Carlo Ancelotti da Reggiolo sarà il prossimo CT del Brasile? Si, No, Nì.
Da diversi giorni dal Sud America rimbalzano notizie sulla possibile nomina di Re Carlo come selezionatore dei verdeoro che a distanza di due mesi dalle dimissioni dell’ex allenatore Tite sono ancora senza un nuovo Commissario Tecnico.
Fantacalcio? Notizie senza fondamento? Oppure c’è qualcosa di vero in questa storia?
Qualcosa di possibile c’è, ma ci sono al tempo stesso degli ostacoli che potrebbero impedire allo stesso allenatore italiano di sposare la causa brasiliana.
Vediamo nel dettaglio.
Cosa cerca la federazione brasiliana: identikit del neo CT
Non è un caso che il Brasile sia al momento senza un commissario tecnico.
All’indomani della fragorosa eliminazione nei quarti di finale contro la Croazia in Qatar, la federazione verdeoro ha preso atto delle dimissioni di Tite e allo stesso tempo ha disegnato il profilo di quello che dovrebbe essere il neo allenatore.
Un profilo particolare e non comune che di conseguenza richiede la massima calma per selezionarlo. Voci vicine alle stanze dei bottoni parlano di giugno/luglio come dead-line per la scelta.
Dunque la federazione si è data tempo, per opzionare l’allenatore ideale e dare l’assalto alla Coppa del Mondo 2026, a distanza di 24 anni dall’ultimo titolo iridato.
Non è mistero che le amichevoli di marzo e forse anche giugno saranno in mano al selezionatore dell’Under 20 del Brasile, Ramon Menezes. Una sorta di traghettatore, come Di Biagio per gli azzurri tra le dimissioni di Ventura e la scelta di Mancini.
Quali devono essere le caratteristiche principali del nuovo CT? Straniero, vincente, in grado di tenere a bada prime donne e ovviamente al passo con i tempi, per quello che concerne il gioco.
E Carlo Ancelotti risponde totalmente a questa descrizione imposta dai vertici della Selecao. Joga Bonito e pratico.
Ancelotti Si o No? Gli indizi che avvicinano Carletto al Brasile…
Carlo Ancelotti ha sempre detto che una volta terminata l’avventura al Real smetterà di fare l’allenatore. Classe 1959, l’attuale tecnico delle Merengues spegnerà 64 candeline il prossimo 10 giugno.
Come sarebbe regalarsi la panchina verdeoro quel giorno? Il massimo.
Sì è vero che il tecnico di Reggiolo ha detto che chiuderà la carriera nel Real, ma è altrettanto vero che nel calcio le cose e i pensieri cambiano alla velocità della luce.
Lo sappiamo bene come la piazza madrilena possa trasformare in poco tempo il proprio umore. Le vittorie come ossessione e il bel gioco come punto fermo per accompagnare i trionfi.
Ad oggi il rapporto tra Ancelotti e la Casa Blanca è a dir poco idilliaco. A Maggio ha portato in dote Liga e la 14^ Champions League, mentre pochi giorni fa, Carletto ha guidato le Merengues al quinto titolo iridato nel Mondiale per Club.
Ma come detto, basta poco per cambiare il vento e l’umore in una tifoseria da sempre con il palato fine e molto critica. Dunque, lasciare all’apice del gradimento e dei trionfi sarebbe il massimo per il tecnico emiliano e per la società.
Tornando all’Identikit, il profilo di Carlo Ancelotti è perfetto. Fosse solo per aver vinto tre edizioni del Mondiale per Club: musica per le orecchie di una federazione, come quella brasiliana, che allo stesso modo del Real vive con l’ossessione dei trionfi.
Per l’allenatore italiano potrebbe essere la perfetta chiusura del cerchio, per una carriera impressionante e ricca di vittorie. Tre anni possono bastare per rimettere assieme i “cocci” dell’eliminazione e contando su una base di partenza (l’attuale rosa brasiliana) nettamente sopra la media.
Per giunta, in molti parlano di un duo di collaboratori di Ancelotti che lo stanno già aspettando al centro tecnico del Brasile. Due suoi ex giocatori e pronti ad aiutarlo nell’ambientamento: Kaka e Marcelo.
Due fedelissimi di Re Carlo nelle sue esperienze con Milan e Real Madrid. Tecnico navigato e da sempre capace di creare rapporti umani di grande solidità, con questa coppia di “aiutanti” Ancelotti potrebbe bruciare le tappe per ambientarsi nella nazionale verdeoro e sfruttando i consigli degli stessi due ex giocatori.
Infine, quanto valore avrebbe chiudere la carriera vincendo il Mondiale e riportando la Selecao sul tetto del Mondo, a distanza di 24 anni dall’ultima volta? Pensiamo inestimabile per Ancelotti che avrebbe dalla sua parte anche la cabala.
Il Brasile vinse il suo terzo mondiale nel 1970 ai danni dell’Italia in Messico: l’ultimo di Pelé e l’ultimo per almeno tre generazioni di giocatori. Fino al 1994, quando la nazionale verdeoro vinse il suo titolo iridato sempre contro l’Italia e mettendo fine ad un digiuno lungo 24 anni.
…E le motivazioni che lo potrebbero allontanare Ancelotti dal Brasile
Sulla carta potrebbe apparire come una passeggiata allenare il Brasile. Ma in realtà è una delle cose più complicate al mondo. Anche se ti chiami Carlo Ancelotti.
La pressione attorno alla Selecao è immensa, a maggior ragione con un digiuno così lungo e dopo un altro mondiale probabilmente gettato alle ortiche.
Non solo, ma ogni singola convocazione o mancata convocazione, a seconda dei casi, potrebbe aprire polemiche e con annesse discussioni tra la stampa e i tifosi da una parte, Ancelotti e i suoi ragazzi dall’altra.
Aggiungiamoci che allenare quotidianamente un Club ha un determinato significato e allenare una nazionale ha modi e tempistiche ben differenti. Potrà calarsi in questa parte Ancelotti, senza troppo “tempo” a disposizione?
Domanda più che lecita. La storia ci dice che alcuni allenatori ci sono riusciti, altri meno. In Italia abbiamo l’esempio di Marcello Lippi vincente con la Juventus e poi Campione del Mondo con gli azzurri. Capello invece con la nazionale inglese prima e quella russa poi (impresa quasi impossibile questa) non ha saputo lasciare la sua impronta vincente.
E infine, non per ultimo: ma quasi al termine di una carriera così vincente, vale la pena per Ancelotti lasciare come “ultimo” ricordo un possibile fallimento con il Brasile al prossimo Mondiale? Un rischio da mettere in conto.
Non offuscherebbe quanto di infinitamente buono ha saputo fare Re Carlo, ma sicuramente lascerebbe in bocca quella sorta di amaro che solo certe delusioni sportive sanno dare.
Chi vivrà vedrà.