotti. Due minuti più tardi, la doccia gelata del raddoppio portoghese, ma l’arbitro annulla per una presunta carica al portiere (più che dubbia). Il gol di Cantarutti in contropiede all’82’, proprio mentre la pressione lusitana è ai massimi, fa esplodere di gioia i tifosi bergamaschi (e del resto d’Italia, essendo rimasta l’Atalanta l’ultima rappresentante tricolore nelle coppe europee).
La semifinale con il Malines e il tramonto del sogno
L’entusiasmo per gli “eroi dell’Alvalade” è alle stelle, e in semifinale si profila un avversario inedito: il Malines (o Mechelen, a seconda che vogliate usare il nome vallone o fiammingo), all’esordio nelle coppe europee, squadra belga che schierava in porta un monumento del calcio belga come Michel Preud’Homme.
Dopo sette minuti l’israeliano Eli Ohana porta in vantaggio i belgi sugli sviluppi di un calcio di punizione, ma nemmeno un minuto dopo, su una punizione speculare, Stromberg sovrasta tutti in area e insacca il gol del pareggio. A sette minuti dalla fine l’olandese Piet den Boer segna dopo un batti e ribatti in area atalantina, ma il 2-1 è un risultato che lasciava aperte le porte per una rimonta in terra bergamasca.
Due settimane dopo Bergamo è in preda alla trepidazione: la “legge del Comunale” non ha mai tradito finora, quarantamila tifosi sono presenti sugli spalti e la prospettiva di andare a giocare la finale a Strasburgo è concreta.
L’Atalanta inizia in maniera convincente, costringendo Preud’Homme a un paio di miracoli prima che al 39′ un cross di Icardi venga platealmente stoppato con la mano da un difensore del Malines.
È il bomber Garlini a presentarsi sul dischetto e a trafiggere il fuoriclasse belga. Sugli spalti è il delirio, e per pochi centimetri la prospettiva della finale non si concretizza quando un colpo di testa di Daniele Fortunato non si stampa sul palo a causa di un tocco quasi impercettibile di Preud’Homme.
Al minuto 56 la doccia gelata: il difensore Graeme Rutjes trova con una girata in area una parabola incredibile che si infila alle spalle di Piotti. L’Atalanta si riversa in attacco, sfiorando il gol che la porterebbe ai supplementari con Cantarutti, ma a undici minuti dalla fine Marc Emmers (padre di Xian, centrocampista di proprietà dell’Inter ora in prestito al Beveren) si libera e con un destro dal limite dell’area insacca la palla che permette al Malines di andare a Strasburgo e vincere la finale contro l’Ajax.
Per l’Atalanta, al di là della delusione per l’eliminazione, sarebbe rimasto l’orgoglio per la favola di una provinciale nell’Europa dei grandi, disputata giocando la serie B, e la soddisfazione per un quarto posto in campionato che significò l’immediato ritorno nella massima serie.