In questo momento, parlare di Mourinho lontano dalla Roma provoca nei tifosi giallorossi lo stesso dolore – insieme fisico e psicologico – provato da Cesare nel preciso istante in cui Bruto e Cassio lo trafissero con una lama, alle Idi di marzo.
Di Mou lontano dalla Roma, a dire il vero, se ne parla almeno da gennaio, e non senza ragioni. L’allenatore portoghese non è solo uno dei tecnici più vincenti nella storia di questo sport, ma si avvicina lentamente a quella fase della carriera dove il divertimento prevale sui progetti a lungo termine.
Non che quello della Roma, necessariamente, lo sia, anzi. Se c’è una cosa che i Friedkin hanno dimostrato in questi due anni con Mourinho in panchina è di osare, dando al tecnico di Setubal un instant-team in grado di competere ad alti livelli – e in Europa così è effettivamente stato, con due finali in due stagioni.
Dare Mourinho lontano da Roma è per ora una voce, un brusio che non tiene conto di tante cose: su tutte dell’attaccamento viscerale e quasi filiale che la piazza prova nei confronti di Mourinho, e viceversa.
Dove andrebbe Mourinho?
Intanto lui ha risposto, qualche giorno fa a Sky Sport, che «se dal PSG – come si vociferava, ndr – mi cercano, non mi hanno trovato. Non hanno mai parlato con me».
Eppure Mou in questa stagione i suoi segnali alla società li ha dati, forti e chiari. Dopo Monza-Roma (1-1) ha attaccato l’arbitro Chiffi, certo, ma anche i Friedkin, colpevoli di non dargli quella forza – di blasone e spinta mediatica – necessaria al sostentamento di certe battaglie e al rispetto della classe arbitrale nei confronti della Roma. Idem nel suo intervento post Roma-Sampdoria.
I discorsi parigini saranno rinviati a fine stagione, ma sul tavolo degli sceicchi al momento il candidato numero uno risponde al nome di Zinedine Zidane, profeta in patria. Per Mourinho sarebbe invece da riconsiderare l’ipotesi nazionale – Brasile, su tutte con la concorrenza di Ancelotti – e nostalgia, con il Real Madrid che potrebbe bussare alla porta del tecnico di Setubal dopo tanti anni.
De Zerbi, Motta e Amorim: le soluzioni della Roma post-Mou
Ma la vera domanda che i tifosi della Roma si fanno è chi e come potrebbe sostituire Re José.
Risposta immediata: nessuno, ad essere schietti. C’è sempre un prima Mou e un post Mou, in tutti i club allenati dal portoghese – i tifosi dell’Inter, per rimanere ad un esempio vicino a noi, lo sanno bene. L’idea che più si avvicina al blasone dell’allenatore di Setubal è quella di Antonio Conte, ma l’ingaggio monstre del tecnico italiano ci costringe a sospendere l’ipotesi, pur affascinante.
Più fattibili, giovani e in rampa di lancio, sono invece Thiago Motta, Roberto De Zerbi e Ruben Amorim.
Tutti e tre hanno un contratto in atto coi rispettivi club, ma tutti e tre sono accomunati da una proposta di gioco brillante e originale, nonché da un curriculum tale da non risultare un problema per un’eventuale chiamata dei Friedkin, sia a livello di ingaggio che di progetto. Thiago Motta, una delle migliori scoperte di quest’anno in Serie A, ha parecchi estimatori, anche in Italia – Inter e Napoli su tutti, ma anche Juventus –, e potrebbe liberarsi del Bologna a fine anno.
Più complicato il discorso su De Zerbi, che al Brighton si trova benissimo e che con i Seagulls ha conquistato un posto nella prossima Europa League.
Ruben Amorim è quindi il nome più probabile: portoghese come Mou, studia alla scuola di Antonio Conte ma predilige l’approccio spettacolare dei De Zerbi e Thiago Motta. Il suo ingaggio non è un problema, e il suo nome affascina i Friedkin.
Certo, Mourinho non è sostituibile. Ma forse è proprio per questo che il prossimo allenatore della Roma dovrà avere caratteristiche diversissime, o comunque non similari, dal tecnico di Setubal.